Pagina:Annali d'Italia, Vol. 1.djvu/34: differenze tra le versioni

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<section begin=s1/>del suo nome colla gran fabbrica degli Annali ecclesiastici, due anni prima del presente, cioè nell’anno XXI della tribunizia podestà di Augusto, ossia nel XLIII del suo principato, pose il principio della medesima; ma con errore manifesto, siccome han dipoi dimostrato uomini sommamente eruditi. Opinione fu di quell’insigne porporato, che nell’anno XLII di Augusto, cioè tre anni prima dell’anno presente, s’incarnasse e nascesse il Figliuolo di Dio nel dì 25 di dicembre; e che nel principio del susseguente egli fosse circonciso, dalla qual circoncisione, collocata nelle calende di gennaio, si avesse da cominciare l’anno primo dell’Era cristiana. Ciò non sussiste. Quanto alla nascita del Signor nostro Gesù Cristo ne è tuttavia incerto l’anno. Solamente sappiamo essere la medesima avvenuta molto innanzi all’anno presente, fra l’altre ragioni, perchè Erode figliuolo d’Antipatro (re vivente allorchè nacque il Signore), cessò di vivere<ref>Joseph, Antiq. Judaicar., lib. 7, cap. 8. Pagius, in Critica Baron.</ref> nel marzo dell’anno 750 di Roma, e XLI di Augusto; e per conseguente<ref>Vaillant. Idem. Pagius, Usserius, Noris, ec.</ref> dovette nascere il Signore almeno nell’anno precedente al preteso dal {{AutoreCitato|Cesare Baronio|Baronio}}, o in alcun altro più addietro. È ben sembrato agli eruditi più verisimile il riferire il suo natale al dicembre dell’anno 749 di Roma, e XL di Augusto; ma questa opinione nondimeno vien contrastata da quella di diversi altri, non mancando chi alcuni anni prima con buone ragioni colloca questo memorabil fatto, senza che finora si sia potuto pienamente accertare un punto di storia di tanta importanza. Ma se ciò è tuttavia oscuro, non è già per l’Era cristiana, il cui principio ormai resta deciso che si ha da fissare nell’anno presente, benchè non manchi taluno che lo riferisce nell’anno seguente. Per le ragioni suddette è un comune errore, ma errore condonabile, e di cui niun s’ha da formalizzare, il chiamar questa Era della Natività del divino {{Pagina Annali|Pagina:Annali d'Italia, Vol. 1.djvu/34|2}}Salvatore, oppur della Incarnazione, ovvero della Circoncisione. Questa varietà di parlare, da gran tempo introdotta, non è per anche terminata in Italia, dove abbiamo la maggior parte delle città, che chiamano l’anno della Natività, benchè l’incomincino dalla Circoncisione; ed alcune, che nella Pasqua, o nel dì 25 di marzo precedente, o susseguente all’anno comune, cominciato alla Circoncisione, danno principio al loro anno, le une coll’anteciparlo di quasi nove mesi, e le altre col posticiparlo di quasi quattro. Anticamente molti usarono di dar principio all’anno nuovo nel Natale del Signore, e di là poi venne il chiamar l’Era nostra a ''Nativitate Domini'', il qual nome dura presso i più, contuttochè oggidì il primo giorno di gennaio sia anche il principio dell’anno nuovo. Intanto contando noi sotto questi consoli l’anno primo d’essa Era, seguiteremo da qui innanzi col medesimo ordine ad accennare i fatti principali della Storia d’Italia.
<section begin=s1/>del suo nome colla gran fabbrica degli Annali ecclesiastici, due anni prima del presente, cioè nell’anno XXI della tribunizia podestà di Augusto, ossia nel XLIII del suo principato, pose il principio della medesima; ma con errore manifesto, siccome han dipoi dimostrato uomini sommamente eruditi. Opinione fu di quell’insigne porporato, che nell’anno XLII di Augusto, cioè tre anni prima dell’anno presente, s’incarnasse e nascesse il Figliuolo di Dio nel dì 25 di dicembre; e che nel principio del susseguente egli fosse circonciso, dalla qual circoncisione, collocata nelle calende di gennaio, si avesse da cominciare l’anno primo dell’Era cristiana. Ciò non sussiste. Quanto alla nascita del Signor nostro Gesù Cristo ne è tuttavia incerto l’anno. Solamente sappiamo essere la medesima avvenuta molto innanzi all’anno presente, fra l’altre ragioni, perchè Erode figliuolo d’Antipatro (re vivente allorchè nacque il Signore), cessò di vivere<ref>Joseph, Antiq. Judaicar., lib. 7, cap. 8. Pagius, in Critica Baron.</ref> nel marzo dell’anno 750 di Roma, e XLI di Augusto; e per conseguente<ref>Vaillant. Idem. Pagius, Usserius, Noris, ec.</ref> dovette nascere il Signore almeno nell’anno precedente al preteso dal {{AutoreCitato|Cesare Baronio|Baronio}}, o in alcun altro più addietro. È ben sembrato agli eruditi più verisimile il riferire il suo natale al dicembre dell’anno 749 di Roma, e XL di Augusto; ma questa opinione nondimeno vien contrastata da quella di diversi altri, non mancando chi alcuni anni prima con buone ragioni colloca questo memorabil fatto, senza che finora si sia potuto pienamente accertare un punto di storia di tanta importanza. Ma se ciò è tuttavia oscuro, non è già per l’Era cristiana, il cui principio ormai resta deciso che si ha da fissare nell’anno presente, benchè non manchi taluno che lo riferisce nell’anno seguente. Per le ragioni suddette è un comune errore, ma errore condonabile, e di cui niun s’ha da formalizzare, il chiamar questa Era della Natività del divino {{Pagina Annali|Pagina:Annali d'Italia, Vol. 1.djvu/34|2}}Salvatore, oppur della Incarnazione, ovvero della Circoncisione. Questa varietà di parlare, da gran tempo introdotta, non è per anche terminata in Italia, dove abbiamo la maggior parte delle città, che chiamano l’anno della Natività, benchè l’incomincino dalla Circoncisione; ed alcune, che nella Pasqua, o nel dì 25 di marzo precedente, o susseguente all’anno comune, cominciato alla Circoncisione, danno principio al loro anno, le une coll’anteciparlo di quasi nove mesi, e le altre col posticiparlo di quasi quattro. Anticamente molti usarono di dar principio all’anno nuovo nel Natale del Signore, e di là poi venne il chiamar l’Era nostra a ''Nativitate Domini'', il qual nome dura presso i più, contuttochè oggidì il primo giorno di gennaio sia anche il principio dell’anno nuovo. Intanto contando noi sotto questi consoli l’anno primo d’essa Era, seguiteremo da qui innanzi col medesimo ordine ad accennare i fatti principali della Storia d’Italia.
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<section begin=s2/>{{Anno di|{{Sc|Cristo}} {{Sc|ii}}. Indizione {{Sc|v}}.|{{Sc|Augusto}} imperadore 46.}}
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{{Centrato|P. Vinicio e P. Alfenio Varo.}}
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Il primo di questi consoli è chiamato dal padre Pagi ''Publio Vicinio'', dal padre Stampa ''Publio Vinucio''. Sono errori di stampa. Nè la famiglia ''Vicinia'', nè la ''Vinucia'' son cognite fra le nobili romane. Bensì la ''Vinicia'', di cui l’Orsino e il Palatino rapportano varie medaglie. Vellejo Patercolo<ref>Vellejus Paterculus, lib. 2.</ref> chiaramente scrisse ''P. Vinicio Consule'', e parla in più d’un luogo di questa famiglia. Il secondo de’ consoli è ''Publio Alfeno'' presso il Pagi. Altri hanno scritto ''Alfinio''; ma con diversità di poca importanza. Continuò ''Cajo Cesare'', figliuolo adottivo di Augusto, e principe della gioventù, la sua spedizion militare in Soria. Seco era lo stesso ''Vellejo Patercolo'', autore de’ pezzi di un’amena storia,{{SAL|34|2|Lagrande}}<section end=s2/>
Il primo di questi consoli è chiamato dal padre Pagi ''Publio Vicinio'', dal padre Stampa ''Publio Vinucio''. Sono errori di stampa. Nè la famiglia ''Vicinia'', nè la ''Vinucia'' son cognite fra le nobili romane. Bensì la ''Vinicia'', di cui l’Orsino e il Palatino rapportano varie medaglie. Vellejo Patercolo<ref>Vellejus Paterculus, lib. 2.</ref> chiaramente scrisse ''P. Vinicio Consule'', e parla in più d’un luogo di questa famiglia. Il secondo de’ consoli è ''Publio Alfeno'' presso il Pagi. Altri hanno scritto ''Alfinio''; ma con diversità di poca importanza. Continuò ''Cajo Cesare'', figliuolo adottivo di Augusto, e principe della gioventù, la sua spedizion militare in Soria. Seco era lo stesso ''Vellejo Patercolo'', autore de’ pezzi di un’amena storia,<section end=s2/>