Pagina:Delle cinque piaghe della Santa Chiesa (Rosmini).djvu/58: differenze tra le versioni

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Il concilio di Clermont dell'anno 535 ( Can.2 ) ingiunge che il Vescovo sia ordinato per l'elezione de'cherici e de'cittadini, e col consenso del Metropolitano, senza che ci abbia luogo la protezione de'grandi, senza uso' d'artificio, e senza costringere veruno per timori o per doni a scrivere un decreto di elezione: altrimenti sia il concorrente privato della coniuiuon della chiesa che vuoi governare (Can.4).
<p>Il concilio di Clermont dell’anno 535 (Can. 2) ingiunge che il Vescovo sia ordinato per l’elezione de’ cherici e de’ cittadini, e col consenso del Metropolitano, senza che ci abbia luogo la protezione de’ grandi, senza uso d’artificio, e senza costringere veruno per timori o per doni a scrivere un decreto di elezione: altrimenti sia il concorrente privato della comunion della chiesa che vuol governare (Can. 4).</p>


Questa stessa premura di tener libere le elezioni dall'influenza della potenza temporale, si vede nel n concilio d'Orleans dell'anno 533 (Can.7.), e nel ni dell'anno 53;S (11 come pure nell' Avemese dell'anno 533, e in altri: il che mostra il bisogno che avea la Chiesa in questi tempi di difendersi in qualche modo dalla potenza temporale, che pur troppo sdrusciva continuamente in essa, e si faceva signora de'suoi diritti.
Questa stessa premura di tener libere le elezioni dall’influenza della potenza temporale, si vede nel {{Sc|ii}} concilio d’Orleans dell’anno 533 (Can. 7{{Pt|.|}}), e nel {{Sc|iii}} dell’anno 538<ref>Can. 3. Il [[:w:Claude Fleury|Fleury]] esponendo il contenuto di questo Concilio dice che «vi si raccomanda l’antica formalità nell’elezione de’ Vescovi della provincia col consenso del Clero e de’ cittadini; probabilmente per gli torbidi che la possanza temporale incominciava ad introdurvi.» Lib. {{Sc|xxxii}}, § {{Sc|lix}}.</ref> come pure nell’Avernese dell’anno 535, e in altri: il che mostra il bisogno che avea la Chiesa in questi tempi di difendersi in qualche modo dalla potenza temporale, che pur troppo sdrusciva continuamente in essa, e si faceva signora de’ suoi diritti.


A questa poco dopo o riuscito in F rancia di far sancire per legge ecclesiastica la necessità dell' assenso regio, che già di fatto s'era reso necessario nelle elezioni de'Vescovi: ciò che si fece col celebre canone del conciliò v d'Orleans (549), nel quale però sono salvi i diritti del popolo e del Clero (2). l'assenso regio è punto irragionevole il chiedersi, anzi egli è certamente conforme allo spirito della Chiesa , spirito di unione e di pace, che vuole i ministri del Santuario a tutti accetti, e quindi molto più a'capi de'popoli ; ma egli involge pur quell' assenso un sommo pencolo, cioè non forse si tramuti in comando (3), non diventi grazia so
A questa poco dopo è riuscito in Francia di far sancire per legge ecclesiastica la necessità dell’assenso regio, che già di fatto s’era reso necessario nelle elezioni de’ Vescovi: ciò che si fece col celebre canone del concilio {{Sc|v}} d’Orleans (549), nel quale però sono salvi i diritti del popolo e del Clero<ref>Can. 10. ''Nulli episcopatum praemiis aut comparatione liceat adipisci, sed cum voluntate regis'' {{Sc|iuxta electionem cleri ac plebis}}.</ref>. Nè l’assenso regio è punto irragionevole il chiedersi, anzi egli è certamente conforme allo spirito della Chiesa, spirito di unione e di pace, che vuole i ministri del Santuario a tutti accetti, e quindi molto più a’ capi de’ popoli; ma egli involge pur quell’''assenso'' un sommo pericolo, cioè non forse si tramuti in comando<ref>{{Pt|Cosi|Così}} pur troppo è avvenuto. Fra le forme conservateci da Marcolfo (L. {{Sc|i}}. Ved. anche l’Appendice ad T. {{Sc|ii}}. de’ Consigli della Francia del P. Sirmondo), le quali erano in uso in Francia sotto i Re della famiglia Merovingia, v’è appunto non quella del ''consenso'' che il re desse alle elezioni de’ Vescovi, ma sì del ''precetto''. Ella è espressa così; «Con consiglio e volontà de’ Vescovi, e de’ nostri grandi, secondo la volontà e il consenso del Clero e delle plebi della stessa città, nella sopra detta città N. noi vi commettiamo in nome di Dio la Pontificale dignità. Per il che col presente {{Sc|precetto}} decidiamo e comandiamo che la sopraddetta città, o i beni di essa Chiesa, e il Clero rimangano sotto il vostro arbitrio o governo.» Nulla di più frequente negli scrittori di questo tempo che il trovare la frase che «{{Sc|per comando del re}}» questi o quegli fosse fatto Vescovo. Vi hanno ancora le formole di suppliche che presentava il popolo al re perchè uscisse fuori questo precetto: facevano bisogno delle suppliche per ottenere de’ comandi! tali comandi!</ref>, non diventi ''grazia {{Pt|{{Alt|so-|sovrana}}|}}''<noinclude>


t«ci tissima cura della Chiesa a mantenere le elezioni immuni dalt' iuflueimi di ogni potere laicale.


</noinclude><ref follow="page57">{{Pt|lecitissima|sollecitissima}} cura della Chiesa a mantenere le elezioni immuni dall’influenza di ogni potere laicale.
Già fino nel gran Concilio Niceno si senti il bisogno di fermare con un canone (can.6.) )' apostotica e divina consuetudine dette elezioni ; it che prova che appena gì' imperatori furono cristiani , la tibertà detla Chiesa s' accorse d' essere minacciata. Per ta stessa cagione i Concili susseguenti imo mancarono di pubbticar decreti perché restasse fermo l' antico e legittimo modo di eteggere i Vescovi per via di Clero e popoto; intra gli altri l'Antiocheno, can. 19 e 23.


<p>Già fino nel gran Concilio Niceno si sentì il bisogno di fermare con un canone (''can.'' 6{{Pt|.|}}) l’apostolica e divina consuetudine delle elezioni; il che prova che appena gl’imperatori furono cristiani, la libertà della Chiesa s’accorse d’essere minacciata. Per la stessa cagione i Concilî susseguenti non mancarono di pubblicar decreti perchè restasse fermo l’antico e legittimo modo di eleggere i Vescovi per via di Clero e popolo; intra gli altri l’Antiocheno, can. 19 e 23.</p>
Fra' canoni apostotici se ne trova uno , ed è il xxix, che dice cosi .. « Se un Vescovo, « facendo uso de' principi secolari , ha ottenuto la Chiesa p .l loro favore, sia deposto, « segregato , e simiyliantemcute sia fatto di tutti quelli che con tui comunicano. »


Fra’ canoni apostolici se ne trova uno, ed è il {{Sc|xxix}}, che dice così: «Se un Vescovo, facendo uso de’ principi secolari, ha ottenuto la Chiesa pel loro favore, sia deposto, segregato, e simigliantemente sia fatto di tutti quelli che con lui comunicano.»
ll papa Celestino I , sul principio del sècolo v , fece parimente un decreto, cot quale manteneva la -stessa tibertà; Nullus invitis, dice , deti»r Episcopui; Cteri, Ptebis et Oritinis consensus et desideriwm requiratilr.


Il papa [[:w:Papa Celestino I|Celestino I]], sul principio del secolo {{Sc|v}}, fece parimente un decreto, col quale manteneva la stessa libertà; ''Nullus invitis'', dice, ''detur Episcopus; Cleri, Plebis et Ordinis consensus et desiderium requiratur''.
Il grande S. Leone , che tenne la cattedra di S. Pietro nelto stesso secolo , cioè dat 440 tino at 461 , e che abbiamo citato più sopra, fu di continuo inteso a guarentire la forma tibera e canonica delle etezioni de' Vescovi: basti indicare il decreto ad Anastasio vescovo di Tessalonica , ove dice; Nutta ratio sinit , ut inter Episcopos liabeaiUur , qui nec a Clerici? sunt electi , nec a ptebe expetiti, nec a Pruvinciatilius cum Metropotitani judicio consecràti.


Il grande [[:w:Papa Leone I|S. Leone]], che tenne la cattedra di S. Pietro nello stesso secolo, cioè dal 440 fino al 461, e che abbiamo citato più sopra, fu di continuo inteso a guarentire la forma libera e canonica delle elezioni de’ Vescovi: basti indicare il decreto ad Anastasio vescovo di Tessalonica, ove dice; ''Nulla ratio sinit, ut inter Episcopos habeantur, qui nec a Clericis sunt electi, nec a plebe expetiti, nec a Provincialibus cum Metropolitani judicio consecrati''.</ref>
(1) Can. 3. Il Fleury esponendo il contenuto di questo Concilio dice che « vi si rac« comanda t'antica formatità nelt'elezione de'Vescovi detla provincia cot consenso det « Clero e de' cittadini; probabitmente per gli torbidi che ta possanza temporate iuco« ininciava ad introdurvi. » Lib. xxxn , § Lix.

(2) Can. 10. Nutli episcopatum proemii* aut comparatione ticeat adipisci , sed cum voluiltate regis Hjxt.i Eisctioneh Cleri Ac PlebÌs.

(3) Così pur troppo è avvenuto. Fra le forme conservateci da Marcolfo ( L. i- Vedanche t'Appendice ad T. n. de'Consigti detta Francia det P- Sirmondo ), te quali erano in uso in Francia sotto i Re delta famiglia Merovingia , v' è appunto non quetta del consenso che it re desse alte elezioni de' Vescovi, ma sì del precetto. Etla è espressa cosi; « Con consigtio e volontà de' Vescovi, e de' nostri grandi,, secondo ta volontà e it consenso « det Clero e delle ptebi detta stessa città, netta sopra d«Ua città N. noi vi commettiamo iu « nome di Dio la Pontificale dignità. Per it che cot presente Precetto decidiamo e co« mandiamo che ta sopraddetta citta, o i beni di essa Chiesa , e it Ctero rimangano « sotto il vostro arbitrio o governo. » Nutta di più frequente negli scrittori di questo ".tempo che it tro\are la frase che « Per Comando Del He » questi o quegli fosse fatto Vescovo. Vi hanno ancora le formole di suppliche che presentava it popoto al re perché uscisse fuori questo precetto : facevano bisogno delle supptiche per ottenere de' comandi! tali comandi!