Teatro Historico di Velletri/Arme della Città: differenze tra le versioni

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Confermasi quest'ultima sentenza per quello che scrive Dione, il quale registra, che frà gli altri honori, che furono fatti dal Popolo Romano al nostro Ottaviano, quando orò in Senato per la rinuncia del Governo, e per la divisione delle Provincie alla cura de' principali Cittadini Romani, fù decretato, che avanti al suo Palazzo si piantassero li Lauri. Recitarò le sue parole, ''Cæsari, cum Orationem de eiurando Regno, ac dividendis Provinciis habuisset, multi erant honores delati, nempè ut antè ipsius Domum il Palatio Lauri penerentur''. Diciamo dunque raggionevolmente che li nostri antichi Velletrani non Pini, ò Cipressi, ma Lauri alzassero per parte dell'Impresa della Città. Il Lauro fù ne' passati di tanta stima, che Empedocle (riferisce Pierio<ref>Pierio Valeriano (1477 - 1558), umanista e teologo, autore dell'opera ''Hieroglyphica, sive de sacris Aegyptiorum aliarumque gentium litteris commentariorum libri LVIII'', in ben 60 libri, al cui 50° libro fa riferimento l'Autore.</ref>) s'havesse havuto à fare trasmigratione in altra specie, sicome non haverebbe scelto trà gli animali, che il Leone, cosi trà le piante non haverebbe eletto, che il Lauro. Lauro dico, ch'è Presaggio d'Imperio, Impresa de Trionfanti, e segno di Vittoria, come si sperimentò in Alessandro Severo Imperatore, nella di cui Casa un Lauro piccolo trà lo spatio d'un'Anno, crebbe tanto, che superò un Persico di molti Anni, presaggio, ch'egli doveva superare, e vincere li Persi, come fece; e perciò, se bene era dedicato ad Apollo, si portava, e metteva avanti à Giove, dice Plinio, ''Ex his in Gremio Iovis Optimi Maximis deponitur, quoties lætitiam nova victoria attulit''. Scaccia i Veleni; quindi Esculapio si coronava anticamente di Lauro. E simbolo della fatiga virtuosa per l'amarezza delle sue foglie. Non è percossa dal Fulmine, se non con infausto presaggio, e cattivo augurio di qualche futura calamità grave; e perciò Tiberio Cesare, mentre tonava, si coronava di Lauro, cosi scrive il Rovellio, ''Laurus Fulmine non teritur, nisi futuræ calamitatis prodigio, ideo Tiberius Imperator, tonante cælo, coronabatur Lauro''<ref>Il lauro non viene colpito dal fulmine, se non quando è presagio di futura calamità, per questo motivo l'Imperatore Tiberio, quando il cielo tuonava, s'incoronava la testa con il lauro''.</ref>. E manifesto segno di Pace, registra Plinio, ''Ipsa pacifera, ut quam prætendi, etiam inter armatos hostes, quietis sit indicium''<ref>Portatrice di pace, poichè quando viene portata in mano, persino tra i nemici armati, essa è segno di pace.</ref>. Il Lauro finalmente è simbolo di Libertà, il che vien'autenticato dall'istesso Plinio, col caso di Lucio Giunio Bruto, il quale fù il Capo à scacciar li Tarquinij, e li Regi, et introdurre di nuovo nella Repubblica Romana l'antica Libertà. Dice egli, che la terra, che baciò questo Bruto, fosse feconda, et abbondante di Lauri, ''Fortassis etiam in argumentum quoniam in Libertatem publicam is meruisset, Lauriferam tellurem illam osculatus ex responso''<ref>Forse anche per il fatto che aveva riguadagnato la libertà di tutti, che in quella terra da lui baciata per risposta si riempì di piante di lauro.</ref>.
 
Narra Alicarnasseo, che simulando questo Lucio Giunio Bruto d'esser pazzo, per evitar gl'effetti della cruda Tirannia di Tarquinio Superbo, già per cupidigia dell'altrui ricchezze contro il padre, et il fratello di lui essercitava, fù mandato per ischerzo, e per gioco assieme con Arunte, e Tito (ò pur Sesto) Tarquinij figliuoli del Rè, al'Oracolo d'Apolline in Delfo per caggione della Peste, ch'affliggeva (anzi per la morte de' putti, vergini, e donne gravide) distruggeva Roma et il suo Dominio, ''Eo quippe tempore, quando ignotum pestilentiæ genus per ditionem eius grassabatur, quod in pueros maximè sæviebat, et virgines, sed pregnantibus perniciosissimum, matres una cum ipso fœto passim stervens per vias''. Esseguiti i commandamenti reggij, e fatti da Prencipi giovanetti li particolari donativi, e preghiere al fallace Nume; Bruto offerì ad Appolline un bastone di legno incavato, ma secretamente ripieno d'oro purissimo. Da' curiosi Giovani si richiede' all'Oracolo, chi di loro doveva haver l'Impero della Repubblica Romana doppo la morte del Rè, e gli fù risposto, che quello sarebbe stato il regnante, che primo sua Madre baciata havesse, ''Responsum est, cum qui primus Matrem osculatus fuerit''; il che saggiamente inteso da Bruto, non la propria Madre, che generato l'haveva (come già concordemente li due Giovani Tarquinij havevano risoluto) ma la Madre terra, con sembianza di caduta, baciò; ed egli per la Libertà della Patria, con l'occasione della violenza fatta à Lucretia moglie di Collatino, fù il primo, c'havesse il supremo honore del Consolato
 
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