Rime varie (Alfieri, 1912)/CXCIV. Al Sig. Francesco Fabre

CXCIV. Al Sig. Francesco Fabre

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CXCIV. Al Sig. Francesco Fabre
CXCIII. Come il sapiente accoglie la Morte CXCV. Libertà francese

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CXCIV.1

Al Sig. Francesco Fabre.

O tu, nella sublime opra d’Apelle,
Di mano e in un di nome egregio Fabro,2
Che in quattro tele già il mortal mio labro3
4 Vivo tramandi a molte età novelle;4
Ben è dover che a posta mia ti abbelle,
A te volgendo (s’io di lor son fabro)5
L’onor de’ Carmi a meritarsi scabro,6
8 Alta eterna mercé dell’arti belle.
Ambo noi contro al saettar d’Oblío
Spinge d’arme diversa armati in campo,
11 Nobil motor, l’almo Apollineo Dio:7

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Dunque al dente degli anni un doppio scampo8
S’abbia il tuo Colorir dal Cantar mio,
14 Poiché le rime han men fugace il lampo.


Note

  1. Francesco Saverio Fabre nacque a Montpellier nel 1766, ed era di povera famiglia; nonostante ciò, fu di incrollabili princípi aristocratici e, trovandosi a Roma a studiar pittura durante l’invasione francese, piuttosto che prestare l’odiato giuramento di civismo, lasciò la città e riparò a Firenze. Le sue opinioni dovevano necessariamente renderlo accetto al nostro Poeta e non tardò a divenirgli familiare; ma piú andò a genio alla Contessa che, nascostamente dall’A., io credo, consolò la sua solitudine e la sua età già matura con l’amore del giovane artista. Morto il Poeta nel 1803, e la Contessa nel ’24, al Fabre rimasero e carte e libri e oggetti appartenuti all’A., parte dei quali egli consegnò al Municipio della sua città nativa, parte lasciò a Firenze. Tornato in Francia alla restaurazione della monarchia, fu insignito del titolo di barone da Carlo X, e morí nel 1837. Dipinse la Morte di Milone da Crotone, Filottete nell’isola di Lemmo, la Casta Susanna, il Giudizio di Paride, ma noi lo conosciamo principalmente come ritrattista dell’A., la cui immagine riprodusse sulla tela ben quattro volte. Il ritratto che il Fabre stava eseguendo nel 1797 e che porse occasione al son. dell’A., composto il 29 novembre, deve essere quello inviato dall’A. alla propria sorella, accompagnato da due versi di Pindaro; la Contessa Giulia, ignara di greco, si rivolse, per averne spiegazione, all’Abate di Caluso, al quale l’A. aveva fino allora tenuto celato il nuovo studio in cui erasi messo, e per questa via fu scoperto il piccolo segreto del nostro Poeta (Autob., IV, 16°).
  2. 2. Scherzo non molto felice sul cognome Fabre e il nome fabbro, artefice, pittore.
  3. 3. Il mortal mio labro, il mio aspetto mortale.
  4. 4. Novelle, venture.
  5. 6. S’io di lor son fabro, se io sono capace di comporne di eletti.
  6. 7. Scabro, difficile. Questa quartina, si legge nel ms. in un’altra maniera:
    Salda eccelsa mercé dell’arti belle,
    L’onor de’ carmi, a meritarsi scabro,
    Ben è dover che, s’io del dir son fabro,
    A te il rivolga e a mio poter ti abbelle.
  7. 8-11. Tutti e due lavoriamo per sottrarre il nostro nome all’Obblío.
  8. 12. Un doppio scampo, il suo merito intrinseco e le mie rime.