Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799/Capitolo XXXVI
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XXXVI
POLIZIA
I realisti aveano piú libera e piú estesa comunicazione pel nostro territorio che lo stesso governo repubblicano. Le Calabrie erano loro aperte; aperto era tutto il littorale del Mediterraneo da Castelvolturno fino a Mondragone, cosicché gl’insorgenti di quei luoghi erano confortati ed aveano armi e munizioni dagl’inglesi, padroni de’ mari; aperto avea il mare anche Proni1, che comandava l’insorgenza degli Apruzzi. Tutte queste insorgenze si andavano stringendo intorno Napoli, ed in Napoli stessa aveano delle corrispondenze segrete, che loro davano nuove sicure dell’interna debolezza.
Nulla fu tanto trascurato quanto la polizia nella capitale. In primo luogo non si pensò a guadagnar quelle persone che sole potevano mantenerla. La polizia, al pari di ogni altra funzione civile, richiede i suoi agenti opportuni, poiché non tutti conoscono il paese e sanno le vie, per lo piú tortuose ed oscure, che calcano gl’intriganti e gli scellerati. Felice quella nazione ove le idee ed i costumi sono tanto uniformi agli ordini pubblici, che non vi sia bisogno di polizia. Ma, dovunque essa vi è, non è e non deve esser altro che il segreto di saper render utili pochi scellerati, impiegandoli ad osservare e contenere i molti. Ma in Napoli gli scellerati e gl’intriganti furono odiati, perseguitati, abbandonati. I nuovi agenti della polizia repubblicana erano tutti coloro che aveano educazione e morale, perché essi erano quelli che soli amavano la repubblica. Or le congiure si tramavano tra il popolaccio e tra quelli che non aveano né costume né educazione, perché questi soli avea potuto comprar l’oro di Sicilia e d’Inghilterra. Quindi le congiure si tramavano quasi in un paese diverso, di cui gli agenti della polizia non conoscevano né gli abitanti né la lingua; e la morale de’ repubblicani, troppo superiore a quella del popolo, è stata una delle cagioni della nostra ruina.
La seconda cagione fu che il gran numero de’ repubblicani si separò soverchio dal popolo; onde ne avvenne che il popolo ebbe sempre dati sicuri per saper da chi guardarsi. Questo fece si che fosse ben esercitata quella parte della polizia che si occupa della tranquillitá, perché per essa bastava il timore; mal esercitata fu l’altra che invigila sulla sicurezza, perché per essa è necessaria la confidenza. Il popolo, temendo, era tranquillo; ma, diffidando, non parlava: cosí si sapeva ciò che esso faceva e s’ignorava ciò che esso macchinava.
I francesi forse temettero piú del dovere un popolo sempre vivo, sempre ciarliero; credettero pericoloso che questo popolo, per necessitá di clima e per abitudine di educazione, prolungasse i suoi divertimenti fino alle ore piú avanzate della notte. Il popolo si vide attraversato nei suoi piaceri, che credeva e che erano innocenti; cadde nella malinconia (stato sempre pericoloso in qualunque popolo e precursore della disperazione); e non vi furono piú quei luoghi dove, tra l’allegrezza e tra il vino, il piú delle volte si scoprono le congiure. Il carattere e le intenzioni dei popoli non si possono conoscere se non se quando essi sono a lor agio: in un popolo oppresso le congiure sono piú frequenti a macchinarsi e piú difficili a scoprirsi.
Note
- ↑ Proni era, mi si dice, un armigero del marchese del Vasto: i suoi delitti gli avean fatta meritare la condanna alla galera, donde era fuggito. Nell’anarchia si mise alla testa di altri assassini e divenne, in séguito, generale. Altri dicono che fosse stato prete.