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Di queste torri alcune sono isolate, altre servono come centro a tre o quattro torri minori disposte all’intorno, e infine parecchi nuraghi si aggruppano insieme a poca distanza fra loro. In Sardegna se ne contano ben tremila.
Di queste torri alcune sono isolate, altre servono come centro a tre o quattro torri minori disposte all’intorno, e infine parecchi nuraghi si aggruppano insieme a poca distanza fra loro. In Sardegna se ne contano ben tremila.


Quanto alla loro destinazione, s’è disputato assai. Probabilmente furono tombe di capi tribù, le quali servirono poi ad uso sacro, come centro religioso della tribù che s’adunava a compiere i riti intorno alla tomba del suo eroe; e infine poi il centro religioso divenne anche centro di difesa e fortezza, con uno svolgimento di pensiero e di usi non diverso da quello delle acropoli greche. Non si deve dunque assegnare ai nuraghi una sola ed esclusiva destinazione, nè una sola età, ma bensì vedervi una successione di usi in un lunghissimo corso di tempo. A qual popolo spettano essi? Le affinità con le costruzioni etrusche non sono decisive: i caratteri di questi monumenti sono piuttosto pelasgici, quali si vedono nei θόλοι e nei θησαυροί; nemmeno la loro giacitura è favorevole a crederli opera di Etruschi stanziati nella Sardegna, poiché, scarseggiando dal lato che guarda l’Italia, abbondano sui lati opposti prospicienti l’Africa e la Spagna. Non potendo quindi determinare queste opere come certamente etrusche, si suppone siano eseguite da popolazioni libiche<ref>Sui ''Nuraghi'' ved. {{Sc|{{AutoreCitato|E. Pais}}}}, ''La Sardegna prima del dominio romano'' in ''Atti Accadem. dei Lincei''. VII. 1880-81. pag. 277. Cfr. {{Sc|{{AutoreCitato|Regazzoni}}}}, ''Manuale di Paletnologia'', Milano, Hoepli, 1885, pag. 159-165. — Ne parlano anche {{Sc|{{AutoreCitato|Sfano}}}}, ''Paleoetnologia sarda'', Cagliari, 1871; {{Sc|{{AutoreCitato|Alb. Lamarmora}}}}, ''Itineraire de l’Ile de Sardaigne'', tom. II; {{Sc|{{AutoreCitato|Guido dalla Rosa}}}}, ''Abitazioni dell’epoca della pietra nell’Isola Pantellaria''. Parma, 1871; {{Sc|{{AutoreCitato|Burton}}}}, ''Note sopra i Castellieri e rovine preistoriche nella penisola istriana'', Capo d’Istria. 1877. Cfr. ''Bull. di Paletnol. ital'', IX (1883), pag. 74,77, ove sono citati altri lavori speciali sull’argomento.</ref>.
Quanto alla loro destinazione, s’è disputato assai. Probabilmente furono tombe di capi tribù, le quali servirono poi ad uso sacro, come centro religioso della tribù che s’adunava a compiere i riti intorno alla tomba del suo eroe; e infine poi il centro religioso divenne anche centro di difesa e fortezza, con uno svolgimento di pensiero e di usi non diverso da quello delle acropoli greche. Non si deve dunque assegnare ai nuraghi una sola ed esclusiva destinazione, nè una sola età, ma bensì vedervi una successione di usi in un lunghissimo corso di tempo. A qual popolo spettano essi? Le affinità con le costruzioni etrusche non sono decisive: i caratteri di questi monumenti sono piuttosto pelasgici, quali si vedono nei θόλοι e nei θησαυροί; nemmeno la loro giacitura è favorevole a crederli opera di Etruschi stanziati nella Sardegna, poiché, scarseggiando dal lato che guarda l’Italia, abbondano sui lati opposti prospicienti l’Africa e la Spagna. Non potendo quindi determinare queste opere come certamente etrusche, si suppone siano eseguite da popolazioni libiche<ref>Sui ''Nuraghi'' ved. {{Sc|{{AutoreCitato|Ettore Pais|E. Pais}}}}, ''La Sardegna prima del dominio romano'' in ''Atti Accadem. dei Lincei''. VII. 1880-81. pag. 277. Cfr. {{Sc|{{AutoreCitato|Innocenzo Regazzoni|Regazzoni}}}}, ''Manuale di Paletnologia'', Milano, Hoepli, 1885, pag. 159-165. — Ne parlano anche {{Sc|{{AutoreCitato|Giovanni Sfano|Sfano}}}}, ''Paleoetnologia sarda'', Cagliari, 1871; {{Sc|{{AutoreCitato|Alb. Lamarmora}}}}, ''Itineraire de l’Ile de Sardaigne'', tom. II; {{Sc|{{AutoreCitato|Guido dalla Rosa}}}}, ''Abitazioni dell’epoca della pietra nell’Isola Pantellaria''. Parma, 1871; {{Sc|{{AutoreCitato|Burton}}}}, ''Note sopra i Castellieri e rovine preistoriche nella penisola istriana'', Capo d’Istria. 1877. Cfr. ''Bull. di Paletnol. ital'', IX (1883), pag. 74,77, ove sono citati altri lavori speciali sull’argomento.</ref>.