Del Vaglio di Eratostene e della illustrazione fattane da Samuele Horsley negli atti della R. Società di Londra: differenze tra le versioni

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Egli escogitò un metodo per rinvenire i numeri primi sceverandogli da' composti, che egli medesimo, o i posteri, appellarono ''Vaglio'' o ''Crivello'' (<GRECO>Koskinon</GRECO>); ed è tuttavia conosciuto sotto il nome di ''Vaglio di Eratostene''.
 
Il Montucla per darne conto si prevalse di un'apposita dissertazione dell'inglese Samuele ''[[Autore:Samuel Horsley|Samuele Horsley]]'', come dell'unico fra i moderni che avesse posto in chiara luce il metodo del matematico greco.
Ed all'Horsley parimente rimandano i moderni francesi compilatori del Dizionario delle Matematiche.
 
Ma questo metodo di Eratostene non ci è pervenuto descritto da lui medesimo; e solo ce lo hanno tramandato Nicomaco e [[Autore:Anicio Manlio Torquato Severino Boezio|Boezio]] nelle opere loro aritmetiche.
Il dotto inglese, che assai poco conto faceva di questi antichi scrittori, li accusò di avere svisato il vero metodo di Eratostene; e si accinse a ricomporlo nella sua primitiva purezza.
 
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Questo solo problema, come difficile, meritava dunque, secondo il Signor Horsley, che la gran mente di Eratostene se ne occupasse.
 
Inoltre.... ma invece di accennare abbreviando, sarà meglio riferire per intero le parole dell'Horsley <ref>La sua dissertazione trovasi nelle ''Philosophical Transactions'', Vol. LXII, pag. 327 e seg. ed è intitolata, <GRECO>KOSKINON ERATOSTHENOUS</GRECO>,Κόσκινον or The Sieve of Eratosthenes. Being an account of his method of finding all the Prime Numbers, by the Rev. ''Samuel Horsley'', F. R. S.</ref>.
« Nicomaso propone di fare tali segni sopra i numeri composti, a che mostrino tutti i divisori di ciascuno.
Per questa circostanza, e per le ripetute indicazioni di Nicomaco e del suo commentatore [[Autore:Giovanni Grammatico|Giovanni Grammatico]] (che trovasi manoscritto nella biblioteca ''Saviliana'' ad Oxford ), si sarebbe condotto ad immaginare che il Vaglio di Eratostene fosse qualche cosa di più di quello che il nome suo importa, vale a dire un metodo di stacciare i numeri primi dalla massa indistinta di tutti i numeri sì primi, come camposti; e che, in un modo o in un altro, esibisse, tutti i divisori d'ogni numero composto, e similmente mostrasse se due o più numeri composti fossero o no primi fra di loro. Io ho parecchie ragioni di credere che di ciò non si trattasse. Ne indicherò le principali il più brevemente possibile; perchè la materia non è sì importante da giustificarmi se trattengo minutamente intorno ad essa la Reale Società.
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Egli si libera del peso della loro autorità, come narratori, ed insieme da quello della riconoscenza, parlandone così:
« Eratostene, la cui maestria in ogni ramo di filosofia e di letteratura de' suoi tempi rese tanto famoso il suo nome fra i Saggi della scuola Alessandrina, fu inventore di un metodo indiretto, col quale si può costruire una adatta Tavola, e condurla ad una grande lunghezza ''in breve tempo, e con poca fatica''.
Questa straordinaria ed utile invenzione è al presente, io credo, poco o nulla conosciuta essendo descritta soltanto da due scrittori, letti di rado, e da essi poi anche oscuramente; da Nicomaco Gerasino, superficiale scrittore (''shallow writer'') del 3<sup>o</sup> o del 4<sup>o</sup> secolo, che sembra essere stato condotto alle speculazioni matematiche, non tanto da qualche genio per esse, quanto dalla tenerezza pei misteri della filosofia pitagorica e platonica; e da [[Autore:Anicio Manlio Torquato Severino Boezio|Boezio]], il cui trattato sopra i numeri non è altro che un compendio del miserabile lavoro di Nicomaco (''of the wretched performance of Nicomachus''). »
 
La sola delle ragioni dell'Horsley che potesse essere presa a calcolo nella presente quistione storica, sarebbe quella della impossibilità pratica di costruire una tavola di numeri quale è descritta da questi autori.
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Ma a lui pare stasse troppo a cuore di regalare ad Eratostene un proprio metodo, ovvero di nobilitare la propria invenzione col bel nome di Eratostene, per darsi fastidio della obbiezione: non essere impossibile ciò che pure è fatto ed esiste. — E degna d'essere veduta la maniera colla quale egli si toglie d'imbarazzo.
 
« Prima che io entri nel mio soggetto (così egli) debbo prendermi la libertà di fare qualche osservazione sopra una certa Tavola , che in mezzo ad altre cose attribuite ad Eratostene, è stampata alla fine della bella edizione di Arato pubblicata ad Oxford nel 1672, ed è ornata del a titolo di <GRECO>Koskinonκόσκινον Eratosthenous</GRECO>Ἐρατοσθένους.
Essa contiene tutti i. a numeri dispari dal 3 fino al 113 inclusivamente, distribuiti in piccole cellette, con sopra in ogni celletta ''tutti'' i divisori d'ogni numero composto; ed i numeri primi sono distinti, per quanto dura la tavola, per non avere sopra di se nessun divisore.
Questa Tavola è stata copiata probabilmente o da un Commento greco dell'Aritmetica di Nicomaco, che si conserva fra i manoscritti di Mr. Selden nella Libreria Bodleiana, nel quale, sebbene il manoscritto sia ora tanto deperito da essere in molti luoghi illeggibile, io trovo chiari vestigi di una tal tavola , che poteva essere più perfetta 100 anni addietro quando fu pubblicato l'Arato d'Oxford; ovvero da un altro Commento tradotto da un manoscritto greco in latino, ed in questa lingua pubblicato dal Camerario, nel quale s'incontra una Tavola della identica forma, che si estende dal numero 3 al 109 inclusivamente.
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Così l'Horsley; al quale non può negarsi essere facile e semplice assai l'espediente di cancellare i numeri composti; cancellati che siano una volta, non darsene più pensiero nelle successive cancellazioni.
Ma sarà permesso osservare che nè Nicomaco nè [[Autore:Anicio Manlio Torquato Severino Boezio|Boezio]] lasciarono scritto che l'operazione di Eratostene fosse di una ''meravigliosa agevolezza''; e richiedesse ''poco tempo'' e ''poca fatica''.
E poi ancora, che la meravigliosa facilità di questa operazione è per altro alligata alla condizione che si prenda per limite alla serie un numero non troppo alto.
Chi fosse sì indiscreto o curioso da volere i numeri primi che si trovano fra l'uno e il milione; o anche solo quelli che passino le tre o quattro cifre, potrebbe trovare che non è poi sì lieve la fatica, nè si corto il tempo che vi debba impiegare.
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E la lode che perciò egli merita sarebbe più pura, se meno arrogante e presuntoso si fosse mostrato nella Memoria che ho abbreviata e disaminata ìn questo mio scritto.
 
In una dello suo note a [[Autore:Anicio Manlio Torquato Severino Boezio|Boezio]], parmi essere alquanto corriva e intemperante la sua critica.
Boezio scrive: « .... Modum autem ''mensionis'', secundum ordinem collocatorum, ipsa series dabit. Nam primus quem numerat, secundum primum ''numerat'', idest secundum se; et secundum primus quem numerat, per secundum ''numerat'', et tertium per tertium, et quartum item per quartum.... »
 
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« Idem autem dico ''numerat'' quod ''metitur'' » (Lib. I, cap. 19).</ref>.
 
Porrò fine a questa disamina cercando la ragione filologica per la quale fu dato a que' numeri, che non sono multipli di nessun altro numero, il nome di ''primi'' (<GRECO>PROTOI</GRECO>πρῶτοι), che non è stato cangiato mai.
E sebbene un tratto di Boezio potesse far sospettare che fossero appellati così, perché essi non hanno altre parti aliquote fuor di quella che prende nome da essi: come il 3 nel quale si ha dei ''terzi'', il 5 dove si ha dei ''quinti'', il 7 nel quale non sono che ''settimi'', e così via discorrendo; ma sono poi commensurati dalla sola unità <ref>« ''Primus'' quidem et ''incompusitus'' est qui nullam partem habet, nisi eam quae a tota numeri quantitate denominata sit, ut ipsa pars non sit nisi unitas, ut sunt 3, 5, 7.... In ''tribus'' scilicet denominata est; et ipsa tertia pars unitas.... Dicitur autem ''primus et incompositus'' quod nullus eum alter numerus metietur,praeter unitatem solam quoniam ex nullis aliis numeris compositi sunt, sed tantum ex unitatibus in semetipsis auctis multiplicatisque procreantur. Ter enim unus, 3; et quinquies unus, quinque: et septies unus, 7 fecerunt. Et alli quidem, quos supra descripsimus, eodern modo nascuntur. »