Pagina:Zibaldone di pensieri II.djvu/352: differenze tra le versioni

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{{ZbPensiero|1012/2}} Che la lingua latina a’ suoi buoni tempi, e quando ella era ''formata'', si distinguesse in due lingue, l’una <span class="SAL">352,3,Alex brollo</span><section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|1013}} volgare e l’altra nobile, usata da’ patrizi e dagli scrittori (i quali neppur credo che scrivessero come parlavano i patrizi) ({{Sc|Andrés}}, loc. cit., p. 256, nota), che Roma al tempo della sua grandezza avesse una lingua ''rustica, plebeia, vulgaris, ''un ''sermo barbarus, pedestris, militaris'', (''Spettatore'' di Milano, Quaderno 97. p. 242). è noto e certo, senza entrare in altre quistioni, per la espressa testimonianza di {{AutoreCitato|Marco Tullio Cicerone|Cicerone}} ({{Sc|Andrés}}, l. c). Del quale antico volgare latino parlerò forse quando che sia, di proposito. Ora si veda quanto fosse impossibile che la lingua latina divenisse universale, mentre i soldati, i negozianti, i viaggiatori, i governanti, le colonie ec. diffondevano una lingua diversa dalla letterata, che sola avendo consistenza e forma, sola è capace di universalità; e mentre l’unicità di una lingua, come ho detto altrove, è la prima condizione per poter essere universale. Laddove la latina, non solo non era unica nella sua costituzione e nella sua indole, dirò cosí, interiore, come lo è la francese; ma era divisa perfino esteriormente in lingue diverse, e, si può dir, doppia ec. (4 maggio 1821). Vedi p. {{ZbLink|1020}}, capoverso 1.
{{ZbPensiero|1012/2}} Che la lingua latina a’ suoi buoni tempi, e quando ella era ''formata'', si distinguesse in due lingue, l’una {{SAL|352|3|Alex brollo}}<section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|1013}} volgare e l’altra nobile, usata da’ patrizi e dagli scrittori (i quali neppur credo che scrivessero come parlavano i patrizi) ({{Sc|Andrés}}, loc. cit., p. 256, nota), che Roma al tempo della sua grandezza avesse una lingua ''rustica, plebeia, vulgaris, ''un ''sermo barbarus, pedestris, militaris'', (''Spettatore'' di Milano, Quaderno 97. p. 242). è noto e certo, senza entrare in altre quistioni, per la espressa testimonianza di {{AutoreCitato|Marco Tullio Cicerone|Cicerone}} ({{Sc|Andrés}}, l. c). Del quale antico volgare latino parlerò forse quando che sia, di proposito. Ora si veda quanto fosse impossibile che la lingua latina divenisse universale, mentre i soldati, i negozianti, i viaggiatori, i governanti, le colonie ec. diffondevano una lingua diversa dalla letterata, che sola avendo consistenza e forma, sola è capace di universalità; e mentre l’unicità di una lingua, come ho detto altrove, è la prima condizione per poter essere universale. Laddove la latina, non solo non era unica nella sua costituzione e nella sua indole, dirò cosí, interiore, come lo è la francese; ma era divisa perfino esteriormente in lingue diverse, e, si può dir, doppia ec. (4 maggio 1821). Vedi p. {{ZbLink|1020}}, capoverso 1.




{{ZbPensiero|1013/1}} Alla p. {{ZbLink|999}}. Cosí chi sapesse l’antica lingua teutonica, non intenderebbe perciò la tedesca, senza<span class="SAL">352,3,Alex brollo</span><section end=2 />
{{ZbPensiero|1013/1}} Alla p. {{ZbLink|999}}. Cosí chi sapesse l’antica lingua teutonica, non intenderebbe perciò la tedesca, senza{{SAL|352|3|Alex brollo}}<section end=2 />