Scritti sulla storia della astronomia antica - Volume II/III. - Appendice - Rassegne bibliografiche, traduzioni/XVI. - Sulla nuova Storia delle Matematiche pubblicata dal prof. M. Cantor

XVI. - Sulla nuova Storia delle Matematiche pubblicata dal prof. M. Cantor

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XVI. - Sulla nuova Storia delle Matematiche pubblicata dal prof. M. Cantor
III. - Appendice - Rassegne bibliografiche, traduzioni - XV. - Cenno dei recenti studi del d.r Cantor sulla Storia dell'Agrimensura III. - Appendice - Rassegne bibliografiche, traduzioni - XVII. - A proposito di un nuovo trattato di Cronologia Astronomica

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XVI.

SULLA NUOVA STORIA DELLE MATEMATICHE

PUBBLICATA DAL PROF. M. CANTOR

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Dai Rendiconti del Reale Istituto Lombardo, Serie II, Vol. XIV, Milano, 1881. (Comunicazione letta nell’adunanza del 10 febbraio 1881).




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Il prof. Maurizio Cantor di Heidelberga, nostro socio corrispondente, presenta in dono al R. Istituto Lombardo il primo volume di una nuova Storia delle Matematiche da lui composta1. Trattandosi di un’opera capitale, che sarà letta per molti anni, e citata da molti scrittori, io mi permetto di renderne conto forse con larghezza un po’ maggiore di quanto richieda l’uso di simili presentazioni presso di noi.

Non ripeto semplicemente una frase stereotipata dall’uso, ma affermo una pura e semplice verità (di cui tutti i matematici qui presenti possono far testimonio), quando io dico che il prof. Cantor con questo suo grande lavoro riempie una lacuna da lungo tempo e da molti deplorata. L’opera fondamentale sulla storia delle matematiche era ancor sempre quella di Montucla, di cui la prima edizione vide la luce verso la metà del secolo scorso. Il Montucla, educato a quella forte scuola di eruditi francesi, che produsse Fréret, d’Anville, Bailly e tanti altri, adempì il suo intento nel modo che allora si poteva migliore; e la maggior prova dell’eccellenza del suo lavoro sta nel primato, che conservò fino ad oggi fra tutte le altre storie di simil genere pubblicate posteriormente nell’intervallo di più d’un secolo. Le quali, parte perchè ristrette ad una sola nazione o ad un sol ramo delle matematiche, parte perchè troppo concise e qualche volta troppo superficiali (parecchie sono compilazioni tratte dal Montucla stesso) non poterono soddisfare ai desideri degli studiosi in modo conveniente e completo. [p. 305 modifica]

Ma, come tutti gli studi storici, così pure quelli concernenti l’origine e il progresso delle matematiche avevano fatto grandi progressi dopo la prima pubblicazione di quella storia: tanto, che il Montucla stesso, già di età grave, volle sul finire del secolo scorso tentarne una seconda edizione. Suo disegno era di condurla fino al 1800, laddove nella prima edizione il racconto di poco oltrepassava il 1700 e terminava colla invenzione del calcolo sublime. L’impresa non riuscì a seconda dell’intenzione; dopo ripubblicata l’antica storia con alcune addizioni divenute necessarie, Montucla fu rapito ai viventi nel 1799, non avendo compiuto che una piccola parte della narrazione concernente il secolo XVIII. La Lande, celebre astronomo suo amico e principale fautore, compi l’opera aggiungendo due volumi ai due già pubblicati; al che parte si valse dei materiali già raccolti da Montucla e parte contribuì del suo. Malgrado tali cure, e malgrado la copia delle notizie che essi contengono, questi due volumi sono riusciti grandemente inferiori ai due primi, e possiam dire, che l’istoria delle matematiche dopo Newton e Leibnitz è ancora da scrivere. Montucla aveva voluto abbracciare nel suo piano tutte le matematiche pure e miste, dall’aritmetica e dalla geometria fino alla meccanica pratica, all’ottica, all’astronomia, all’idraulica; nè avea ricusato d’occuparsi anche della musica, considerata nel senso che a questa parola attribuivano i Greci. Sì grande e varia impresa era ancora possibile per le età antiche, e per ciò che si può chiamare il Medio Evo di queste scienze, sino al finire del secolo XVII. Ma l’estenderla a tempi più recenti non poteva essere compito di un solo uomo, per quanto sagace ed erudito.

Questi ed altri ostacoli, che rendono oltremodo difficile ad un moderno scrittore il narrare in modo adeguato tutta la storia delle matematiche, sembrano aver per circa 70 anni distolto tutti dall’accingersi ad un’opera comparabile a quella del Montucla. Per qualche tempo si sperò ottenerla da Ermanno Hankel, professore di Tubinga, il quale vi si era disposto con forti e severi studi. Hankel disegnava di preparare le sue forze all’arduo cimento, facendo precedere alla grande Storia un’altra più compendiosa. Ma neppur questo bozzetto del maggior quadro potè egli condurre a termine, rapito nel 1873 da morte immatura. I frammenti che ne furono pubblicati in [p. 306 modifica]edizione postuma2 dimostrano, che già la storia minore sarebbe riuscita per sè un’opera assai importante, e tanto più fecero deplorare che Hankel non abbia potuto por mano all’opera più estesa.

Ad Hankel succede ora nel difficilissimo arringo il nostro socio corrispondente prof. Cantor. Poche persone possono con diritto pari al suo aspirare a raccogliere una così pesante eredità. Da trent’anni circa egli ha rivolto a questa materia le sue cure, ed oltre ad un numero considerevole di scritti minori raccolti per la maggior parte nella sezione storica del giornale matematico di Schlömilch, ha pubblicato due opere sull’argomento dove sono trattate le più difficili questioni della matematica antica e di quella del Medio-Evo3. Per evitare la causa principale dell’insuccesso da altri incontrato, il professore Cantor fin da principio stabilì di limitare rigorosamente la sua trattazione alle matematiche pure, le quali appena occupano un terzo dell’opera di Montucla. Ristretto così il campo, la materia divenne più uniforme e più facile a dominare; ma in compenso la quantità di nuovi fatti e di nuovi studi, dei quali l’Autore ha dovuto render conto, ha dato alla sua narrazione un’estensione molto maggiore che quella di Montucla non avesse4. Un tale aumento di fatti e di notizie si poteva prevedere in parte; ma esso è riuscito maggiore [p. 307 modifica]dell’aspettazione, e non si può ben persuadersene che coll’esperienza, percorrendo cioè il contenuto di questo primo volume, dal quale è dato argomentare del carattere dell’opera intiera. Ben è vero, che fra i due scrittori stanno le opere e le ricerche di Cossali, Libri, Colebrooke, Chasles, Nesselmann, Woepke, H. Martin, Bretschneider, Vincent, Friedlein, Hultsch, Sédillot, Boncompagni, Hankel, Todhunter, Günther, Cantor stesso, ed altri molti che sarebbe troppo lungo citare; e che numerosissime memorie sopra punti speciali di storia delle matematiche furon pubblicati negli atti delle società e nelle opere periodiche, specialmente nel già citato giornale di Schlomilch5, e nel Bullettino del principe Boncompagni: miniere ricchissime, d’onde l’Autore ha dovuto trascegliere per la sua narrazione molti eletti materiali.

Già nella prima sezione, che riguarda la matematica degli Egiziani, ci troviamo sopra un terreno nuovamente acquistato. Il sistema di numerazione parlato e scritto da quel popolo non fu rivelato che dai lavori di Champollion; e nozioni positive sull’aritmetica e sulla geometria degli Egiziani si ebbero per la prima volta soltanto quando il celebre egittologo Eisenlohr, superando difficoltà poco ordinarie e creando da sè l’istrumento dell’interpretazione, riuscì a penetrare il senso del celebre papiro matematico di Aahmes, la cui origine risalirebbe ai Pastori, od anzi alla XII dinastia, ai tempi di Ammeneme III (22 o 25 secoli a. C.). Questo papiro, di cui altre volte ebbi l’onore di dar qualche cenno all’Istituto colla scorta del professor Cantor6, forma la base principale della sua esposizione storica; alla quale per altro le tradizioni classiche e l’interpretazione data da Lepsius delle iscrizioni geometriche del tempio d’Edfu somministrarono utili ed importanti addizioni.

Nella sezione seconda, consacrata ai Babilonesi, troviamo pure molte notizie provenienti dai nuovi studi sulle iscrizioni cuneiformi. Era noto doversi cercare a Babilonia l’origine dei [p. 308 modifica]sistemi sessagesimali dei pesi, delle monete, e della divisione del circolo, che di là si diffusero in Oriente ed anche in Grecia. Ma s’ignorava che questi sistemi fossero connessi con un modo generale di numerazione, che procede per unità crescenti in progressione geometrica avente il rapporto 60. Con questo modo, che è analogo affatto a quello oggi usato ancora da noi nello scrivere i gradi, i minuti, e i secondi, sono scritte le Tavole dei quadrati e dei cubi dei numeri naturali, dissotterrate da Lord Loftus nelle sue escavazioni di Senkereh. Il cubo di 16 per esempio è scritto così 1 . 8 . 16 . cioè che noi spiegheremmo con

In presenza di fatti così inaspettati e così importanti, noi non possiamo che unire i nostri voti a quelli dell’Autore, affinchè si pensi con maggior alacrità a trarre in luce le infinite ricchezze archeologiche ed istoriche che ancor cela nel suo seno l’antica terra del Tigri e dell’Eufrate.

La terza sezione è dedicata ai Greci, ed occupa a buon diritto quasi la metà di tutto il volume. In questa parte non si possono aspettare novità così grandi come quelle che il libro contiene rispetto ai popoli orientali: non si deve credere tuttavia, che il tempo non abbia anche qui avuto il suo consueto effetto. Sull’aritmetica e sulla geometria dei Pitagorici molto rimane oscuro, ma qualche passo si è fatto. La storia dei geometri greci anteriori ad Euclide è stata molto rischiarata, specialmente per opera di Bretschneider. La confusione poi delle notizie concernenti Erone Alessandrino è in parte cessata, e la sua importanza nella storia delle matematiche comincia ad esser posta nella vera luce, per opera principalmente dello stesso Cantor7. Sembra ormai anche risoluta la questione famosa concernente i Porismi d’Euclide, mercè la restituzione fattane dal Chasles. Il conto che l’Autore ha dovuto tenere di questi lavori e di tanti altri minori, non gli ha impedito di attendere colla dovuta cura ai grandi matematici del periodo alessandrino, Euclide, Apollonio, Archimede, Pappo e Diofanto; delle cui opere ed invenzioni con sapiente e non superficiale brevità si dà notizia, accennando a tutto quello [p. 309 modifica]che si può desiderare di sapere da chi non voglia fare studio speciale sui volumi stessi di quegli immortali Autori8. E anche riguardo ai matematici minori le notizie sono complete per quanto l’ha concesso l’ingiuria del tempo. Veramente avrebbe potuto l’Autore accrescere la sua opera coll’enumerazione di molti geometri dei quali per uno o per altro caso si è conservato il nome presso qualche antico scrittore o su qualche monumento; ma la storia scientifica poco si vantaggia dei nudi nomi, come poco servono alla storia politica le semplici liste dei re.

La quarta sezione riguarda i Romani, e contiene materia quasi tutta nuova. Si tratta principalmente dei libri eroniani di pratica geometrica, e della loro diffusione nel mondo romano per mezzo dei gromatici; fondamento principale qui sono le ricerche del Cantor stesso nella citata opera sugli agrimensori.

Le matematiche degli Indiani vengono in seguito, e formano una delle più curiose ed importanti sezioni, per la quale ai tempi del Montucla non si avevano che pochissime ed imperfette notizie. Scorta all’Autore furono qui i capitoli matematici di Brahmagupta e di Bhaskara pubblicati da Colebrooke, l’Aryabhatiya recentemente uscita in luce per cura del dott. Kern, e le nozioni geometriche dei Çulvasûtras pubblicate da Tribaut9. Troverà qui il lettore una esposizione chiara e sufficiente delle note numerali di Aryabhatta, la quale ancora si desiderava.

Sopra la matematica dei Chinesi, che forma l’oggetto della sezione consecutiva, quasi nulla si conosce, essendosi fatte pochissime pubblicazioni delle opere originali che nella letteratura chinese occorrono di questa materia. È opinione generalmente invalsa, che prima dell’epoca dei missionari i Chinesi avessero fatto nelle matematiche pochi progressi. Tuttavia fra i pochi documenti conosciuti ve n’è uno, il quale sembra accennare a cognizioni non comuni sull’algebra delle [p. 310 modifica]equazioni indetermmate; è la così detta regola Ta-yen (grande amplificazione), la quale dicesi fosse esposta primieramente intorno al III secolo in versi enigmatici da Sun-tse; in ogni caso poi è stata compiutamente dichiarata da Yih-hing in un’opera apposita scritta nel 717 di Cristo, e più tardi da Tsin-kia-cian che visse ai tempi di Gengiskan. La regola Ta-yen serve a trovare quei numeri che divisi per dati divisori, danno residui dati; secondo il Cantor essa non ha nulla di comune col processo usato dagli Indiani pel medesimo scopo, e si deve riguardare come un’invenzione originale molto onorevole pei suoi autori.

La penultima sezione, che tratta dello studio delle matematiche presso gli Arabi, è certamente una delle più importanti dell’opera. Molte notizie si erano accumulate su quest’argomento negli ultimi decenni, specialmente per l’opera indefessa del Woepke, anch’egli, come Hankel, rapito nel fiore dell’età ai suoi studi; ma si può dire che una storia alquanto comprensiva e ordinata non abbia esistito prima del medesimo Hankel, il quale ne fece oggetto d’una bella monografia nel volume V del Bullettinio del principe Boncompagni10. Hankel fu il primo a portare un po’ d’ordine in questa materia, anzitutto separando le matematiche degli Arabi orientali da quelle degli Arabi occidentali, così distinte di tempo, di luogo, e anche d’indirizzo; profittando inoltre dei dati cronologici contenuti nei grandi lessici letterari e biografici di cui la letteratura arabica abbonda. Per tal maniera ora è permesso ordinar i prodotti matematici degli Arabi secondo le scuole, e dentro di ogni scuola, secondo la natural successione dei tempi: cosa senza di cui non è possibile seguire gli sviluppi ed i progressi delle scienze in modo logico e storico. Questo lavoro di Hankel è la principal base dell’esposizione del nostro Autore sulle matematiche degli Arabi. Malgrado tuttavia che le informazioni da noi possedute siano molto migliori e più estese che non quelle messe in opera da Montucla ai suoi tempi, nulla si trova a detrarre o ad agginngere a quanto scriveva questo storico sulla scienza matematica degli Arabi stessi11: «Les savants de cette nation portèrent en général un esprit servile dans les cciences:... Presque toujours commentateurs on [p. 311 modifica]pilateurs des anciens, ils prirent rarement l’essor au de là des connaissances qu’avaient ceux-ci; et quand ils le firent, ils n’y ajoutèrent que des choses la plupart faciles et élémentaires...». Eredi e depositari di tatto il sapere dei Greci e degli Indiani, appoggiati dalla stima dei dotti e dal favore dei principi, i matematici arabi scrissero un numero quasi infinito di opere, e tuttavia lasciarono agli Occidentali l’onore di far qualche grande passo al di là di quei limiti, a cui si erano fermati Archimede, Diofanto e Brahmagupta. Il loro merito principale fu di aver dato una forma più regolare all’algebra dei Greci, e questo agevolò molto i progressi ulteriori che vi fecero gli Italiani, immediati successori degli Arabi in tale materia.

Colla trattazione delle matematiche presso i cristiani occidentali del Medio Evo dopo Boezio fino al 1200, e coll’esposizione di ciò che si può sapere circa il trasporto e la diffusione in Europa del sistema indiano di numerazione scritta, termina il presente volume. Il secondo esporrà i progressi delle matematiche in Europa da Leonardo Pisano fino all’invenzione del calcolo infinitesimale. L’Autore promette di descrivere nel terzo l’epoca che comincia con Newton e con Leibnitz, e termma colla morte di La Grange; lasciando a futuri scrittori la difficile e per ora non matura impresa di seguire i progressi multiformi fatti nei tanti rami dell’analisi e della geometria durante il secolo XIX.

In questo primo volume si può dire concentrata la maggior parte dell’interesse, che potremmo chiamare etnografico o psicologico, della storia delle matematiche. Ciascun popolo si vede aver concepite in un modo diverso le nozioni fondamentali ed i primi problemi: ognuno ha portato in questi studi un’impronta sua particolare, specialmente notabile presso i Greci e presso gl’Indiani. Questo modo e quest’impronta sono strettamente collegati col genio di ciascuna nazione, e costituiscono un lato importante della sua natura intellettuale. Oggi non abbiamo più matematica italiana, inglese od americana: tutti gli sforzi individuali si raccolgono in una corrente unica, dove è annullato lo speciale carattere di tali studi presso le varie nazioni.

Non faremo all’Autore di questa opera altro elogio, che quello di esprimere il voto che egli possa condurla presto al desiderato compimento. Con speciale desiderio attendiamo da [p. 312 modifica]lui la narrazione di quell’operoso e fecondo secolo XVIII, il quale avendo ricevuto l’analisi infinitesimale e la meccanica razionale allo stato di rudimenti, tanto si adoperò a svilupparne le teorie e le applicazioni allo studio della Natura; ed al quale così spesso bisogna risalire per trovare i germi delle più importanti invenzioni del secolo presente. Per ora non aggiungiamo che un solo desiderio, ed è che qualche persona competente ci dia la storia del Cantor tradotta in italiano. Opera questa che non solo sarebbe utile ed opportuna, ma anche relativamente facile, per lo stile semplice, naturale e chiaro con cui è scritto l’originale.



Note

  1. Vorlesungen uber Geschichte der Mathematik, von Moritz Cantor: I Band; von der ältesten Zeiten bis zum Jahre 1200 nach Chr. Leipzig, Teubner, 1880. VIII-804, p. in gr. 8.°
  2. Zur Geschichte der Mathematik in Alterthum und Mittelalter. Leipzig, Teubner, 1874. 8° gr. L’insieme di questi frammenti costituisce una storia compendiosa abbastanza continua delle matematiche pure dalle origini fino al 1550; unica lacuna importante essendo quella che riguarda la geometria dei Greci del periodo classico, da Euclide alla fine della scuola d’Alessandria.
  3. Una sono i Mathematische Beiträge zum Kulturleben der Völker, Halle 1863, 8.° L’altra è intitolata Die Römischen Agrimensoren, und ihre Stellung in der Geschichte des Feldmesskunst. Leipzig, Teubner, 1875. Di quest’ultima ho dato conto all’Istituto nell’adunanza del 13 gennaio 1876. Vedi lo scritto XV del presente tomo.
  4. Infatti mentre nell’opera di Montucla la storia di tutte le matematiche pure e miste dalle prime origini fino al cominciare del secolo XIII occupa 500 pagine, di cui circa 200 consacrate alle matematiche pure, nel libro del Cantor la sola storia delle matematiche pure durante l’uguale intervallo assorbe 784 pagine press’a poco equivalenti. E si noti, che l’esposizione del Cantor è in generale assai meno diffusa di quella del suo predecessore, il quale abbonda di digressioni e di discorsi non intieramente necessari allo scopo.
  5. Zeitschrift für Mathematik und Physik, herausgegeben von Schlömilch, Cantor, und Kahl. Lipsia, Teubner.
  6. Ein mathematisches Handbuck der alten Aegypter (Papyrus Rhind des British Museums), ueberselzl und erklärl von Dr. August Eisenlohr. Leipzig, 1876, con facsimile del papiro. — Sulla interpretazione matematica del papiro Rhind. di A. Favaro, nel tomo XIX degli Atti dell’Accademia di Modena. — I miei pochissimi cenni si trovano nello scritto XV del presente tomo.
  7. Vedi principalmente il suo libro Sugli agrimensori romani.
  8. Sarebbe stato desiderabile, che seguendo l’esempio di Montucla, l’A. avesse aggiunto qualche cenno delle più importanti edizioni e traduzioni di quelle opere, capace di servire d’informazione e di guida a coloro che desiderassero intraprenderne lo studio. Questa mancanza credo sarà sentita da molti lettori dell’opera del Cantor.
  9. La geometria dei Çulvasûtras fu già esposta dallo stesso Cantor. Vedi i suoi Studi Greco-Indiani, tradotti in italiano da G. Schiaparelli (n. XX del presente tomo).
  10. Riprodotta nell’opera postuma Zur Geschichte der Mathematik, etc.
  11. Vol. I, pp 375 e 384.