Pagina:Rivista italiana di numismatica 1892.djvu/194: differenze tra le versioni

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{{Pt|rone|{{AutoreCitato|Marco Tullio Cicerone|Cicerone}}}} "C. Memmius Gemellus" dove tutt'i codici hanno "C. Maenius Gemellus " si spiega agevolmente
{{Pt|rone|{{AutoreCitato|Marco Tullio Cicerone|Cicerone}}}}<ref>{{Sc|{{AutoreCitato|Marco Tullio Cicerone|Cic.}}}} Fam. XIII, 19.</ref> "C. Memmius Gemellus" dove tutt’i codici hanno "C. Maenius Gemellus " si spiega agevolmente il rovescio di questo denaro, col supporre che il monetiere avesse il cognome Gemellus<ref>{{Sc|{{AutoreCitato|Gennaro Riccio|Riccio}}}}, Memmia, n. 8; ma il {{Sc|{{AutoreCitato|Theodor Mommsen|Mommsen}}}} (a Borgh. ''Oeuvr'': T. I, p. 152) osserva: "Les manuscrits de Ciceron portent C. Maenius Gemellus, ce qui a toute l’apparence d’être la bonne leçon; C. Memmius n’est autre chose qu’une conjecture assez mal avisée".</ref>.
il rovescio di questo denaro, col supporre che il monetiere avesse il cognome Gemellus<sup>nota</sup>.


Il voler trovare in Troia tracce del culto dei Dioscuri per ispiegare il rovescio della nostra moneta, è opera vana; in Isparta nacque la loro leggenda donde si dirama) per tutta la Grecia, nè sono mai associati ad eroi troiani nei monumenti, e resta perciò unica la notizia di {{AutoreCitato|Gaio Plinio Secondo|Plinio}}<ref>{{Sc|{{AutoreCitato|Gaio Plinio Secondo|Plin.}}}} XXXV, 3G, 10. “Parrhasius pinxit in eadem tabula Aeneam, Castorem, et Pollucem.”</ref> e di {{AutoreCitato|Claudio Claudiano|Claudiano}}<ref>{{Sc|{{AutoreCitato|Claudio Claudiano|Claud.}}}} ''Eidyl.'' VII, 38.</ref> riguardante un dipinto di Parrasio con Enea, Castore e Polluce. Per tali ragioni converrà rinunziare ad una spiegazione plausibile, ovvero ricorrere ad altre congetture. E qui osservo che la spiegazione si presenta facile e spontanea a chi legga la storia di Menesteo ateniese, che è intrecciata con quella dei Dioscuri.
Il voler trovare in Troia tracce del culto dei
Dioscuri per ispiegare il rovescio della nostra mo-
neta, è opera vana; in Isparta nacque la loro leggenda
donde si dirama) per tutta la Grecia, nè sono mai
associati ad eroi troiani nei monumenti, e resta
perciò unica la notizia di {{AutoreCitato|Gaio Plinio Secondo|Plinio}}<sup>nota</sup> e di {{AutoreCitato|Claudiano}}<sup>nota</sup> riguardante un dipinto di Parrasio con Enea, Castore e Polluce. Per tali ragioni converrà rinunziare ad una spiegazione plausibile, ovvero ricorrere ad altre congetture. E qui osservo che la spiegazione si pre-
senta facile e spontanea a chi legga la storia di
Menesteo ateniese, che è intrecciata con quella dei
Dioscuri.


Narra {{AutoreCitato|Plutarco|Plutarco}} che, essendo Teseo re di Atene, Menesteo, il quale si studiava di guadagnarsi il favor della plebe, incitava i più potenti, che già da gran tempo mal comportavano Teseo. Mentr’egli faceva questi maneggi, aggiunse grande impulso alla sedizione la guerra mossa dai Tindaridi, che sopravvennero, e ''alcuni dicono, senza esitazione, che sopravvennero persuasi da lui''. Da principio non facevano ingiuria veruna, ma richiedevan solamente la sorella rapita da Teseo, e rispondendo loro quei ch’erano nella città, di non saper neppure dov’ella fosse, si
Narra {{AutoreCitato|Plutarco}} che, essendo Teseo re di Atene,
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Menesteo, il quale si studiava di guadagnarsi il favor
della plebe, incitava i più potenti, che già da gran
tempo mal comportavano Teseo. Mentr' egli faceva
questi maneggi, aggiunse grande impulso alla se-
dizione la guerra mossa dai Tindaridi, che soprav-
vennero, e ''alcuni dicono, senza esitazione, che sopravvennero persuasi da lui''. Da principio non facevano
ingiuria veruna, ma richiedevan solamente la sorella
rapita da Teseo, e rispondendo loro quei ch'erano
nella città, di non saper neppure dov' ella fosse, si

<ref>{{Sc|{{AutoreCitato|Marco Tullio Cicerone|Cic.}}}} Fam. XIII, 19.</ref>
<ref>{{Sc|{{AutoreCitato|Gennaro Riccio|Riccio}}}}, Memmia, n. 8; ma il {{Sc|{{AutoreCitato|Theodor Mommsen|Mommsen}}}} (a Borgh. ''Oeuvr'': T. I, p. 152) osserva: "Les manuscrits de Ciceron portent C. Maenius Gemellus, ce qui a toute l'apparence d’être la bonne leçon; C. Memmius n'est autre chose qu'une conjecture assez mal avisée".</ref>
<ref>{{Sc|{{AutoreCitato|Gaio Plinio Secondo|Plin.}}}} XXXV, 3G, 10. “Parrhasius pinxit in eadem tabula Aeneam, Castorem, et Pollucem.”</ref>
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