Pagina:Rivista italiana di numismatica 1889.djvu/505: differenze tra le versioni

 
Nessun oggetto della modifica
Corpo della pagina (da includere):Corpo della pagina (da includere):
Riga 1: Riga 1:
e copulare se ne potrebbero ancora, ed il {{AutoreCitato|Gian Rinaldo Carli|conte Carli}} comprovò la rinomanza di cui godettero nel medio evo.
e copulare se ne potrebbero ancora, ed il {{AutoreCitato|Gian Rinaldo Carli|conte Carli}} comprovò la rinomanza di cui godettero nel medio evo.


Io non sono da tanto per addossarmene l’impresa non possedendo che ben pochi di quei nummi antichi; né agio avendo di consultare sul luogo i documenti necessarii all’uopo. Sono quindi costretto benché in altro tempo ne abbia avuto il prurito<ref>Sono 18 anni dacché, avendo avuto l’onore di fare la conoscenza col signor {{AutoreCitato|Luigi Malaspina di Sannazaro|Marchese Luigi Malaspina}} di Pavia, chiarissimo letterato, fai richiesto della mia opinione sa di una moneta antica di quella Zecca da esso posseduta, appartenente ad un Arrigo, al che mi prestai, scrivendo una Memoria, Pago essendone rimasto, anche per il giudizio che gliene diede il {{AutoreCitato|Ottavio Castiglioni|Conte C. O. Castiglioni}}, mi pregò di aiutarlo a fare una collezione di monete patrie, che aggiungere voleva al generoso legato dol suo palazzo, ricco di monumenti antichi longobardici e della copiosa galleria di quadri e singolarmente di stampe, alla sua città natale. Io ne avevo contratto Timpegno, e mi oro inoltre esibito di corredarle d’illustrazioni analoghe, locchò infino mi avrebbe condotto a scriverne la storia, allorché nelP anno dopo fu colpito dalla morte. {{A destra|(Nota dell’A.)}}</ref>
Io non sono da tanto per addossarmene l’impresa non possedendo che ben pochi di quei nummi antichi; né agio avendo di consultare sul luogo i documenti necessarii all’uopo. Sono quindi costretto benché in altro tempo ne abbia avuto il prurito<ref>Sono 18 anni dacché, avendo avuto l’onore di fare la conoscenza col signor {{AutoreCitato|Luigi Malaspina di Sannazaro|Marchese Luigi Malaspina}} di Pavia, chiarissimo letterato, fai richiesto della mia opinione sa di una moneta antica di quella Zecca da esso posseduta, appartenente ad un Arrigo, al che mi prestai, scrivendo una Memoria, Pago essendone rimasto, anche per il giudizio che gliene diede il {{AutoreCitato|Carlo Ottavio Castiglione|Conte C. O. Castiglioni}}, mi pregò di aiutarlo a fare una collezione di monete patrie, che aggiungere voleva al generoso legato dol suo palazzo, ricco di monumenti antichi longobardici e della copiosa galleria di quadri e singolarmente di stampe, alla sua città natale. Io ne avevo contratto Timpegno, e mi oro inoltre esibito di corredarle d’illustrazioni analoghe, locchò infino mi avrebbe condotto a scriverne la storia, allorché nelP anno dopo fu colpito dalla morte. {{A destra|(Nota dell’A.)}}</ref>
di traversare inosservati nove secoli, dal VI al XIV (in ciò seguendo d’altronde il mio proposito) e di portarmi all’epoca in cui la Zecca di Pavia, scaduta dalla dignità imperatoria, diede fuori, con guadagno dell’onore nazionale, nummi improntati del nome dei Signori di casa Visconti. Questo avvenimento verificossi nel governo del secondo Galeazzo, fra il 1354 e 1378; poiché, sebbene la città fosse stata conquistata da Matteo I fino dal 1315, né questo principe né gli altri suoi discendenti che gli succedettero, usarono della facoltà sovrana di battere moneta. Il famoso Conte di Virtù, figlio di Galeazzo II predetto, la tenne inoperosa, in errore essendo caduto il conte Carli che nominò una moneta il ''pegione''<ref>Volume I.</ref>, siccome fabbricata in quella Zecca<span class="SAL">505,3,Carlomorino</span>
di traversare inosservati nove secoli, dal VI al XIV (in ciò seguendo d’altronde il mio proposito) e di portarmi all’epoca in cui la Zecca di Pavia, scaduta dalla dignità imperatoria, diede fuori, con guadagno dell’onore nazionale, nummi improntati del nome dei Signori di casa Visconti. Questo avvenimento verificossi nel governo del secondo Galeazzo, fra il 1354 e 1378; poiché, sebbene la città fosse stata conquistata da Matteo I fino dal 1315, né questo principe né gli altri suoi discendenti che gli succedettero, usarono della facoltà sovrana di battere moneta. Il famoso Conte di Virtù, figlio di Galeazzo II predetto, la tenne inoperosa, in errore essendo caduto il conte Carli che nominò una moneta il ''pegione''<ref>Volume I.</ref>, siccome fabbricata in quella Zecca<span class="SAL">505,3,Carlomorino</span>