Pagina:Zibaldone di pensieri II.djvu/297: differenze tra le versioni

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<section begin=1 /><!--{{ZbPagina|942}}-->derivata certo in grandissima parte, e derivare dal non aver essi alfabeto né lettere, (l. cit. Rémusat, Saggio sulla lingua e letteratura Chinese, dal Magasin Encyclopédique, p. 324. fine) ma caratteri esprimenti le cose e le idee cioè un dato numero di caratteri elementari e principali rappresentanti le principali idee, i quali si chiamano chiavi, e sono nel sistema di alcuni dotti Chinesi 214, (ivi p. 313.319) in altri sistemi molto piú, in altri molto meno, (ivi p. 319). ma il sistema delle 214 è il piú comune e il piú seguito da’ letterati chinesi nella compilazione de’ loro dizionarii. I quali caratteri elementari o chiavi diversamente combinati fra loro (come ponendo ''sopra'' la chiave che rappresenta i ''campi'', l’abbreviatura di quella che rappresenta le ''piante'', si fa il segno o carattere che significa o rappresenta ''primizia dell’erbe e delle messi''<nowiki>; e ponendo questo medesimo carattere </nowiki>''sotto'' la chiave che rappresenta gli ''edifizi'', si fa il carattere che significa ''tempio'', cioè luogo dove si offrono le primizie (l. cit. p. 314)) servono ad esprimere o rappresentare le altre idee: essendo però le dette combinazioni convenute, e gramaticali, come lo sono le chiavi elementari; altrimenti non s’intenderebbero (pag. 319. fine). Nel qual modo e senso un buon dizionario chinese, secondo Abel-Rémusat (Essai sur la langue et la littérature chinoise. Paris 1811. l. cit. p. 320). dovrebbe contenere 35,000 <section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|943}} ''caratteri'' come ne contiene il Tching-tseu-toung, uno de’ migliori Dizionari che hanno i chinesi; secondo il Dott. Hager, (Panthéon Chinois. Paris 1806. in-fol. Préface). basterebbero 10,000 (ivi, e p. 311. nota). La quale scrittura in somma appresso a poco è la stessa che la ieroglifica. Paragonate gli Annali ec. sopracitati, vol. 5. num.14. Hammer, Alfabeti antichi e caratteri ieroglifici spiegati, artic. del Crit. Rew. p. 144.-147. col vol. 8. n.24. p. 297.-298. e p. 313. 320. Questo paragone l’ho già fatto, e trovatolo giusto (14 aprile 1821). Vedi p. {{ZbLink|944}}. capoverso 2.<section end=2 />
<section begin=1 /><!--{{ZbPagina|942}}-->derivata certo in grandissima parte, e derivare dal non aver essi alfabeto né lettere, (lib. cit. {{Sc|Rémusat}}, ''Saggio sulla lingua e letteratura Chinese'', dal ''Magasin Encyclopédique'', p. 324, fine), ma caratteri esprimenti le cose e le idee cioè un dato numero di caratteri elementari e principali rappresentanti le principali idee, i quali si chiamano chiavi e sono, nel sistema di alcuni dotti chinesi, duecentoquattordici, (ivi p. 313-319), in altri sistemi molto piú, in altri molto meno, (ivi, p. 319), ma il sistema delle duecentoquattordici è il piú comune e il piú seguito da’ letterati chinesi nella compilazione de’ loro dizionarii. I quali caratteri elementari o chiavi diversamente combinati fra loro (come ponendo ''sopra'' la chiave che rappresenta i ''campi'', l’abbreviatura di quella che rappresenta le ''piante'', si fa il segno o carattere che significa o rappresenta ''primizia dell’erbe e delle messi''; e ponendo questo medesimo carattere ''sotto'' la chiave che rappresenta gli ''edifizi'', si fa il carattere che significa ''tempio'', cioè luogo dove si offrono le primizie (loc. cit., p. 314)) servono ad esprimere o rappresentare le altre idee: essendo però le dette combinazioni convenute e gramaticali come lo sono le chiavi elementari; altrimenti non s’intenderebbero (pag. 319, fine). Nel qual modo e senso un buon dizionario chinese, secondo Abel-Rémusat (''Essai sur la langue et la littérature chinoise'', Paris, 1811, loc. cit., p. 320) dovrebbe contenere trentacinquemila <span class="SAL">297,3,Alex brollo</span><section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|943}} ''caratteri'', come ne contiene il Tching-tseutoung, uno de’ migliori dizionari che hanno i chinesi; secondo il Dott. Hager (''Panthéon Chinois'', Paris 1806, in-fol., ''Préface'') basterebbero diecimila (ivi, e p. 311, nota). La quale scrittura in somma appresso a poco è la stessa che la ieroglifica. Paragonate gli ''Annali'' ec. sopracitati, vol. V, num. 14; Hammer, ''Alfabeti antichi e caratteri ieroglifici spiegati'', artic. del ''Crit. Rev''., p. 144.-147, vol. IX, n. 24, p. 297-298. e p. 313-320. Questo paragone l’ho già fatto e trovatolo giusto (14 aprile 1821). Vedi p. {{ZbLink|944}}, capoverso 2.<span class="SAL">297,3,Alex brollo</span><section end=2 />