Rime varie (Alfieri, 1912)/CLXXXVIII. Ricordando la fuga da Parigi

CLXXXVIII. Ricordando la fuga da Parigi

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CLXXXVIII. Ricordando la fuga da Parigi
CLXXXVII. Conforta la Signora a sopportare coraggiosamente la povertà CLXXXIX. Alla Contessa, che stava dipingendo il ritratto del Poeta

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CLXXXVIII.1

Ricordando la fuga da Parigi.

Non compie un lustro ancor, da ch’io pur dava2
(Qual dovea liber’alma altera e pura)3
Addio perenne all’abborrite mura
4 Del vil Parigi,4 ov’io schiavo mi stava.
Reo d’alti sensi entro città sí prava,
Di risentita indomita natura,
Morte vedeva io là che ingiusta e oscura
8 Sempre in sul capo mio fera aleggiava.5
Di carcer tale il Ciel mi trasse; e meco6
Quella, ch’io piú di me medesmo ho cara;
11 Sola per cui la vita a don mi reco.

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Ma quanti amici (ahi rimembranza amara!)
Spenti udii poscia in quell’orrendo speco,7
14 Dove a bramar perfin Turchia s’impara!8


Note

  1. Nel ms.: «9 settembre, alle Cascine, sul Prato».
  2. 1. L’A. era fuggito con la Contessa da Parigi il 18 agosto 1792.
  3. 2. Altera, schiva di ogni bassezza; pura, che non vuole contaminarsi.
  4. 3. Del vil Parigi: cosí Parigi sbastigliato e nell’Autobiografia (III, 5): «... tutto Parigi» e ne I viaggi (parte sec.): «Il bel Madrid.».
  5. 8. Variante del ms.:
    Sempre quivi al mio capo sorvolava.
  6. 9. I particolari della fuga da Parigi sono estesamente narrati dall’A. al cap. 22° dell’ep. IV dell’Autobiografia.
  7. 13. Speco, spelonca.
  8. 14. Dove è tanta la tirannide che si finisce col desiderare persino la barbarie ottomana. È forse in questa ultima terzina un coperto e prudente accenno all’amico Chénier, ucciso, come abbiamo già detto commentando il Capitolo a lui indirizzato, il 25 luglio 1874.