Rime varie (Alfieri, 1912)/CXLII. Amore del poeta per ciò che ha scritto

CXLII. Amore del poeta per ciò che ha scritto

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CXLII. Amore del poeta per ciò che ha scritto
CXLI. Conforto al noioso lavoro gli è l'amore della sua donna CXLIII. Capitolo ad Andrea Chénier

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CXLII.1

Amore del poeta per ciò che ha scritto.

Tosto ch’io giunga in solitaria riva,
Quanto a me si appresenta, o poggio, o piano,
O selva, o mormorío d’acque lontano,
4 Tutto a prova2 mi accende e vuol ch’io scriva.
Eppur, non sempre avvampa in fiamma viva
Del par la mente; onde avvien poi, che vano3
Spesso è il mio carme, e che fors’anco è insano
8 Quasi d’uom che abbajando in rime viva.
Muto, deh pur, come di lingua il sono,4
Foss’io di penna! o al buon Vulcan sapessi
11 Il neonàto Sonetto offrire in dono!5

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Noi siam ben tutti appieno in ciò gli stessi;
L’ultimo parto, ci par sempre il buono;
14 Ma il precedente pure arder non dessi.6


Note

  1. La mossa di questo son., ideato dall’A. il 29 marzo 1789, mentre cavalcava nella selva di Meudon, può ritrovarsi nelle parole di Ovidio (Metam., IV, 13): «Ille mihi dubitanti scribere dicit: Scribe», o in quelle del Petrarca (Rime, XCIII):
    Piú volte Amor m’avea già detto; Scrivi,
    Scrivi quel che vedesti in lettre d’oro....
    ma poi il Nostro poeta procede liberamente per conto suo.
  2. 4. A prova, a gara; quando l’A., assai giovane e ignaro dell’arte, fu a Genova, lo spettacolo di ciò che gli si presentava all’occhio gli riscaldava la fantasia e, «se avesse allora saputo una qualche lingua, e avesse avuti dei poeti per le mani, avrebbe certamente fatto dei versi». (Aut., II, 10°).
  3. 6. Vano, senza effetto, inutile.
  4. 9. «Taciturno e placido per lo piú; ma alle volte loquacissimo e vivacissimo» (Aut., I, 4°), e in un son.:
    Tutte no, ma le molte ore del giorno
    Star solo io bramo...
  5. 10-11. I Latini dicevano: Vulcano credere.
  6. 14. Dessi, si deve.