Ronchi, tu forse a piè de l'Aventino

Fulvio Testi

XVII secolo Indice:Opere (Testi).djvu Letteratura Ronchi, tu forse a piè de l’Aventino Intestazione 29 maggio 2023 75% Da definire

Mentr'umile m'inchino al tuo gran Nume Spesso cangiando ciel si cangia sorte
Questo testo fa parte della raccolta Poesie liriche di Fulvio Testi - Parte prima
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AL MEDESIMO

Che l’età presente è corrotta dall’ozio.

Ronchi, tu forse a piè de l’Aventino
     O del Cebo or t’aggiri. Ivi tra l’erbe
     Cercando i grandi avanzi e le superbe
     Reliquie vai de lo splendor Latino.
5E fra sdegno e pietà, mentre che miri
     Ove un tempo s’alzâr templi e teatri
     Or armenti muggir, strider aratri,
     Dal profondo del cor teco sospiri.
Ma de l’antica Roma incenerite
     10Ch’or sian le moli a l’età ria s’ascriva:
     Nostra colpa ben è ch’oggi non viva
     Chi de l’antica Roma i figli imite.
Ben molt’archi e colonne in più d’un segno
     Serban del valor prisco alta memoria,
     15Ma non si vede già per propria gloria
     Chi d’archi e di colonne ora sia degno.
Italia i tuoi sì generosi spirti
     Con dolce inganno ozio e lascivia han spenti:
     E non t’avvedi, misera, e non senti
     20Che i lauri tuoi degeneraro in mirti?
Perdona a detti miei. Già fur tuoi studi
     Durar le membra a la palestra, al salto,
     Frenar corsieri e in bellicoso assalto
     In curvar archi, impugnar lance e scudi.
25Or consigliata dal cristallo amico
     Nutri la chioma e te l’increspi ad arte;
     E ne le vesti di grand’ôr consparte
     Porti de gli avi il patrimonio antico.
A profumarti il seno Assiria manda
     30De la spiaggia Sabea gli odor più fini;
     E ricche tele, e prezïosi lini
     Per fregiartene il collo intesse Olanda.
Spuman nelle tue mense in tazze aurate
     Di Scio pietrosa i peregrini amori;
     35E del Falerno insu gli estivi ardori
     Doman l’annoso orgoglio onde gelate
A le superbe tue prodighe cene
     Mandan pregiati augei Numidia e Fasi;
     E fra liquidi odori in aurei vasi
     40Fuman le pesche di lontane arene.
Tal non fosti già tu quando vedesti
     I consoli aratori in Campidoglio,
     E tra’ ruvidi fasci in umil soglio
     Seder mirasti i dittatori agresti.
45Ma le rustiche man che dietro il plaustro
     Stimolavan pur dianzi i lenti buoi
     Fondârti il regno e gli stendardi tuoi
     Trïonfando portâr dal Borea a l’Austro.
Or di tante grandezze appena resta

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     50Viva la rimembranza; e mentre insulta
     Al valor morto, alla virtù sepulta
     Te barbaro rigor preme e calpesta.
Ronchi, se dal letargo in cui si giace
     Non si scuote l’Italia, aspetti un giorno
     55(Così menta mia lingua) al Tebro intorno
     Accampato veder il perso o ’l trace.