Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/59: differenze tra le versioni

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{{SAL|59|3|Aleph0}}accoramento, quando entrò a saltelloni il mio signor padre. Egli era più vispo, più strano del consueto; e pareva a notizia di tutto ciò che aveva tanto sorpreso e sconsolato me, poiché si congratulò della buona fortuna col Navagero, e volse alla sposina uno di que’ suoi occhietti che parlavano meglio d’una lingua qualunque. Cosa volete? quel vedere anche mio padre schierarsi fra i miei nemici, a papparsi come tanta manna la mia disgrazia, mi diede un furore tale che non pensai più ad andarmene e sentii nell’animo qualche cosa di simile all’eroismo d’Orazio solo contro Toscana tutta. Mi rassettai sulla mia seggiola sfidando orgogliosamente il risolino della contessa, l’indifferenza della Pisana, la gelosia del Navagero, e la crudeltà di mio padre. Quando poi convenne alzarsi per partire, m’avvidi troppo tardi che le ginocchia mi reggevano appena, e chi ci avesse osservato camminare, me, mio padre, e il nobiluomo Navagero, ci avrebbe scambiati per tre felicissimi ubbriachi in grado diverso. Non poteva dar retta ai discorsi che mi facevano, e per la prima volta mi ficcai in letto senza pensare al corno dorato del futuro Doge democratico di Venezia. Mille disegni varii, bizzarri,
accoramento, quando entrò a saltelloni il mio signor padre. Egli era più vispo, più strano del consueto; e pareva a notizia di tutto ciò che aveva tanto sorpreso e sconsolato me, poiché si congratulò della buona fortuna col Navagero, e volse alla sposina uno di que’ suoi occhietti che parlavano meglio d’una lingua qualunque. Cosa volete? quel vedere anche mio padre schierarsi fra i miei nemici, a papparsi come tanta manna la mia disgrazia, mi diede un furore tale che non pensai più ad andarmene e sentii nell’animo qualche cosa di simile all’eroismo d’Orazio solo contro Toscana tutta. Mi rassettai sulla mia seggiola sfidando orgogliosamente il risolino della contessa, l’indifferenza della Pisana, la gelosia del Navagero, e la crudeltà di mio padre. Quando poi convenne alzarsi per partire, m’avvidi troppo tardi che le ginocchia mi reggevano appena, e chi ci avesse osservato camminare, me, mio padre, e il nobiluomo Navagero, ci avrebbe scambiati per tre felicissimi ubbriachi in grado diverso. Non poteva dar retta ai discorsi che mi facevano, e per la prima volta mi ficcai in letto senza pensare al corno dorato del futuro Doge democratico di Venezia. Mille disegni varii, bizzarri, spaventevoli mi improvvisavano nel cervello tali arabeschi che non arrivava a tenerci dietro. Sfidare a stocco e spada il Navagero, infilzarlo come un ranocchio, indi intimare alla Pisana la mia solenne maledizione e gettarmi nel canale per la comoda via della finestra; ovvero dopo ammazzato colui prender fra le braccia costei, trafugarla sopra uno stambecco di Smirne, e menarla meco alla vita del deserto, fra le rovine di Palmira o sulle sabbie dell’Arabia Petrea, ecco i miei voli pindarici meno arrisicati. Del resto poetava senza numeri, senza accenti, senza rime: non pensava né al difficile né all’impossibile, e avessi avuto in istalla un ippogrifo e nelle tasche i tesori di Creso, non
avrei edificato castelli in aria con maggior libertà e {{Pt|magni-|magnificenza}}
spaventevoli mi improvvisavano nel cervello tali arabeschi che non arrivava a tenerci dietro. Sfidare a stocco e spada il Navagero, infilzarlo come un ranocchio, indi intimare alla Pisana la mia solenne maledizione e gettarmi nel canale per la comoda via della finestra; ovvero dopo ammazzato colui prender fra le braccia costei, trafugarla sopra uno stambecco di Smirne, e menarla meco alla vita del deserto, fra le rovine di Palmira o sulle sabbie dell’Arabia Petrea, ecco i miei voli pindarici meno arrisicati. Del resto poetava senza numeri, senza accenti, senza rime: non pensava né al difficile né all’impossibile, e avessi avuto in istalla un ippogrifo e nelle tasche i tesori di Creso, non
avrei edificato castelli in aria con maggior libertà e {{Pt|magni-|magnificenza}}