Pagina:Satire (Persio).djvu/107: differenze tra le versioni

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Questo difetto, se pur tale vogliam chiamarlo, viene compensato da Persio co’ nervi dello stile, colla vibrazion delle idee, col peso de’ sentimenti, prerogativa tanto apprezzata dal {{AutoreCitato|Dionigi di Alicarnasso|critico d’Alicarnasso}}, che chiamò cadaveriche le orazioni d’{{AutoreCitato|Isocrate|Isocrate|}}, perchè tutte eleganza ma prive affatto di gagliardìa.
Questo difetto, se pur tale vogliam chiamarlo, viene compensato da Persio co’ nervi dello stile, colla vibrazion delle idee, col peso de’ sentimenti, prerogativa tanto apprezzata dal {{AutoreCitato|Dionigi di Alicarnasso|critico d’Alicarnasso}}, che chiamò cadaveriche le orazioni d’{{AutoreCitato|Isocrate|Isocrate|}}, perchè tutte eleganza ma prive affatto di gagliardìa.


Orazio rade volte adempisce nelle sue satire quell’ottimo precetto suo: ''denique sit, quod vis, simplex dumtaxat et unum''. Perciocchè qual materia ei prenda a trattare, poco dopo te l’abbandona, e la più parte delle sue satire non è che una bella ed elegante congerie di nudi e sconnessi insegnamenti morali alla maniera di {{AutoreCitato|Teognide|Teognide}} e di {{AutoreCitato|Focilide|Focillide}}. Persio assai altrimenti. Tu nol vedi mai dimenticarsi della sua tesi, nè mai digredirne che per rinforzarla. Conserva costantemente il metodo filosofico, e procede di prova in prova, per modo che le sue satire (salvo la prima d’argomento tutto rettorico) sono, ciascuna nel loro genere, un breve trattato di ragionata e pretta morale, scevra di quei miscuglj eterogenei, che viziano la semplicità del soggetto. Non mi è nascoso, che molti anzi che biasimare trovano bello in Orazio questo stesso disordine filosofico, bello l’abbandono del suo primo proposito. Comunque sia, il ''simplex dumtaxat et unum'' nelle sue satire non si trova; e convien confessarlo, le leggi tornano inefficaci quando il primo a violarle è lo stesso legislatore. Lungi dal venire nella dura sentenza del Casaubono e dello Scaligero, che più tocchi dalla forza che dalla grazia dell’espressione, più ammiratori d’una certa metodica gravità vestita di splendido<span class="SAL">107,4,Gimilzor</span>
Orazio rade volte adempisce nelle sue satire quell’ottimo precetto suo: ''denique sit, quod vis, simplex dumtaxat et unum''. Perciocchè qual materia ei prenda a trattare, poco dopo te l’abbandona, e la più parte delle sue satire non è che una bella ed elegante congerie di nudi e sconnessi insegnamenti morali alla maniera di {{AutoreCitato|Teognide|Teognide}} e di {{AutoreCitato|Focilide|Focillide}}. Persio assai altrimenti. Tu nol vedi mai dimenticarsi della sua tesi, nè mai digredirne che per rinforzarla. Conserva costantemente il metodo filosofico, e procede di prova in prova, per modo che le sue satire (salvo la prima d’argomento tutto rettorico) sono, ciascuna nel loro genere, un breve trattato di ragionata e pretta morale, scevra di quei miscuglj eterogenei, che viziano la semplicità del soggetto. Non mi è nascoso, che molti anzi che biasimare trovano bello in Orazio questo stesso disordine filosofico, bello l’abbandono del suo primo proposito. Comunque sia, il ''simplex dumtaxat et unum'' nelle sue satire non si trova; e convien confessarlo, le leggi tornano inefficaci quando il primo a violarle è lo stesso legislatore. Lungi dal venire nella dura sentenza del Casaubono e dello Scaligero, che più tocchi dalla forza che dalla grazia dell’espressione, più ammiratori d’una certa metodica gravità vestita di splendido{{SAL|107|4|Gimilzor}}