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Come è ben noto, Thomsen aveva parecchi anni prima enunciata una regola a cui Berthelot aveva più tardi voluto conferire dignità di legge naturale: il cosidetto principio del massimo lavoro, secondo il quale do ebbero avvenire spontaneamente e senza intervento di energie estranee, quelle reazioni, fra le varie possibili, che hanno luogo col maggiore sviluppo di calore. Ora questa regola, mentre si verifica praticamente per la maggior parte delle reazioni ordinarie della chimica comune, è posta in difetto da vari casi ben studiati di reazioni chimiche propriamente dette, e poi da intiere serie di processi, come quelli reversibili. Mentre Thomsen riconosceva il carattere empirico della sua regola, Berthelot cercava invece di salvare il suo principio con una serie di cavilli, basati sull’equivoco dato dall’uso di espressioni vaghe, come «avvenire spontaneamente» e «senza intervento di energie estranee». Ma invano; come osserva spietatamente il Duhem, per salvarsi esso deve porre fra le energie estranee anche il calore assorbito nei processi endotermici ed equivalere allora a questo enunciato: «ogni processo che non assorbe calore, ne sviluppa». Ossia per restar vero, esso deve «svanire in una ridicola tautologia».
Come è ben noto, Thomsen aveva parecchi anni prima enunciata una regola a cui Berthelot aveva più tardi voluto conferire dignità di legge naturale: il cosidetto principio del massimo lavoro, secondo il quale do ebbero avvenire spontaneamente e senza intervento di energie estranee, quelle reazioni, fra le varie possibili, che hanno luogo col maggiore sviluppo di calore. Ora questa regola, mentre si verifica praticamente per la maggior parte delle reazioni ordinarie della chimica comune, è posta in difetto da vari casi ben studiati di reazioni chimiche propriamente dette, e poi da intiere serie di processi, come quelli reversibili. Mentre Thomsen riconosceva il carattere empirico della sua regola, Berthelot cercava invece di salvare il suo principio con una serie di cavilli, basati sull’equivoco dato dall’uso di espressioni vaghe, come «avvenire spontaneamente» e «senza intervento di energie estranee». Ma invano; come osserva spietatamente il Duhem, per salvarsi esso deve porre fra le energie estranee anche il calore assorbito nei processi endotermici ed equivalere allora a questo enunciato: «ogni processo che non assorbe calore, ne sviluppa». Ossia per restar vero, esso deve «svanire in una ridicola tautologia».


Ora il principio di van ’t Hoff ci dà la chiave di queste contraddizioni: poiché un abbassamento di temperatura favorisce i processi che avvengono con svolgimento di calore, alle basse temperature debbono avvenire di preferenza le reazioni esotermiche. E siccome le condizioni ordinarie di temperatura del nostro ambiente e delle comuni operazioni chimiche rappresentano zone assai basse nella scala complessiva delle temperature possibili, è naturale che in esse si verifichi in prima approssimazione la regola di Thomsen. Il principio<span class="SAL">75,3,Aubrey</span>
Ora il principio di van ’t Hoff ci dà la chiave di queste contraddizioni: poiché un abbassamento di temperatura favorisce i processi che avvengono con svolgimento di calore, alle basse temperature debbono avvenire di preferenza le reazioni esotermiche. E siccome le condizioni ordinarie di temperatura del nostro ambiente e delle comuni operazioni chimiche rappresentano zone assai basse nella scala complessiva delle temperature possibili, è naturale che in esse si verifichi in prima approssimazione la regola di Thomsen. Il principio{{SAL|75|3|Aubrey}}