Pagina:L'asino d'oro.djvu/285: differenze tra le versioni

 
Panz Panz (discussione | contributi)
Stato della paginaStato della pagina
-
Pagine SAL 75%
+
Pagine SAL 100%
Corpo della pagina (da includere):Corpo della pagina (da includere):
Riga 1: Riga 1:
{{Pt|bianchiti|imbianchiti}}, mostrando averli in tal luogo posti per asciugarli. Così avendolo al suo parere cautamente nascosto, si pone con noi a cena, con fronte sicura. Fra questo mezzo il giovane dal grave odore del zolfo assalito, non potendo fiatare, stava in molta pena. E la natura di quello vivace metallo lo mosse a sternutare. Era costui vicino alle spalle della donna collocato, e però nel primo sternuto essa sotto la mensa appiattandosi mostrò che da lei ciò procede. Il marito con le usate parole le augurò salute, ma seguendo il secondo e il terzo subitamente, non potè lei ben simulare. Onde gittata per terra la mensa, il marito scopre quella gabbia, e tranne fuora un uomo, che a gran fatica potea più fiatare. Egli infiammato dall’ira, e dallo sdegno torna per un coltello, e certamente lo avrebbe ucciso se io, che per me temea esser giudicato da magistrati consapevole di quella morte, non l’avessi vietato. Anzi lo confortai a portarselo di casa, perchè ad ogni modo senza altro male per sè stesso morrebbe. E così io, e lui lo ponemmo nella strada, la moglie fuggì ancor lei in questo romore, e io mi tornai a casa per non stare in quello incendio. Dicendo il pistore queste parole la sua moglie, a cui le cose mal fatte biasimava, incominciando al marito, che geloso era, e però delle ben fatte si provedea, cominciò allora la moglie prosuntuosa, e maldicente appellare colei perfida, disonesta, e universale vergogna di tutto il sesso femminile: la quale gittatosi dopo le spalle l’onor suo, la casa del marito avea fatto un bordello, e che perduto il nome della maritale dignità, quello d’una meretrice acquisto si avea. E certamente dicea si vorrebbono queste tali ardere vive. Ma tuttavia punta dalla sua maculata coscienza per potere il suo amante trarre più presto di pena, al marito suadeva, che se ne andasse a dormire. Esso che cenato non avea, negava poter dormire mai senza cena, e dicendo lei non essere assueta a cuocere alcuna cosa non vi essendo lui, li pone innanzi noci, e pome, non recando niente della cena destinata ad altrui. Ma io che la <noinclude>pre-</noinclude><span class="SAL">285,3,Candalua</span>
{{Pt|bianchiti|imbianchiti}}, mostrando averli in tal luogo posti per asciugarli. Così avendolo al suo parere cautamente nascosto, si pone con noi a cena, con fronte sicura. Fra questo mezzo il giovane dal grave odore del zolfo assalito, non potendo fiatare, stava in molta pena. E la natura di quello vivace metallo lo mosse a sternutare. Era costui vicino alle spalle della donna collocato, e però nel primo sternuto essa sotto la mensa appiattandosi mostrò che da lei ciò procede. Il marito con le usate parole le augurò salute, ma seguendo il secondo e il terzo subitamente, non potè lei ben simulare. Onde gittata per terra la mensa, il marito scopre quella gabbia, e tranne fuora un uomo, che a gran fatica potea più fiatare. Egli infiammato dall’ira, e dallo sdegno torna per un coltello, e certamente lo avrebbe ucciso se io, che per me temea esser giudicato da magistrati consapevole di quella morte, non l’avessi vietato. Anzi lo confortai a portarselo di casa, perchè ad ogni modo senza altro male per sè stesso morrebbe. E così io, e lui lo ponemmo nella strada, la moglie fuggì ancor lei in questo romore, e io mi tornai a casa per non stare in quello incendio. Dicendo il pistore queste parole la sua moglie, a cui le cose mal fatte biasimava, incominciando al marito, che geloso era, e però delle ben fatte si provedea, cominciò allora la moglie prosuntuosa, e maldicente appellare colei perfida, disonesta, e universale vergogna di tutto il sesso femminile: la quale gittatosi dopo le spalle l’onor suo, la casa del marito avea fatto un bordello, e che perduto il nome della maritale dignità, quello d’una meretrice acquisto si avea. E certamente dicea si vorrebbono queste tali ardere vive. Ma tuttavia punta dalla sua maculata coscienza per potere il suo amante trarre più presto di pena, al marito suadeva, che se ne andasse a dormire. Esso che cenato non avea, negava poter dormire mai senza cena, e dicendo lei non essere assueta a cuocere alcuna cosa non vi essendo lui, li pone innanzi noci, e pome, non recando niente della cena destinata ad altrui. Ma io che la <noinclude>pre-</noinclude><span class="SAL">285,4,Panz Panz</span>