Pagina:Otello - La tempesta - Arminio e Dorotea, Maffei, 1869.djvu/327: differenze tra le versioni

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<poem>
<!--testo-->
Dove cresce il selvatico pometo,
Scavar colle mie lunghe ugne i tartufi,
Mostrarti il nido della gazza, e l’arte
Che la scimia scaltrita al laccio attrappa.
Meco ai boschi verrai delle pendenti,
Dolci avellane, e i crocali novelli
Ti piglierò sui gioghi erti del monte.
Ti accompagni con me?

{{Sc|stefano.}}
La via ne addita,
E lascia il cinguettio. Trinculo, ascolta!
Ora che il nostro re con tutti i suoi
Näufragàr, dell’isola il possesso
Prendiam noi quali eredi.
{{smaller|''(A Calibano.)''}}
Il fiasco mio
Portalo tu. ― Di nuovo empirgli il ventre,
Fratel Trinculo, vogliam noi.

{{Sc|calibano.}}
Maestro!
Schiavo tuo più non son, Maestro, addio!

{{Sc|stefano.}}
Vocia il mostro briaco a squarcia gola.

{{Sc|calibano.}}
«Pesci al vivajo più non darò;
Più legna al foco non porterò,
Nè più la mensa sparecchierò,
Nè piatti e vasi più laverò.»
Can‐Can‐Can Ca liban mutò padrone.
</poem><span class="SAL">82,3,Farox84</span>