Pagina:Il Catilinario ed il Giugurtino.djvu/22: differenze tra le versioni

Nessun oggetto della modifica
CandalBot (discussione | contributi)
m Bot: template SAL
Corpo della pagina (da includere):Corpo della pagina (da includere):
Riga 1: Riga 1:
{{Sc|mente|generalmente}} si ammira nello stile delle sue opere. Ma de’ vizii della loro rea stagione immuni furono pur, come tutti gli altri toscani, il {{AutoreCitato|Redi}}, il {{AutoreCitato|Galilei}}, ed il Bellini, e non ci è mestieri di avvisar chi studia nelle loro opere di doversi guardar da alcun contagio. Anzi le Lettere ed i Consulti medici dell’autore del più leggiadro Ditirambo, che mai siasi scritto in Italia, sono così pure e semplici di stile, che talvolta parer potrebbero soverchiamente neglette, e si vorrebbe che il Redi, scrivendole, fosse andato meno in fretta, o le avesse un poco più carezzate con la penna. Ma, quantunque non si debba negare che alcune di esse abbiano di questi picciolissimi néi, la più gran parte sono tanto leggiadre e disinvolte, che porgono un immenso diletto a leggerle, e sono pure un potente antidoto a sciogliere lo stile di quelli che troppo s’intrigano ed avviluppano dettando. E non altrimenti si ha a pensare delle poche scritture italiane del Bellini: che le sue Lettere hanno quasi la stessa spontaneità di quelle del Redi, se non vado errato, odorano alquanto più di quelle di fiorentinità; e solo ne’ Discorsi a me pare che in qualche luogo si studii un po’ troppo a dar grazia ed avvenenza alla materia ch’egli tratta, ch’è di sua natura non graziosa e severa. La filosofica precisione, la chiarezza, ed un andar libero insieme e decoroso, sono i pregi proprii dello stile del {{AutoreCitato|Galilei}}; delle cui opere tutti giovar si possono, ed in ispezialtà gli scienziati, che oggi sì stoltamente si arrovellano e dolgono della povertà della favella, e del difetto di esempii della maniera scientifica di dettare. Ai quali dir si potrebbe ancora che imparino la lingua, che studiino l’arte di acconciamente manifestare i concetti dell’animo, e poi, essendo veramente dotti della disciplina che professano, si rendano certi che più non dovranno lagnarsi di non trovar nel nostro ricchissimo e pieghevolissimo idioma i vocaboli e le dizioni acconce a significare i loro pensieri, anzi che scriveranno in modo da esser facilmente intesi, e meritarsi plauso e lode.
{{Sc|mente|generalmente}} si ammira nello stile delle sue opere. Ma de’ vizii della loro rea stagione immuni furono pur, come tutti gli altri toscani, il {{AutoreCitato|Redi}}, il {{AutoreCitato|Galilei}}, ed il Bellini, e non ci è mestieri di avvisar chi studia nelle loro opere di doversi guardar da alcun contagio. Anzi le Lettere ed i Consulti medici dell’autore del più leggiadro Ditirambo, che mai siasi scritto in Italia, sono così pure e semplici di stile, che talvolta parer potrebbero soverchiamente neglette, e si vorrebbe che il Redi, scrivendole, fosse andato meno in fretta, o le avesse un poco più carezzate con la penna. Ma, quantunque non si debba negare che alcune di esse abbiano di questi picciolissimi néi, la più gran parte sono tanto leggiadre e disinvolte, che porgono un immenso diletto a leggerle, e sono pure un potente antidoto a sciogliere lo stile di quelli che troppo s’intrigano ed avviluppano dettando. E non altrimenti si ha a pensare delle poche scritture italiane del Bellini: che le sue Lettere hanno quasi la stessa spontaneità di quelle del Redi, se non vado errato, odorano alquanto più di quelle di fiorentinità; e solo ne’ Discorsi a me pare che in qualche luogo si studii un po’ troppo a dar grazia ed avvenenza alla materia ch’egli tratta, ch’è di sua natura non graziosa e severa. La filosofica precisione, la chiarezza, ed un andar libero insieme e decoroso, sono i pregi proprii dello stile del {{AutoreCitato|Galilei}}; delle cui opere tutti giovar si possono, ed in ispezialtà gli scienziati, che oggi sì stoltamente si arrovellano e dolgono della povertà della favella, e del difetto di esempii della maniera scientifica di dettare. Ai quali dir si potrebbe ancora che imparino la lingua, che studiino l’arte di acconciamente manifestare i concetti dell’animo, e poi, essendo veramente dotti della disciplina che professano, si rendano certi che più non dovranno lagnarsi di non trovar nel nostro ricchissimo e pieghevolissimo idioma i vocaboli e le dizioni acconce a significare i loro pensieri, anzi che scriveranno in modo da esser facilmente intesi, e meritarsi plauso e lode.


Quantunque molto già mi sia disteso in questa mia lettera, e non poca noja vi abbia arrecato con parlarvi di cose che a niuno sono più note che a Voi, pur vi prego, mio egregio amico, che dobbiate concedermi che tocchi ancora di due altre, le quali non mi pajon meno importanti e gravi delle già discorse, e che non sarà certo disutile di comunicarle con voi. Perocchè,<span class="SAL">22,3,Alex brollo</span>
Quantunque molto già mi sia disteso in questa mia lettera, e non poca noja vi abbia arrecato con parlarvi di cose che a niuno sono più note che a Voi, pur vi prego, mio egregio amico, che dobbiate concedermi che tocchi ancora di due altre, le quali non mi pajon meno importanti e gravi delle già discorse, e che non sarà certo disutile di comunicarle con voi. Perocchè,{{SAL|22|3|Alex brollo}}