Rimatori siculo-toscani del Dugento/III - Rimatori pisani/V. Ciolo della Barba
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V
CIOLO DELLA BARBA
Chiede a madonna, poiché è in tutto servo di lei,
che si mova a pietà del suo amore.
Compiutamente mess’ho intenzione
di forza e di podere
che d’una cosa ajíate disidranza:
di non far tanto ch’om’agia ragione
5di vedermi dolere,
perché nel mondo non corre un’usanza.
Che se Ventura de rota ha fermezza
in de l’altezza — di voi che mostrate,
in ciò considerate — ch’io son vostro,
10più che nel mio cantare non vi mostro.
Se non vi mostro le pene e la doglia
che per amor patisco,
temendo eo veo e sonde pauroso
ch’enver’di me non vi si sforzi voglia
15del penar ch’io norisco.
Inorando voi, sonde dubitoso;
ma so che possedete canoscenza,
di che s’agenza, — tutta benenanza:
onde la mia speranza — si conforta,
20com’fenice per rinovar s’amorta.
Morir meglio mi fora naturali,
pensando li martiri
ch’i’ ho patuto e pato nott’e dia,
con altre cose che non mi son ’guali
25de li miei desiri,
come compresi di voi, donna mia.
Non l’auso dir, che la mente ho raminga,
né da la lingua — no ’m pò pervenire,
potendomi salire — se v’è ’n piagenza,
30come l’aringhe fan contro a corenza.
A tale corso mi donao natura,
no mi n’posso partire:
partire me m’potesse voi dimora,
da ch’io ’n voi vegio tanta diritura
35di somma di savire,
che sovr’a l’altre vinde porto onora
Poi che m’avete tutto in vostra baglia,
ora vi caglia — di me, che v’ho fede,
prendendoven mercede —, se vo’ membra
40ch’io non fenisca com’la fior tembra.