Frammenti (Saffo - Bustelli)/Vita di Saffo/III: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Snark (discussione | contributi)
Nuova pagina: {{opera |NomeCognome=Saffo |TitoloOpera=Frammenti |NomePaginaOpera=Frammenti |AnnoPubblicazione=Traduzione di Giuseppe Bustelli (1863) |TitoloSezione=[[Fra...
 
m 2 parole greche
Riga 11:
|NomePaginaCapitoloSuccessivo=Frammenti/Vita di Saffo/IV
}}
Più fiera quistione ardette tra filologi sulle due Saffo, l'una da Mitilene e l'altra da Ereso; ambedue città di Lesbo quistione forse inestricabile; nè lo stricarla appartiene a me non filologo. La Saffo d'Ereso, meretrice e poetessa fors'anco (lo accenna Suida), colla quale probabilmente fu scambiata la mitelense, nacque più tardi; e costei, più secondo il vero, amò disperatamente Faone, e saltò per lui da Leucade. Molti critici, forviati dalla poesia d'Ovidio (Eroidi, XV), recarono alla prima cotesto amore; e ammirasi il Visconti (il cui ragionamento qui reco in somma) come in siffatto svarione incappassero il Fabbricio, l'Hardion, il Bayle, il Barthélemy ed altrettanti dotti uomini. Ma gli scrittori più vicini a lei d'età, quando favellarono d'essa e degli amori e accadimenti suoi, tacquero della sciagurata fine: visibile indizio ch'ella dovesse altramente morire; e che Ovidio, per non conoscere l'altra Saffo, o perchè dal mescolare la grandezza dell'una colle calamità dell'altra vantaggiava la poesia, le confuse in una, e favoleggiò di lei come solevano i poeti e sogliono. Di fatto abbiamo recise testimonianze di più autori greci, Ninfi, Ateneo, Eliano, Suida, Apostolio (e due volte Fozio, nel Lessico, Voci ********Λευκάτης e ****Φάων; non potuto citare dal Visconti perchè venuto la prima volta a luce nel medesimo anno che l'Iconografia Greca, 1808): de' quali i due primi assai dotti, e raccoglitori delle opinioni raccettate dal meglio dei sapienti coetanei. Tutti costoro mantennero le due Saffo: se non che Suida scambiò il nome delle lor patrie, facendo mitilenea l'eresia ed eresia la mitilenea. La contraria sentenza s'ajuterebbe assai della testimonmianza di Menandro e Strabone (X), se costoro ricisamente significassero che parlano della poetessa famosa da Mitilene. Il perchè ne resta solo propugnatore Ovidio; seguito per alcuni poeti posteriori. Trarremo anche prove dal silenzio de' più vecchi scrittori. Là dove Erodoto parla di Saffo e della sua vita e delle opere, nulla di Faone e di Leucade; e verisimilmente il gittarsi da quel promontorio, non punto menzionato da Erodoto, non costumava per ancora, o almanco non era tornato in uso, al tempo dello scrittore (il quale curioso indagatore e narratore di simili particolari, nè taciuto l'avrebbe, nè trasandato di riandarne l'origine); massime perchè Strabone non seppe mai che altri saltasse innanzi al poeta Menandro, vissuto oltre tre secoli dopo Saffo e buon tratto dopo Erodoto. Il rimanente altresì del costui racconto dee sempre più convincere che Saffo non perisse di quella morte: perciocchè lo storico rammenta certi versi ond'ella proverbiò il fratello Carasso, quando costui riscattò e menò seco Rodope, regnando Amasi; che non governò prima del 570: cioè a dire dettolli in sui 50 anni. Ermesianatte, più antico poeta di Menandro, accennando in un'elegia sulle fragilità de' poeti celebri gli amori di Saffo con Anacreonte, tacque della funesta avventura; che sarebbe stato strano silenzio; confacendosi questa, meglio che ogni altro fatto della vita saffica, al proposito dell'elegia. In un epigramma di Antipatro da Sidone sulla tomba della Nostra, non un motto di cotal morte; ma in quello scambio si lascia credere che, passata essa di morte naturale, se le desse tomba in patria. Il solo [[Frammenti/Dieci Epigrammi dell'Antologia Greca per Saffo/VIII|epigramma]] rimastone di Pinito, antico poeta, è un epitaffio per lei: medesimamente nè qui, nè in più altri epigrammi dell'Antologia, lodativi di Saffo, non un motto nè indizio di Leucade. Tolomeo Efestione, nella storia del salto di Leucade, compendiataci da Fozio, punto non memora la Nostra: tace per vero anche di Saffo d'Efeso; ma costei, che non toccò mai la celebrità dell'altra, verisimilmente uscì di memoria all'autor dell'opera o del compendio. Servio ancora (Sopra l'Eneide, III, 374), accennando d'una femmina lanciatasi da Leucade per Faone, nè la nomina, nè mostra averla per chiara e riguardevole.
 
Così dottamente e dirittamente il Visconti: alle cui gagliarde ragioni ripugni chi vuole; ch'io non voglio, nè so. Nuova e tutta sua non fu l'opinione del Visconti: chè già l'avevano, almanco in parte, sostenuta il Voss, il Lloyd, l'Hoffman, il Perizonio, Francesco Filelfo, Carlo Stefano, il Moreri, A. Schneider, eccetera: ma niuno quant'egli l'ebbe chiarita e afforzata a tale, che la dovessero abbracciare, come fecero, insigni filologi; in Italia il Mustoxidi (Vita d'Anacreonte) e il [[Autore:Giacomo Leopardi|Leopardi]] (Canti, Nota 5), in Germania, per alcuna parte, il Neue e il Müller ed altri: quantunque altri, e fra costoro villanamente il Kōhler (nella Biblioteca Italiana di Milano, Num. 70), la combattessero; sdegnato il Kōhler perchè il Visconti non trattò la quistione con tedesca prolissità; ma rimbeccato dall'Abate Zannoni (Elogio d'E. Q. Visconti nell'Antologia di Firenze, Tomo VI). Fozio e Suida (questi quasi copiando quello, alla Voce ****) ed Apostolio (Proverbii, XX, 15) contano della Saffo meretrice, non della più celebre, il salto da Leucade: altri parecchi, Ovidio, Stazio (Selve, V, 3, 155), Ausonio (Idillii, VI, 21, ed Epigrammi, 92) ed Alcifrone epistolografo greco del tempo forse di Luciano (III, 1), tutti da Ovidio preceduti, riferendo il fatto a una Saffo, come Strabone e Menandro, non dichiarando apertamente di parlar della famosa mitilenese. Spetta alla Nostra la testionianza d'Esichio Milesio, nel libro Degli uomini per dottrina celebri, si per lo titolo dell'opera, e si perchè Saffo vien messa tra Stesicoro e Sofocle, l'uno a lei contemporaneo, l'altro posteriore. Ma lo traviò forse Ovidio; e ad ogni modo lo separano da Saffo dieci secoli. Negano fede al tristo caso il Neue e il Müller: mosso il primo principalmente dal silenzio di Tolomeo Efestione, e persuadendosi tuttavolta che Saffo amasse, non riamata, Faone; l'altro considerando che cotal tradizione fu medesimamente riferita ad Afrodite, addolorata per la morte d'Adonide (vedi Tolomeo Efestione, nella Biblioteca di Fozio, ****** *, e che niuna contezza ci giunse della principale circostanza del fatto; se, cioè, Saffo sopravvivesse al salto o ne perisse. Forse la professione poetica, affermata da Suida in ambedue le Saffo, generò la confusione e l'errore che alla più illustre appropriò l'amor faoniano e il salto celebratissimo. Anco lo scambio degli amori tra le due poetesse potette avere appicco dalle poesie medesime della Nostra; che, se crediamo a Pausania (Beotici, 27), e se questi non allude unicamente ad opinioni di teogonia, lasciò assai versi intorno Amore, ma tra loro alquanto repugnanti. Abbiamo da Suida (V. ****) che correva un proverbio o dettato greco siffatto: - tu sei di bellezza e di costume un Faone; - tolto dal Faone amato da Saffo; non dalla poetessa, aggiunge Suida, ma da un'altra da Lesbo, che per lui si lanciò da Leucade. Dai [[Dialoghi delle Cortigiane]] di [[Autore:Luciano di Samosata|Luciano]] (XII) possiam raccogliere, che le bagasce d'Atene, almeno al tempo dello scrittore, nominavano Faone ogni lor prediletto anco d'altro nome. Nelle reliquie saffiche, dove la poetessa pur mentova quanto o per amore o per odio meglio erale entrato in cuore; la madre, la figlietta, le amiche, le rivali; non è ricordo mai di costui. Che più? dimostra irrepugnabilmente il Müller (Ivi): «che mentre i comici ateniesi hanno di frequente sulla bocca il supposto nome di questo giovine Faone (come nei versi di Menandro presso Strabone, pag. 452), esso però non fu mai pronunziato nelle poesie di Saffo. Chè altrimenti in fatti come avrebbe potuto nascere l'opinione, che la donna che s'accese del bel Faone fosse Saffo l'etéra, anzichè la poetessa (Presso Ateneo, XIII, 396 c, e varii lessicografi dell'antichità)? A questo si aggiunge poic he le narrazioni meravigliose intorno alla beltà di Faone e all'amore che gli portò la Dea Afrodite, manifestamente son tratte dal mito d'Adonide, dove si rinvengono identiche esattamente. (Qui l'autore addita in una nota le antiche fonti di cotesta tradizione; e avverte come sì di Faone e sì di Adonide si fingesse che Afrodite gli appiattasse nella lattuga). Esiodo parla d'un Faetone, figlio dell'Aurora e di Cefalo, che Afrodite aveva rapito quand'era ancora tenero fanciullo, per farlo custode dell'adito de' suoi templi (Esiodo, Teog., 986 e seg.). Fondamento di questa favola è apertamente la tradizione d'Adonide, che da Cipro venne a notizia dei Greci; onde poi si deduce che i Greci abbian dato a questo favorito d'Afrodite il nome greco di Faetone o Faone, e questo in seguito, per una serie di male intelligenze ed interpretazioni, si sia trasformato nell'amante di Saffo; se pure Saffo medesima non celebrò in un canto per Adonide, e ne compose certamente di tali, il bel Faone, sì che i suoi versi potessero riferirsi ad un amante suo proprio.» Che se Palefato (**** *******, 49), Suida ed Eudocia (V. ****), Apostolio (proverbii, XX, 15) memorano versi amorosi di Saffo per Faone; crederei che male interpretassero i canti della Nostra o dicessero della eresia, meretrice e amatrice di colui: la quale ancora, come vedemmo in Suida, verseggiò.