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sparsa d’una peluria dura di argento, luccicava come un vetro al riverbero della lucernetta ch’egli teneva in mano.
sparsa d’una peluria dura di argento, luccicava come un vetro al riverbero della lucernetta ch’egli teneva in mano.
—A quest’ora, con questo tempo? tu devi averne fatta una delle tue. Hai giocato eh? hai giocato dalla zietta e hai perduto ancora, malandrino. Capisco dagli occhi che hai perduto. Quel tuo povero padre ha un bel risparmiare il quattrino e un bel mangiarsi il fegato, ma la testa non te l’aggiusta più. Io, se di una cosa mi contento, è d’essere solo al mondo come un vecchio cane, piuttosto che d’aver dei figliuoli che mi mangiano il sugo degli ossi.
— A quest’ora, con questo tempo? tu devi averne fatta una delle tue. Hai giocato eh? hai giocato dalla zietta e hai perduto ancora, malandrino. Capisco dagli occhi che hai perduto. Quel tuo povero padre ha un bel risparmiare il quattrino e un bel mangiarsi il fegato, ma la testa non te l’aggiusta più. Io, se di una cosa mi contento, è d’essere solo al mondo come un vecchio cane, piuttosto che d’aver dei figliuoli che mi mangiano il sugo degli ossi.
—Quando avrai finito, Botola, raccomanda l’elemosina.
— Quando avrai finito, Botola, raccomanda l’elemosina.
—Vieni, siediti. Sai che io ti ho sempre dato dei buoni pareri. Con tuo padre siamo vecchi amici. Abbiamo cominciato a far degli affari insieme sul mercato di Porta Ticinese, qualche anno prima del quarantotto. Tuo nonno, che chiamavano il Valsassina, aveva un botteghino di liquori laggiù, presso Sant’Eustorgio, e mentre gli italianoni facevano alle barricate di fuori e di dentro, noi abbiamo quietamente introdotto qualche dozzina di brente di spirito senza pagare il dazio. C’era altro a pensare in quelle giornate che a curare chi frodava. Gli altri gridavano: Viva l’Italia! Viva Pio Nono! (con quel bel costrutto che s’è visto), e noi intanto si facevano i nostri bravi interessi. Quello fu il principio della fortuna di tuo padre che, bisogna riconoscerlo, non ha mai fatto i corni alla fortuna, come tu, animale, li fai alla tua legittima consorte. La sorte gli ha soffiato di dietro, e oggi il sor Maccagno può aspirare a esser cavaliere come ogni altro italianone,
— Vieni, siediti. Sai che io ti ho sempre dato dei buoni pareri. Con tuo padre siamo vecchi amici. Abbiamo cominciato a far degli affari insieme sul mercato di Porta Ticinese, qualche anno prima del quarantotto. Tuo nonno, che chiamavano il Valsassina, aveva un botteghino di liquori laggiù, presso San Eustorgio, e mentre gli italianoni facevano alle barricate di fuori e di dentro, noi abbiamo quietamente introdotto qualche dozzina di brente di spirito senza pagare il dazio. C’era altro a pensare in quelle giornate che a curare chi frodava. Gli altri gridavano: Viva l’Italia! Viva Pio Nono! (con quel bel costrutto che s’è visto), e noi intanto si facevano i nostri bravi interessi. Quello fu il principio della fortuna di tuo padre, che, bisogna riconoscerlo, non ha mai fatto i corni alla fortuna come tu, animale, li fai alla tua legittima consorte. La sorte gli ha soffiato di dietro, e oggi il sor Maccagno può aspirare a esser cavaliere come ogni altro italianone,<span class="SAL">328,4,Gimilzor</span>