Rime varie (Alfieri, 1912)/CXC. Alla Signora Teresa Mocenni, in morte del cavaliere Mario Bianchi

CXC. Alla Signora Teresa Mocenni, in morte del cavaliere Mario Bianchi

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CXC. Alla Signora Teresa Mocenni, in morte del cavaliere Mario Bianchi
CLXXXIX. Alla Contessa, che stava dipingendo il ritratto del Poeta CXCI. Non servì, scrivendo, che alla Verità

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CXC.1

Alla Signora Teresa Mocenni,

in morte del cavaliere Mario Bianchi.

Sollievo al duol del dianzi2 estinto amico,
Donna, non v’ha. So, che il dolor verace
S’innaspra3 piú, quanto piú fassi antico,
4 Non sazio mai del lagrimar tenace.
Dunque in gelidi detti or non m’intrico,
Ragion portando ove ragion si sface:4
Donna, teco piangendo, assai piú dico.
8 Il pianto, è un dolce favellar che tace.
Troppo sarei, se a te di lui parlassi,
Nelle tue piaghe, nol volendo, acerbo;
11 Che in laudarlo convien ch’io ’l cor ti passi.5
Ma non è tronco a tutte spemi il nerbo;6
Ch’ei negli Elisj aspettaci, ove stassi
14 Col mio Gori, ch’Eterno in cor mi serbo.7


Note

  1. Di Teresa Regoli-Mocenni e dell’amico suo il Cav. Mario Bianchi abbiamo già date sufficienti notizie, commentando il son. Due Gori, un Bianchi e mezzo un arciprete: il Cavaliere che, se non fu amico dell’A., certo fu uno di quelli che piú godettero la sua confidenza e a cui diresse maggior numero di lettere, venne a morire il 7 nov. 1796, e il 25 dic. l’A. scriveva alla Signora Teresa nella maniera che segue: «Leggendo una di queste mattine l’Ajace di Sofocle, mi capitarono sotto gli occhi due versi che il coro dice a Tecmessa, moglie amante di Ajace estinto; i quali son tanto adattabili a lei, che glie li voglio ricopiare. E pensando poi ch’ella probabilmente saprà ancor meno di greco di me (se è pure possibile), glie li interpreto qui alla meglio.
    Tecmessa.         Ahi me infelice!
    Coro. Ben cred’io nel tuo duolo immenso, o donna,
               Di amico tal con tal tuo danno orbata.
    E da queste poche e semplici, ma cosí vere e sentite parole, risvegliatosi in me pure il dolore, che pur non è la millesima parte del suo, ho raccozzate insieme queste quattordici rime, che non avranno altro pregio che d’esser fatte dal cuore...». Il sonetto era stato composto cinque giorni innanzi.
  2. 1. Dianzi, poco fa.
  3. 3. S’innaspra, s’inasprisce: cosí nella prima ode per la libertà americana, strofa II.
  4. 6. Si sface, si spegne, muore.
  5. 11. Lodandolo è necessario che io rinnovi il tuo dolore.
  6. 12. Non è chiusa ogni via alla speranza.
  7. 13-14. Oh, che cosa freddamente scolastica questi Elisi, di virgiliana memoria, dove il Bianchi sta aspettando col Gori la sua Teresa e il Poeta!