Teatro Historico di Velletri/Antichi Frammenti ritrovati in Velletri: differenze tra le versioni

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Nell'Arboreto della Fameglia Bonese, sei Anni sono, fù ritrovata una Cassa lunga, bella di marmo fino, di basso rilievo, ma consumata dalla terra, e dal tempo, dentro della quale furono ritrovate l'ossa di Giulia figliola del nostro Ottaviano, v'era la testa intiera, che fù fatta riconoscere da Medici peritissimi, e da Professori d'antichità, e fù stimata di bellissima, e grandissima Donna, di statura di nove palmi, argomentata dalla simmetria dell'ossa; v'erano alcune piccole inscrittioni in terra cotta, che manifestavano Giulia Augusta, Gneo Domitio, e Tallo. Da alcuni si tiene, che questa famosa Donna, essendo stata discacciata dal Padre, fosse relegata in lontane parti, ma da questa antichità si cava, che doppo haver ella girato un pezzo il Mondo, alla fine, morto il Padre, e forse anco prima, palesemente, ò di nascosto, si riducesse alla stanza paterna, finì li suoi giorni, e da' suoi più cari, che la servivano, e seguivano, benche fuggitiva, con pochissima pompa funerale, non già in Piramide, ò Mausoleo, come si conveniva alla sua nobiltà, ma in una semplice Cassa marmorea sepelita fosse<ref>La figura di Giulia Maggiore, figlia naturale di Ottaviano Augusto e della sua seconda moglie Scribonia, fu quella di una donna vittima indirettamente della carriera politica del padre. Costretta ad unirsi in matrimonio prima con suo cugino Marco Claudio Marcello, poi con Marco Vipsanio Agrippa, generale romano alleato di Ottaviano, ed infine con Tiberio Claudio Nerone, futuro imperatore. Accusata nel 2 a.C. dallo stesso Ottaviano di aver complottato contro di lui, il suo matrimonio con Tiberio fu dichiarato nullo e Giulia costretta in esilio nell'isola di Ventotene. Cinque anni dopo le venne concesso di fare ritorno sulla terraferma, forse a Reggio Calabria, ma quando nel 14 d. C. Tiberio divenne imperatore ordinò che le venissero confiscati tutti i beni e le rendite, costringendola letteralmente alla fame ed alla povertà, ed infine alla morte.</ref>.
 
L'Anno passato vicino al Colle Ottone, dove come s'è detto, era la Villa d'Ottone Imperatore, Proprietà di Frà Girolamo Toruzzi Cavalier di Malta, vicina all'antica Strada Romana, e dalla Città un miglio, e poco più distante, fù ritrovata un Urna sepolcrale, delle più belle, et antiche memorie, che forse si possino vedere à tempi nostri. Perche per le cose ivi ritrovate si scuopre uno de' Sacrificij humani fatti dalla cieca Gentilità à falsi Dei. In tutte le parti del mondo, in ogni tempo, e da qualsivoglia Natione si sono fatti Sacrificij cruenti, et abhominevoli à Numi fallaci, à Demonij; e la Divina scrittura l'autentica, mentre per bocca del Salmista dice, ''Imolaverunt filios suos, et filias suas Dæmoniis''. Chi sia stato l'inventore di tanta crudeltà, io non hò potuto ritrovarlo prima di Fauno, ch'essendo Rè del Latio, istituì tali Sacrificij, e per dire meglio, Sacrilegij, in honore di Saturno suo Avo, così riferisce il Vives, ''Tum etiam ante Herculem, homo Saturno imolabatur, quod sacrum Faunus instituit Avo Suo Saturno''; lo disse ancora Lattantio, ''Ante Pompilium Faunus in Latio, qui et Saturno nefaria Sacra constituit, et Picum Pater inter Deos honoravit''. E perciò il Nauclero scrisse, ''Saturnus in Latio eodem genere Sacrificii cultus est humano sanguine''. E prima di loro lo scrisse Dionisio, dicendo, ''Fertur etiam Veteres Saturnum placare solitos humanis victimis''. Anzi narra, che tanta crudeltà fosse tolta via da Hercole, che non potendo sopportar Vittime cosi horrende, ordinò un'Altare nel Monte Saturnio, hoggi Capitolio, et in vece di Sacrificij humani, facesse preparare trenta Statue, ò Simulacri humani, chiamati Argei, e li facesse gettare nel Tevere, ''Herculem verò, ut aboleret hunc morem Sacrorum, et Aram fundasse in Colle Saturnio, etc. Simulacra hominum triginta numero de sacro Ponte mittunt in Tyberim fluvium, quæ Argeos nominant''. Pescennio Festo narra, che anco li Cartaginesi sacrificavano à Saturno vittime, ''Cartaginenses Saturno humanam hostiam solitos immolare''. Lo disse Dionisio pure, aggiungendo, che anco li Francesi, et alcun'altre Genti Occidentali facevano il medesimo, ''Sicut Cartaginenses, dum stetit eorum Urbs, et apud Gallos idem fit nunc quoquè, aliasq. Gentes Occidenti proximas''. Il Vives nel citato luogo racconta, che anco dà Popoli Latini si facevano à Giove Sacrificij essecrandi di Vittime humane, quali durarono sin'al tempo di Lattantio Firmiano, ''Iuppiter Latialis colebatur sanguine humano tempore Lactantii''.
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