Pagina:Rivista italiana di numismatica 1889.djvu/365: differenze tra le versioni
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In un fascio per la rozzezza loro comune, sono da porsi tutti i parti dell’officina nostra, dal I° Berengario re (888) alla metà del 1300. Appartengono a questa barbara classificazione i conii degli imperatori e re d’Italia italiani, borgognoni, provenzali, e dopo la conquista alemannica, quelli degli Ottoni, dei cinque Arrighi, di Corrado il Salico, di Federico I e di suo figlio, Enrico VI. I nostri soldi repubblicani similmente della metà del 1200, e principio del 1300, non che massime li primi viscontei del 1330 e 1339, sebbene mostrino una finezza e lucidezza insieme d’intaglio che piace, ed anzi sorprende, ritraggono tosto l’occhio alla vista di quei loro inanimati e storpi sant’Ambrogi, e di altri deformi nostri SS. Patroni, sospesi in aria contro natura. |
In un fascio per la rozzezza loro comune, sono da porsi tutti i parti dell’officina nostra, dal I° Berengario re (888) alla metà del 1300. Appartengono a questa barbara classificazione i conii degli imperatori e re d’Italia italiani, borgognoni, provenzali, e dopo la conquista alemannica, quelli degli Ottoni, dei cinque Arrighi, di Corrado il Salico, di Federico I e di suo figlio, Enrico VI. I nostri soldi repubblicani similmente della metà del 1200, e principio del 1300, non che massime li primi viscontei del 1330 e 1339, sebbene mostrino una finezza e lucidezza insieme d’intaglio che piace, ed anzi sorprende, ritraggono tosto l’occhio alla vista di quei loro inanimati e storpi sant’Ambrogi, e di altri deformi nostri SS. Patroni, sospesi in aria contro natura. |
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Ma finalmente trascorsa la metà del secolo XIV, il buon gusto che rinato era in Italia, per opera di quei genii immortali di {{AutoreCitato|Dante Alighieri|Dante}}, {{AutoreCitato|Francesco Petrarca|Petrarca}}, {{AutoreCitato|Giovanni Boccaccio|Boccaccio}} e Giotto, comparisce negli stampi dei due fratelli Bernabò e Galeazzo Visconti, signori di Milano nel 1354. Lo testimoniano i loro grossi fabbricati a Milano, e molto più in Pavia, dei quali abbiamo già rilevato i pregi al Capo VIII, a cui mi appello ad evitare le ripetizioni; bastando dire che sono incisioni tali da far meravigliare a vederle, per l’età in cui comparvero, superando esse le produzioni coeve delle arti loro sorelle, della pittura e scultura. Cosi pure, a sfuggire la noia dei racconti già fatti, passerò sopra il rimanente evo visconteo e sui primordi sforzeschi, nei quali si mantennero bensì le migliorie del 1300, ma il genio non progredì gran fatto, quando nominar non si voglia il ritratto, che perduto o quasi nei secoli bassi, fu introdotto di nuovo nel 1402 dal |
Ma finalmente trascorsa la metà del secolo XIV, il buon gusto che rinato era in Italia, per opera di quei genii immortali di {{AutoreCitato|Dante Alighieri|Dante}}, {{AutoreCitato|Francesco Petrarca|Petrarca}}, {{AutoreCitato|Giovanni Boccaccio|Boccaccio}} e Giotto, comparisce negli stampi dei due fratelli Bernabò e Galeazzo Visconti, signori di Milano nel 1354. Lo testimoniano i loro grossi fabbricati a Milano, e molto più in Pavia, dei quali abbiamo già rilevato i pregi al Capo VIII, a cui mi appello ad evitare le ripetizioni; bastando dire che sono incisioni tali da far meravigliare a vederle, per l’età in cui comparvero, superando esse le produzioni coeve delle arti loro sorelle, della pittura e scultura. Cosi pure, a sfuggire la noia dei racconti già fatti, passerò sopra il rimanente evo visconteo e sui primordi sforzeschi, nei quali si mantennero bensì le migliorie del 1300, ma il genio non progredì gran fatto, quando nominar non si voglia il ritratto, che perduto o quasi nei secoli bassi, fu introdotto di nuovo nel 1402 dal{{SAL|365|3|Carlomorino}} |