Pagina:Le opere di Galileo Galilei II.djvu/16: differenze tra le versioni

 
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Venendo al secondo Trattato, dol quale adottammo il titolo ''Trattato di Fortificazione'' dato da alcuni codici, gli restituimmo i propri Preliminari geometrici, alquanto diversi da quelli del primo, e che i precedenti editori avevano soppresso<ref>Furono per la prima volta pubblicati negli ''Inedita Galileiana'', ecc., pubblicati od illustrati da
Venendo al secondo Trattato, dol quale adottammo il titolo ''Trattato di Fortificazione'' dato da alcuni codici, gli restituimmo i propri Preliminari geometrici, alquanto diversi da quelli del primo, e che i precedenti editori avevano soppresso<ref>Furono per la prima volta pubblicati negli ''Inedita Galileiana'', ecc., pubblicati od illustrati da
{{Sc|Antonio Favaro}}: nello ''Memorie del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti''; vol. XXI, pag. 448-450.</ref>, sebbene siano dati da quattro manoscritti, cioè da quelli che segnammo con ''b'', ''c'', ''r'', ''s''. Quanto al testo, tra gli otto codici che contengono il Trattato, ''s'' è copia quasi fedelissima di ''b''; e gli altri sette si vengono a raggruppare in tre classi o famiglie, delle quali una, che chiameremo ''A'', è rappresentata dai codici ''m'' ed ''n''; la seconda, ''B'', dai codici ''d'' ed ''a'', che hanno di comune anche l'esser mutili delle ultime pagine del Trattato (dalle parole «secondo che va il filo di fuori» della pag. 143, lin. 27, in giù)<ref>Nel cod. ''a'' questo tratto fu supplito di mano del {{Sc|Venturi}}, che lo trascrisse, ritoccandolo, da ''n''.</ref>; la terza, ''C'', comprende i codici ''b'', ''c'', ''r''. Di queste classi, la prima è la sola che offra un testo quasi sempre puro e corretto; e in essa è singolarmente apprezzabile ''m'', laddove ''n'' è macchiato di gravi e manifesti spropositi e di gran numero di forme dialettali venete, le quali tuttavia non sono rare neppure in ''m''; poichè l’uno e l’altro codice, anzi probabilmente anche tutti gli altri, da uno solo in fuori, sono dovuti a copisti veneti, come già si vide di quelli del primo Trattato. La lezione dell' una o dell’altra delle classi ''B'' e ''C'', offre spesso riscontro e conferma a quella di ''A'', alla quale più di tutti s’accosta il codice ''d'', sebbene appaia scritto da amanuense piuttosto rozzo; invece ''a'', come è più recente del fratello ''d'', così spesso ammoderna le forme della lingua, o in altre maniere altera il testo, con maggior licenza d’ogni altro codice. La classe ''C'' presenta pure, a confronto di ''A'', gran numero di mutazioni minute, talora con un certo carattere di saccenteria, quasi rappresentassero l’opera d' un revisore; alcune volte poi frantende il testo genuino: in essa tuttavia sono preferibili ''b'' ed ''r'', laddove ''c'', che è il solo codice scritto da mano toscana, corregge, ma ad arbitrio, gli errori, dov’è tuttavia sentore del buon testo, ne’ quali incorrono i suoi fratelli, e così presenta una lezione esteriormente molto pulita, ma che dal confronto con gli altri testi apparisce alterata. Tenuto conto di tutte queste circostanze, non esitammo a prendere per fondamento della nostra edizione il cod. ''m'', che fu da noi seguito, sia quanto alla lezione, sia quanto alla grafia, ben inteso con quelle stesse cautele e riserve con le quali adoperammo il cod. ''A'' nel primo Trattato. Fermato così il testo, ci parve cosa utile raccogliere a piè di pagina anche un saggio delle varianti che risultavano dal confronto degli altri manoscritti, limitandoci però a scegliere, tra le numerosissime differenze, solo alcune di quello che, avendo importanza per il senso, ovvero per il vocabolo (vuoi sotto il rispetto sintattico, vuoi sotto il rispetto lessicale), giovassero o a giustificare la bontà della
{{Sc|Antonio Favaro}}: nello ''Memorie del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti''; vol. XXI, pag. 448-450.</ref>, sebbene siano dati da quattro manoscritti, cioè da quelli che segnammo con ''b'', ''c'', ''r'', ''s''. Quanto al testo, tra gli otto codici che contengono il Trattato, ''s'' è copia quasi fedelissima di ''b''; e gli altri sette si vengono a raggruppare in tre classi o famiglie, delle quali una, che chiameremo ''A'', è rappresentata dai codici ''m'' ed ''n''; la seconda, ''B'', dai codici ''d'' ed ''a'', che hanno di comune anche l’esser mutili delle ultime pagine del Trattato (dalle parole «secondo che va il filo di fuori» della pag. 143, lin. 27, in giù)<ref>Nel cod. ''a'' questo tratto fu supplito di mano del {{Sc|Venturi}}, che lo trascrisse, ritoccandolo, da ''n''.</ref>; la terza, ''C'', comprende i codici ''b'', ''c'', ''r''. Di queste classi, la prima è la sola che offra un testo quasi sempre puro e corretto; e in essa è singolarmente apprezzabile ''m'', laddove ''n'' è macchiato di gravi e manifesti spropositi e di gran numero di forme dialettali venete, le quali tuttavia non sono rare neppure in ''m''; poichè l’uno e l’altro codice, anzi probabilmente anche tutti gli altri, da uno solo in fuori, sono dovuti a copisti veneti, come già si vide di quelli del primo Trattato. La lezione dell’ una o dell’altra delle classi ''B'' e ''C'', offre spesso riscontro e conferma a quella di ''A'', alla quale più di tutti s’accosta il codice ''d'', sebbene appaia scritto da amanuense piuttosto rozzo; invece ''a'', come è più recente del fratello ''d'', così spesso ammoderna le forme della lingua, o in altre maniere altera il testo, con maggior licenza d’ogni altro codice. La classe ''C'' presenta pure, a confronto di ''A'', gran numero di mutazioni minute, talora con un certo carattere di saccenteria, quasi rappresentassero l’opera d’ un revisore; alcune volte poi frantende il testo genuino: in essa tuttavia sono preferibili ''b'' ed ''r'', laddove ''c'', che è il solo codice scritto da mano toscana, corregge, ma ad arbitrio, gli errori, dov’è tuttavia sentore del buon testo, ne’ quali incorrono i suoi fratelli, e così presenta una lezione esteriormente molto pulita, ma che dal confronto con gli altri testi apparisce alterata. Tenuto conto di tutte queste circostanze, non esitammo a prendere per fondamento della nostra edizione il cod. ''m'', che fu da noi seguito, sia quanto alla lezione, sia quanto alla grafia, ben inteso con quelle stesse cautele e riserve con le quali adoperammo il cod. ''A'' nel primo Trattato. Fermato così il testo, ci parve cosa utile raccogliere a piè di pagina anche un saggio delle varianti che risultavano dal confronto degli altri manoscritti, limitandoci però a scegliere, tra le numerosissime differenze, solo alcune di quello che, avendo importanza per il senso, ovvero per il vocabolo (vuoi sotto il rispetto sintattico, vuoi sotto il rispetto lessicale), giovassero o a giustificare la bontà della
<ref follow="p15">alla figura di pag. 123, perchè, essendo incompleta ed errata in tutti gli esemplari manoscritti, abbiamo dovuto rifarla, giovandoci dello indicazioni fornite dal testo o degli elementi de’ vari codici.</ref>
<ref follow="p15">alla figura di pag. 123, perchè, essendo incompleta ed errata in tutti gli esemplari manoscritti, abbiamo dovuto rifarla, giovandoci dello indicazioni fornite dal testo o degli elementi de’ vari codici.</ref>