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impresa, quale fa la guerra di Troia. Correva poi una importante leggenda in Roma, tramandataci da
impresa, quale fa la guerra di Troia. Correva poi una importante leggenda in Roma, tramandataci da
{{AutoreCitato|Sesto Aurelio Vittore|Aurelio Vittore}}<sup>nota</sup>, la quale dovette favorire tale identificazione. Eccone il testo: “....ferunt Creusam Erachei regis Atheniensium filiam speciosissimam, stupratam ab Apolline enixam puerum, eumque Delphos olim educandum esse missum, ipsam vero a patre, istarum rerum nescio, Xipeho cuidam comiti collocatam. Ex qua cum ille pater non posset exsistere, Delphos eum petiisse ad consulendum oraculum, quomodo pater fieri posset. Tum illi deum respondisse ut quem postero dio obviam habuisset, eum sibi adoptaret. Itaque supra dictum puerum, qui ex Apolline genitus erat, obviam illi fuisse, eumque adoptatum. Cum adolevisset non contentum patrio regno, eum magna classe in Italiam devenisse: occupato monte, urbem ibidem instituisse, eamque ex suo nomine Ianiculum cognominasse.” Da quali fonti Aurelio Vittore abbia tratto questa favola, non si sa, ma qualunque sia la sua origino, doveva, essere divulgata in Roma, perchè egli al principio usa il verbo ''ferunt''; e l’esser venuto in Italia un discendente di Eretteo e progenitore di Menesteo ateniese, proprio sul Gianicolo ad abitare, era questo un motivo che dava appiglio ai Memmii. Un’analoga identificazione di due eroi, ben più arbitraria, avvenne nella leggenda della fondazione di Taranto. Questa città ebbe nome dall’eroe Taras, uno dei coloni cretesi che la fondarono, e più tardi vi giunse una colonia di Spartani, dalla piccola città di Amicle, condotta da Falanto Amicleo. Narrasi che nel recarsi a Taranto, per ordine dell’oracolo di Delfo, Falanto coi suoi sia naufragato e che un delfino l’abbia deposto sulla spiaggia di Taranto.
{{AutoreCitato|Sesto Aurelio Vittore|Aurelio Vittore}}<ref>{{Sc|Orig.}} G. R. 2. </ref>, la quale dovette favorire tale identificazione. Eccone il testo: “....ferunt Creusam Erachei regis Atheniensium filiam speciosissimam, stupratam ab Apolline enixam puerum, eumque Delphos olim educandum esse missum, ipsam vero a patre, istarum rerum nescio, Xipeho cuidam comiti collocatam. Ex qua cum ille pater non posset exsistere, Delphos eum petiisse ad consulendum oraculum, quomodo pater fieri posset. Tum illi deum respondisse ut quem postero dio obviam habuisset, eum sibi adoptaret. Itaque supra dictum puerum, qui ex Apolline genitus erat, obviam illi fuisse, eumque adoptatum. Cum adolevisset non contentum patrio regno, eum magna classe in Italiam devenisse: occupato monte, urbem ibidem instituisse, eamque ex suo nomine Ianiculum cognominasse.” Da quali fonti Aurelio Vittore abbia tratto questa favola, non si sa, ma qualunque sia la sua origino, doveva, essere divulgata in Roma, perchè egli al principio usa il verbo ''ferunt''; e l’esser venuto in Italia un discendente di Eretteo e progenitore di Menesteo ateniese, proprio sul Gianicolo ad abitare, era questo un motivo che dava appiglio ai Memmii. Un’analoga identificazione di due eroi, ben più arbitraria, avvenne nella leggenda della fondazione di Taranto. Questa città ebbe nome dall’eroe Taras, uno dei coloni cretesi che la fondarono, e più tardi vi giunse una colonia di Spartani, dalla piccola città di Amicle, condotta da Falanto Amicleo. Narrasi che nel recarsi a Taranto, per ordine dell’oracolo di Delfo, Falanto coi suoi sia naufragato e che un delfino l’abbia deposto sulla spiaggia di Taranto.
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