Del Vaglio di Eratostene e della illustrazione fattane da Samuele Horsley negli atti della R. Società di Londra: differenze tra le versioni

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Queste osservazioni, o piuttosto questa osservazione, dacchè si riducono ad una sola, consiste nel por mente che non solo ogni numero primo ''n'' è summultiplo di tutti que' successivi che da lui distano ''n''—1 termini; ma che gli altri fattori che con lui moltiplicati formano ogni suo multiplo, sono costantemente, ed in ordine, ciascuno dei termini della serie dei dispari, cominciando dal primo.
Perciò, trovato un numero ''primo'' p. es. 3413 senza contare materialmente tanti termini successivi, vedremo col mezzo dì facili moltiplicazioni che i multipli di lui sono 3 x 3413, 5 x 3413, 7 x 3413 e così via discorrendo.
Il dotto inglese che in una annotazione latina al testo di Nicomaco ha pure tradotta l'osservazione di lui in forma algebrica, avrebbe meglio provveduto al rpoprio decoro, se invece di vilipednderla nella sua Memoria, se ne fosso giovato per condurre a maggior perfezione il metodo da lui semplificato <ref>Ecco la nota sua a Nicomaco segnata ''(p)'' = Nempe series numerorum imparium 3, 5, 7, 9, etc infinite protensa cum numeros impares universos contineat, impars cujusvis multiplices omnes impares necessario complectitur. Esto igitur ''n'' mumerus quilibet impar. In serie 3, 5, 7, etc. infinite protensa habet numeros omnes ''n'' x 3, ''n'' x 5, ''n'' x 7, etc. Et cum seriei ea Lex sit et Conditio, ut naturali ordine impares sequantur et minor omnis numeros majorem praecedat, fieri nequit, quin multiplices numeri ''n'' eum inter se ordinem servent, ut minor quisque majorem praecedat. <primusPrimus igitur erit ''n'' x 3, secundus ''n'' x 5, tertius ''n'' x 7, et universim ''n'' x ''m'' eum habituru est, inter multiplices, locum, quem numerus ''m'' in serie. =
 
Assai belle ed opportene sono in generale le note dell'Horsley per ridurre a buona lezione, ora coll'ajuto de' Mss. ed ora col mezzo di critiche congetture, i testi di Nicomaco e di Boezio.
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Porrò fine a questa disamina cercando la ragione filologica per la quale fu dato a que' numeri, che non sono multipli di nessun altro numero, il nome di ''primi'' (<GRECO>PROTOI</GRECO>), che non è stato cangiato mai.
E sebbene un tratto di Boezio potesse far sospettare che fossero appellati così, perché essi non hanno altre parti aliquote fuor di quella che prende nome da essi: come il 3 nel quale si ha dei ''terzi'', il 5 dove si ha dei ''quinti'', il 7 nel quale non sono che ''settimi'', e così via discorrendo; ma sono poi commensurati dalla sola unità </ref>« ''Primus'' quidem et ''incompusitus'' est qui nullam partem habet, nisi eam quae a tota numeri quantitate denominata sit, ut ipsa pars non sit nisi unitas, ut sunt 3, 5, 7.... In ''tribus'' scilicet denominata est; et ipsa tertia pars unitas.... Dicitur autem ''primus et incompositus'' quod nullus eum alter numerus metietur,praeter unitatem solam quoniam ex nullis aliis numeris compositi sunt, sed tantum ex unitatibus in semetipsis auctis multiplicatisque procreantur. Ter enim unus, 3; et quinquies unus, quinque: et septies unus, 7 fecerunt. Et alli quidem, quos supra descripsimus, eodern modo nascuntur. »
 
Boeth. Arithm. Lib. I, cap. 10 (e in altre edizioni cap. 14).</ref>; ciò non di meno mi sembra più probabile che fossero detti ''primi'', perché ciascuno di essi nella infinita serie dei numeri o naturali o dispari, si trova essere il primo delle serie dei molteplici, che si cancellano o altrimenti sono segnati nella operazione del Vaglio di Eratostene.
<poem>
Così nelle serie 3, 6, 9, 12, 15 ....
<poem> 5, 10, 15, 20, 25 ....
7, 14, 21, 28, 35 ....
11, 22, 33, 44, 55 ....</poem>
</poem>
i numeri ''incomposti'' si trovano sempre e soli essere i ''primi''.