Specchio di vera penitenza/Distinzione quinta/Capitolo quarto/Qui si dimostra come il prete confessore dee avere, colla scienzia, discrezione, e spezialmente in quattro cose

Distinzione quinta - Capitolo quarto - Qui si dimostra come il prete confessore dee avere, colla scienzia, discrezione, e spezialmente in quattro cose

../Qui si dimostra chente e quale dee essere il confessoro ../Qui si dimostra come il confessoro dee fare l’assoluzione e degli scomunicati e degli altri peccatori IncludiIntestazione 2 dicembre 2014 75% Da definire

Distinzione quinta - Capitolo quarto - Qui si dimostra come il prete confessore dee avere, colla scienzia, discrezione, e spezialmente in quattro cose
Capitolo quarto - Qui si dimostra chente e quale dee essere il confessoro Capitolo quarto - Qui si dimostra come il confessoro dee fare l’assoluzione e degli scomunicati e degli altri peccatori
[p. 127 modifica]

Qui si dimostra come il prete confessoro dee avere, colla scienzia, discrezione, e spezialmente in quattro cose


Tra l’altre cose che spezialmente conviene che abbia il confessoro, si è iscienza con discrezione. Dee avere scienza e senno molto eccellentemente, o almeno molto convenevolmente; e tanta quanta è necessaria1 all’esecuzione dell’ordine. Onde, in quanto ha a dire la messa e l’altro divino uficio, è tenuto di sapere tanta gramatica che sappia bene profferire le parole e bene accentuare, e spezialmente le parole sagramentali; e anche ch’egli intenda quello che dice e legge, almeno secondo la lettera. Onde, in quanto egli è ministro de’ sagramenti, dee sapere quale è la debita materia di ciascuno sagramento, e quale è la debita forma e ’l modo come si debbono i sagramenti dispensare. In quanto egli è dottore, dee sapere almeno quali sono gli articoli della Fede, i sagramenti della Chiesa, i comandamenti della Legge. In quanto egli è giudice della conscienza, dê sapere distinguere e discernere tra peccato e peccato. E questo è quello che si disse di sopra, ch’egli dovea avere2 iscienzia con discrezione; imperò ch’egli dee avere discrezione in quattro cose in verso il peccatore che si confessa. In prima, dee sapere discernere l’uno peccato dall’altro,3 quale sia grave e quale sia leggiere, e qual più grave; qual sia veniale e quale mortale. Dee sapere discernere e conoscere anche quali sono le cagioni del peccato, per insegnarle confessare e schifare: chè alcuno peccato si commette per ignoranza; e tale ignoranza talvolta non iscusa e non rileva il peccato,4 anzi l’aggrava: alcuno per certa malizia, alcuno per temenza, alcuno per [p. 128 modifica]violenza, alcuno per povertà, alcuno per mala compagnia e per opportunitade. Anche dee avere discrezione in sapere riprendere il peccatore, e soavemente e aspramente, secondo che richiede il peccato e la condizione della persona. Somigliantemente dee essere discreto in sapere confortare, consolare, consigliare e ammaestrare, secondo che richiede la materia e ’l bisogno; e avere compassione al peccatore, e non essere spietato né crudele, come fu uno del quale si legge scritto da Cesario.

Uno monaco fu dell’Ordine di Cestella, che sendo già prete sagrato, uscì dell’Ordine, e diventò malandrino e rubatore di strada. Ed essendo una volta all’assedio d’uno castello, fu ferito5 d’una saetta a morte. E pregato da molti che si confessasse, avvegna che prima se ne rendesse malagevole, poi, chiamato il prete, cominciò a dire i suoi peccati. Al quale tanta contrizione diede Iddio, e tante lagrime soprabbondarono con doloroso pianto, che ’nterrompendosi el fiato e le parole, non poteva i suoi peccati dire. Alla fine, respirando un poco, prese a confessare i suoi peccati, dicendo com’egli era stato grande malfattore e disperato peccatore. – Io sono appóstata della religione; io rubatore di strada; io micidiale di molti uomini; i’ho6 arse molte case; io sforzatore di mogli e di figliuole altrui: e altri mali assai ho fatti nella vita mia. – Udendo il prete istolto gli scellerati e gravi peccati, con indegnazione rivolgendosi inverso il peccatore, disse: – Tu se’ figliuolo del diavolo: tanti peccati e sì gravi non ti potrebbono mai essere perdonati, e io non te ne darei penitenzia. – Rispose il peccatore: – Che dite voi? Io sono cherico, e so che la Scrittura dice, in qualunche ora il [p. 129 modifica]peccatore si converte e piagne il suo peccato, che Dio lo riceve a misericordia, quantunche sia grande peccatore. Io vi priego per la misericordia di Dio, che voi m’ingiugniate qualche penitenzia. – E dicendo il prete che non sapea che penitenzia gli si dovesse dare, con ciò fosse cosa che fosse perduto e dannato: – E da che non me la volete imporre voi, io stesso la me la ’mpongo (disse il peccatore), e impongomi domilia anni a dovere stare nel purgatoro; dopo i quali mi faccia Iddio la sua misericordia. Solamente vi priego che debbiate scrivere i miei peccati, e presentargli7 al tale vescovo mio zio, che faccia pregare Iddio per me. – E questo detto, e il prete promettendo di fare, morì. Ricevendo il vescovo la scritta8 de’ peccati del nipote suo e della sua morte, pianse, e disse: – Io l’amai nella vita, e nella morte9 l’amerò. – E ordinò che per tutto il suo vescovado tutto quello anno si dicesse messe e orazioni per l’anima sua. Compiuto l’anno, apparì il nipote al zio, tutto magro e smorto, rendendo grazie che, per quello ch’era fatto per lui, gli erano rimessi e perdonati mille anni di penitenza; e che se si facesse il simile il secondo anno, sarebbe al tutto diliberato. Facendo il vescovo il secondo anno come avea fatto il primo, nella fine dell’anno apparì il morto al vescovo, mentre che diceva la messa per lui, in una cocolla candida come neve, e colla faccia fresca e chiara, dicendo al vescovo: – Iddio tel meriti per me, padre mio, chè per la tua bontà io sono diliberato delle pene del purgatoro, e vonne a paradiso.10

Anche dee essere il confessoro nello ’mporre la penitenzia discreto, secondo che richiede il peccato maggiore e minore, e secondo la condizione della persona: chè alcuna cosa puote fare e sostenere una persona, che non può l’altra. E però [p. 130 modifica]dee discretamente considerare la persona, s’ell’è sana o inferma, giovane o vecchia, ricca o povera, libera o serva, legata a matrimonio e a obbedienzia o sciolta, e s’ ell’è più volte ricaduta in que’ medesimi peccati. E se non trovasse la persona ben disposta a portare la penitenzia che si conviene, non la lasci partire alla rotta sanza penitenzia, ma inducala a ricevere la debita penitenzia. E se pure non la può inchinare, diele alcuna penitenzia, significandole la penitenzia che a’ suoi peccati s’avviene;11 e che quella che non farà in questa vita, la farà più aspra e grave nel purgatoro: e non la lasci sanza penitenzia. E di ciò si legge uno essemplo.

Iscriversi nel libro de’ Sette Doni, che certi pirrati, cioè corsari e rubatori di mare, essendo una volta in grande fortuna e tempesta, temendo di morte, si botarono che se scampassono, si confesserebbono e lascerebbono il peccato. Liberati del pericolo, andarono adempiere il voto. Tra gli altri, quello ch’era principale e capitano, s’andò a confessare a uno romito; il quale udendo i gravi e molti peccati ch’egli avea, duramente lo riprese, dicendo che di quelli peccati nollo proscioglierebbe egli, e non gl’imporrebbe penitenzia; ma convenía ch’egli andasse al papa. E dicendo il malfattore che non era acconcio d’andare al papa, e pregando il romito che gli desse la penitenzia, e egli avea fede che gli sarebbe valevole appo Dio; non volendo il romito acconsentire, il pirrato, fortemente adirato, diè di mano al coltello, e sì l’uccise. E nondimeno volendo adempiere il voto, andò a un altro prete; e confessando il peccato suo e l’omicidio ch’avea fatto del romito, adirandosi il prete, e dicendo che pur per quello omicidio, se non avesse altri peccati, gli convenía andare al papa, e che per sé non lo proscioglierebbe né [p. 131 modifica]darebbe penitenzia veruna; adirato il malfattore, giurò che, da che non gli volea dare penitenzia, che la darebbe a lui; e che se pure al papa gli convenia andare, che v’andrebbe anche per lui: e sì l’uccise. Venendo al terzo confessoro, e confessando i vecchi peccati e’ nuovi, udendo il confessoro ch’egli avea morti due confessori, disse fra sé medesimo: – Me non ucciderai tu: – e benignamente favellandogli o confessandolo, solamente gl’impose per penitenzia, che quando vedesse alcuno morto, lo dovesse accompagnare alla fossa e porre la mano ad aiutarlo soppellire, e pensasse della morte. Ricevette volentieri la penitenzia il peccatore, e partissi contento. E facendo la penitenzia ingiunta una volta o più fedelmente, prendendo orrore della morte, e considerato lo stato suo, compunto, n’andò al diserto; e preso abito di Religione, vivette in santa penitenzia in fino alla morte.

Ag’infermi non si vuole imporre penitenzia veruna, ma imporre loro che se guariscono, tornino in fra certo termine a stare a’ comandamenti della Chiesa, e ricevere degna12 penitenzia.

Note

  1. Nel testo: è necessità.
  2. Abbrevia il Manoscritto: è quello che si dice avere ec.
  3. Ediz. 95 e 85: discernere i peccati l'uno dall'altro.
  4. Lodevole lezione del nostro Manoscritto.
  5. L'edizione del 25 aggiunge qui in vano, come a noi sembra, duramente; e il nostro Manoscritto: fu ferito duramente a morte.
  6. Tutte le stampe, come il Testo a penna, leggono: io arse; ma non temiamo di avere oltrepassato la facoltà che ad ogni editore, per quanto fedele, è concessa, collo sciogliere quella prima parola come si è fatto.
  7. Nel Testo: che scriviate i miei peccati, e presentategli.
  8. Ivi: la lettera.
  9. Così ancora il Salviati. L'edizione del 25: e dopo la morte; e men bene l'antica stampa: et dopo la vita.
  10. L'edizione del 95 e il Salviati: vommene. E nel codice è scritto: apparadiso.
  11. Concordano il Manoscritto e l'edizione del Salviati in una lezione che niuno vorrà lodare di molta lucidezza: la penitenzia de'suoi peccati (o che de'suoi peccati) si viene. Meglio in quella del primo secolo: che de'suoi peccati si conviene.
  12. Nel Manoscritto: vera.