Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/295: differenze tra le versioni

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da me, io le faceva la burletta del gatto, e l’ordinanza aveva libero il campo per accomodarlo a suo modo; intanto portinaia o cameriera tornavano e mi toglievano d’impiccio. Invece, cosa succede?... La portinaia e la cameriera s’incontrano per le scale e cominciano a litigare fra loro; io, dopo aver buttato a terra il gatto, con una specie di abbracciamento alla signora padrona, non so più andare nè innanzi nè indietro: quel maledetto gatto mi si ostina fra i piedi e la vecchia al collo!... Pesta di qua pesta di là riesco finalmente a metter in fuga la bestia... Ma in quella appunto, cameriera e portinaia entrano accapigliandosi fra loro e veggono me alle prese colla signora. Urla una e strilla quell’altra, credo che diedero la sveglia a tutto il vicinato. La signora era rossa più per la stizza che per la vergogna; io più pallido di spavento che di stizza: ma quella diversione mi rese i colori. Cominciai a gridare che non era nulla e che stava provando alla signora la tracolla della sciabola. La cameriera si buttò addirittura addosso alla padrona minacciandola che se non le pagava i salari le avrebbe cavato gli occhi, e che non era quella la maniera di mantenere le sue promesse che il servizio dell’ufficial francese sarebbesi lasciato tutto a lei. Intanto si udivano da basso gli ultimi miagolamenti del povero gatto sgozzato dalla mia ordinanza colle forbici della padrona che furono poi trovate tutte insanguinate. Anzi bisognerà che gli tiri le orecchie a quello sciocco per questa castroneria! Figurati che parapiglia! La signora, che m’aveva lasciato, voleva tornarmi ad abbracciare, la cameriera mi teneva pel collo, e la portinaia per l’abito; ciascuna voleva la sua parte, ma avevano fatto i conti senza l’oste. Stufo delle loro moine io diedi una tal vociata che restarono tutte e tre quasi istupidite e mi lasciarono libero di movermi. Io infilai la porta, presi il cappello nell’anticamera, ed eccomi<span class="SAL">295,2,Valg</span>
da me, io le faceva la burletta del gatto, e l’ordinanza aveva libero il campo per accomodarlo a suo modo; intanto portinaia o cameriera tornavano e mi toglievano d’impiccio. Invece, cosa succede?... La portinaia e la cameriera s’incontrano per le scale e cominciano a litigare fra loro; io, dopo aver buttato a terra il gatto, con una specie di abbracciamento alla signora padrona, non so più andare nè innanzi nè indietro: quel maledetto gatto mi si ostina fra i piedi e la vecchia al collo!... Pesta di qua pesta di là riesco finalmente a metter in fuga la bestia... Ma in quella appunto, cameriera e portinaia entrano accapigliandosi fra loro e veggono me alle prese colla signora. Urla una e strilla quell’altra, credo che diedero la sveglia a tutto il vicinato. La signora era rossa più per la stizza che per la vergogna; io più pallido di spavento che di stizza: ma quella diversione mi rese i colori. Cominciai a gridare che non era nulla e che stava provando alla signora la tracolla della sciabola. La cameriera si buttò addirittura addosso alla padrona minacciandola che se non le pagava i salari le avrebbe cavato gli occhi, e che non era quella la maniera di mantenere le sue promesse che il servizio dell’ufficial francese sarebbesi lasciato tutto a lei. Intanto si udivano da basso gli ultimi miagolamenti del povero gatto sgozzato dalla mia ordinanza colle forbici della padrona che furono poi trovate tutte insanguinate. Anzi bisognerà che gli tiri le orecchie a quello sciocco per questa castroneria! Figurati che parapiglia! La signora, che m’aveva lasciato, voleva tornarmi ad abbracciare, la cameriera mi teneva pel collo, e la portinaia per l’abito; ciascuna voleva la sua parte, ma avevano fatto i conti senza l’oste. Stufo delle loro moine io diedi una tal vociata che restarono tutte e tre quasi istupidite e mi lasciarono libero di movermi. Io infilai la porta, presi il cappello nell’anticamera, ed eccomi{{SAL|295|2|Valg}}