Prose (Foscolo)/VIII. Scritti vari dal 1805 al 1806/IV. Sul Commentario della battaglia di Marengo scritto dal generale Alessandro Berthier/Parte seconda

IV. Sul Commentario della battaglia di Marengo scritto dal generale Alessandro Berthier - Parte seconda

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PARTE SECONDA

Bonaparte conserva per due giorni la posizione di Montebello; ma, meravigliato della immobilità del nemico, e sapendo che da più di aveva raccolte le sue divisioni tornate da Nizza, congetturò che il generale austriaco macchinasse i mezzi di scampare agli ardui frangenti in cui si trovava: ove ciò fosse, doveva necessariamente appigliarsi a uno di questi tre partiti:

Primo partito si era di passare il Po (aveva a Casale una testa di ponte tanto fortificata da’m aresi e patrocinata dalla sponda sinistra, che si giudicava impossibile di espugnarla), varcare quindi il Ticino, traversare la Lombardia, congiungersi sull’Adda al generale Wukassovich. L’esercito austriaco era munito di un equipaggio di ponti, di artiglierie imponenti e di piú di dodicimila cavalli da tiro.

Secondamente potea gettarsi sul Genovesato, riunirsi ai corpi di Toscana e ad una divisione di dodicimila inglesi; poi riguadagnare Mantova, facendo tragittare le sue artiglierie per mare, o veramente prevalersi della natura dei luoghi per far testa finché potesse ricevere rinforzi dalla Germania, e porre cosí i francesi tra due eserciti; il che avrebbe temporeggiata la guerra, prodotti incerti avvenimenti ed angustiato Bonaparte, tanto piú che la sua presenza diveniva necessaria a Parigi.

Finalmente il nimico avea per terzo partito di marciare addosso al generale Massena, che dovea, per tutti i calcoli, essere in Acqui, avviluppargli dieci o dodicimila uomini che gli si presumevano atti ancora a combattere, e, disfattolo, aspettare nuove vicende propizie che poteano emergere dalla guerra de’ posti e dalle marce.

Per opporsi al primo partito, Bonaparte avea lasciato sul Po un corpo d’osservazione di tremila uomini, che dovea ritardargli il tragitto di questo fiume e della Sesia, e congiungersi poi al generale Moncey per contendere il passo del Ticino. Né v’era a dubitare che tali ostacoli opposti a Melas non dessero campo [p. 219 modifica] all’esercito di rivarcare alla sinistra sponda del Po e di anticipare il nimico sul Ticino.

Rispetto agli altri due partiti rimasti agli austriaci, parve a Bonaparte espediente di mettere l’esercito sulle mosse, e di operare secondo le congiunture.

Giungevamo presso a Tortona, quando il generale Desaix, che dall’Egitto aveva approdato a Tolone, venne, cavalcando in posta, a raggiungere l’esercito; e, ricevuto il comando di una divisione, fu immantinente spedito a Rivalta per fare la vanguardia e. se il nimico si avviava a Genova, serrargli i passi.

Bonaparte, col rimanente dell’esercito, passa la notte lungo la Scrivia.

A’ 24 pratile, sulle ore otto antimeridiane, se ne va a Castel Nuovo, e fa battere la pianura di Marengo da cavalleggeri: intende che il nimico non ha posti a San Giuliano, né per la pianura; però stima dover muovere il campo: arriva alle ore tre pomeridiane: alle quattro troviamo a Marengo i posti avanzati nimici. Comanda sul fatto l’assalto; né la difesa fu pertinace: Marengo è preso, e il nimico addossato sulla Bormida.

E poiché il nimico, anziché aspettarci nella pianura di Marengo. avea lasciato pigliare il villaggio, Bonaparte si rafferma nel pensiero ch’ei si fosse prefisso di prendere uno dei tre partiti accennati.

Ordina alla vanguardia di respingere gli austriaci oltre la Bormida e d’arderne, se è possibile, i ponti.

Ciò comandato, parte per Voghera, quartier generale, ove egli aspettava i referti di tutti i posti dell’esercito e delle spie. Dagli andamenti del nimico sperava d’indovinarne il vero intento; ma, giunto appena alla Torre di Garafolla, riceve avvisi da Rivalta e dal Po, e fermasi in questa fattoria per lo rimanente della notte de’ 25; notte che il nimico passa in grandi sollecitudini. Conobbe le angustie della sua posizione e quanto avesse gravemente errato nel lasciarsi sloggiare da Marengo; ma, credendo omai tardo ogni consiglio di ritirata, ed i francesi sí sovrastanti da non concedergli scampo né per il Po né [p. 220 modifica] per Genova, prende la nobile risoluzione di schiudersi il passo attraverso del nostro esercito: in tale disegno, i suoi primi sforzi doveano tendere a riguadagnare Marengo.

Infatti, alle ore sei della mattina l’esercito nimico shocca da’ suoi ponti sulla Bormida, e porta il forte della cavalleria, capitanata dal generale Elnitz, sulla sinistra: la fanteria era schierata in due linee, condotte da’ generali Haddick e Kaim, e un corpo di granatieri comandati dal generale Ott.

L’esercito francese trovasi disposto a scaglioni per divisioni: l’ala sinistra innanzi; la divisione Gardanne compone lo scaglione a sinistra della cascina Pedrabona; la divisione Chambarlhac lo scaglione secondo a Marengo, e la divisione Lannes il terzo, tenendo la destra della linea; e, dietro la testa della divisione Chambarlhac, le divisioni Carra Saint-Cyr e Desaix in riserva, l’ultima delle quali era in cammino da Rivalta, donde, conosciuto appena l’intento del nimico, fu rivocata.

Il tenente generale Murat, comandante della cavalleria, avea postata la brigata Kellermann a sinistra, la brigata Champeaux a destra, ed il generale di brigata Rivaud, col ventunesimo di cacciatori ed il duodecimo di usseri, a Salé, perché spiasse gli andamenti del nimico sul fianco e fosse a un bisogno il perno della linea.

Le linee austriache, dopo alcuna scaramuccia di posti avanzati, si mossero in battaglia alla ore otto della mattina; assalirono la divisione Gardanne, la quale, poi che ebbe sostenuto, con la mezza brigata quarantesimasesta e la cinquantesimaprima, una zuffa ardente e micidiale, fu costretta a ritirarsi sul villaggio di Marengo.

Allora il corpo di Kaim continua il suo movimento, guada il rio Fontanone e si stende a sinistra: quello di Haddik si spiegò, ma dovè combattere, per prolungarsi obliquando a destra, perché parecchi soldati leggeri della divisione Gardanne, lanciatisi con un cannone sulla cascina Stortigliana, percotendolo, scompigliano gli ordini alle teste delle sue prime colonne, le quali rimontavano la Bormida per soverchiare l’ala sinistra della vanguardia francese. [p. 221 modifica]

Il villaggio di Marengo divien centro della battaglia: il generale Victor ebbe ordine di difenderlo quanto piú lungamente poteva, ma senza tentar di riprendere la posizione dianzi occupata dalla divisione Cardatine, la quale fu situata alla destra del villaggio, spalleggiandosi del rivo e de’ pantani.

La molta superiorità consentiva agli austriaci di dar l’assalto con gagliardissime forze al villaggio, nel tempo che la diritta del generale Haddik stendevasi per soverchiare la sinistra dei francesi, e mentre la divisione del generale Kaim attendeva a spiegarsi alla sinistra di Marengo, onde oltrepassare la nostra diritta.

In questa, il corpo del generale Oreilly, della divisione Haddick, investe la divisione Chambarlhac; la ventesimaquarta mezza brigata leggiera e i due battaglioni della novantesimasesta di fanteria di battaglia ne sostengono l’impeto. Il reggimento secondo e ventesimo di cavalleria ed il sesto di dragoni caricano felicemente la prima linea nimica: ma la seconda frappone, e Marengo è assaltato con nuovo furore e difeso con pari intrepidità. La sola ala sinistra del generale Chambarlhac, percossa dal nerbo dei fanti d’Oreilly, rimane scompigliata.

Il generale Lannes era giunto sulla linea a livello de’ primi scaglioni, e con la divisione Watrin e la brigata Mainony componeva la diritta. Assalta un corpo del generale Kaim, che, marciando su Castel Ceriolo, gli si fa incontro. Ma la divisione nimica, spiegatasi interamente, soverchia Lannes, costretto a sostenere gl’impeti acerrimi de’ fanti e de’cavalli, e lo respinge vigorosamente alla testa della sesta mezza brigata leggiera e della ventottesima e quarantesima di battaglia. La brigata del generale Champeaux è destinata a fiancheggiare i corpi de! generale Lannes: le si comanda di rompere sul nimico per sostener la diritta: carica col reggimento primo ed ottavo dei dragoni, ed il generale Champeaux è ferito a morte.

Il generale Lannes raffrena il nimico alla Barbotta sul rio, secondando cosí l’egregia difesa di Marengo della divisione del generale Gardanne. Il villaggio sí accanitamente conteso [p. 222 modifica] era sempre nostro. Piú volte gli austriaci lo invadono, ma non possono stabilirvisi. Con prodigi di valore i nostri conservavano questo appoggio imponente della linea.

Intanto Elnitz, capitano della cavalleria nimica, rade la Bormida, trapassa Castel Ceriolo, soverchia tutta la nostra diritta e spiegasi a squadroni fra la cascina di Buzana e la nostra prima linea.

Sí fatta evoluzione mirava evidentemente a prendere alle spalle la nostra prima linea: colpo decisivo per gli austriaci. Ma Bonaparte avea già inseriti nel suo disegno i mezzi di eludere questa tattica perigliosa, e dalle ore dieci antimeridiane i movimenti di tutta quella giornata erano decretati nella sua mente.

Aveva comandato alla seconda linea di riserva di marciare a scaglioni, la diritta avanti. Il generale Carra Saint-Cyr, che comandava lo scaglione destro, non si era ancora livellato alla prima linea. Bonaparte, per frenare i movimenti del generale Elnitz. pósta subitamente i granatieri consolari con le loro artiglierie, i quali, isolati trecento e piú tese dalla destra della nostra linea, pareano un forte di granito in mezzo ad un’immensa pianura.

La cavalleria nemica gli accerchia: videsi allora quanto possa la fanteria eletta. Molti squadroni son rotti; quanto tempo spende la cavalleria nimica in falsi movimenti, tanto n’acquista il generale Carra Saint-Cyr per giungere a livello dei granatieri; gli oltrepassa e va a Castel Ceriolo, dopo di avere respinte le cariche della cavalleria, che volea impedirgli il passo di questo villaggio, ove gli riesce di stabilirsi, cacciandone i cacciatori tirolesi e quei di Loup, soccorsi infruttuosamente dai granatieri di Morzini.

Lo scaglione secondo della riserva, condotto dal generale Desaix, stava marciando per situarsi dietro la sinistra del primo, e a gran distanza, a livello di San Giuliano.

Bonaparte, veduta la divisione Carra Saint-Cyr padrona di Castel Ceriolo, comanda sul fatto alla prima linea la ritirata a scaglioni, la sinistra avanti. Gli scaglioni sinistri della linea eseguiscono il movimento a passo ordinario: gli scaglioni del [p. 223 modifica] centro a passo tardissimo; né muovonsi prima che quei della sinistra abbiano già conseguita la loro distanza.

Evoluzione mal valutata dal capitano nimico, il quale ci presume in tutta ritirata, quando in fatto non era se non un movimento di conversione. E con maggior fiducia cerca l’esecuzione del suo progetto, ch’era di raggirarci la sinistra e di tagliarci la via di Tortona: con tale intento dispone quella sua colonna di cinquemila granatieri, i quali si schierano sulla strada postale, per anticipare ed impedire il riordinamento dei corpi dell’esercito francese, ch’ei già reputava disordinati.

Ma l’esercito francese, duranti le quattro ore ch’egli spende nel suo movimento di conversione, presenta un terribile e maestoso spettacolo.

L’esercito austriaco drizzava le sue principali forze contro il nostro centro e la sinistra, seguendo il movimento di ritirata della prima linea e lasciando la sua cavalleria intenta a soverchiare la nostra diritta di là da Castel Ceriolo.

I nostri scaglioni si ritiravano a scacchiere per battaglioni in silenzio universale. Gli avresti veduti sotto il fuoco di ottanta cannoni, come agli esercizi, soffermarsi spesso e presentare sempre piene le file, perché quei prodi serravansi quando uno di loro era colpito.

Bonaparte vi andò piú volte, per dar tempo al generale Desaix di pervenire alla posizione assegnatagli. In questo movimento di conversione, che fu veramente di ritirata per la prima linea, egli distinse sopra ogni cosa l’ordine e il sangue freddo della divisione comandata dal generale Lannes.

Frattanto gli scaglioni sinistri della prima linea giungono a livello di San Giuliano, ove il generale Desaix stava postato. Progrediscono in ritirata, e, collocatisi sulla sinistra indietro, si fermano e ripigliano lena. Tutta la nostra cavalleria e quindici cannoni stavano appiattati dietro le vigne, e collocati nell’intervallo dei reggimenti del generale Desaix, de’ quali il primo e terzo battaglione erano ordinati in colonna dietro le ale del secondo, spiegato in battaglia. Il combattimento fra’ due eserciti ardeva sempre fierissimo. [p. 224 modifica]

In mezzo a movimenti sí complicati e nel bollore di sí acre battaglia, riesciva malagevole di cogliere le relazioni delle rapide e svariate disposizioni che si eseguivano; ma la fiducia della vittoria fu sempre piena nel pensiero del capitano che la dirigeva, quantunque gli austriaci ne paressero dal loro canto sicuri.

Tornando alla disposizione de’ due eserciti, dopo queste evoluzioni, il primo scaglione della seconda linea di riserva, comandata dal generale Carra Saint-Cyr, occupava Castel Ceriolo, e, barricatosi nel villaggio, teneva in soggezione la cavalleria nemica, ch’era altresi minacciata sopra la strada di Salé. I granatieri consolari stavano situati diagonalmente indietro, a sinistra di Castel Ceriolo; lo scaglione del generale Lannes diagonalmente indietro, a sinistra dei granatieri.

Il generale Desaix era postato davanti a San Giuliano, diagonalmente indietro, a sinistra del generale Lannes, con quindici cannoni. Tutta la nostra cavalleria era ordinata in colonne negl’intervalli, onde cogliere il primo movimento propizio a operare. Il corpo del generale Victor stava, diagonalmente indietro, a sinistra del generale Desaix.

Erano le ore sei della sera. Bonaparte ferma il movimento di ritirata in tutte le schiere; le percorre; mostrasi con quella fronte serena che presagisce la vittoria; parla ai soldati: — Non istà a francesi — diss’egli — di far tanti passi indietro: ecco il momento di farne uno decisivo in avanti. Soldati, ricordivi ch’io soglio coricarmi sul campo di battaglia! —

E comanda di marciare in «avanti. L’artiglieria traesi d’agguato, e per dieci minuti scaglia un fuoco tremendo; il nimico sbalordito si arresta; la carica sonando in un punto per tutta quanta la linea, l’entusiasmo che si comunica come fiamma nel cuore de’ valorosi, tutto esalta in quell’istante l’ardore inspirato dalla presenza d’un capitano che non promise indarno mai la gloria a’ suoi guerrieri.

La divisione Desaix, che non aveva ancor combattuto, corre prima al nimico colla nobile fidanza che le infonde la brama di dar prove anch’essa del generoso valore mostrato dalle [p. 225 modifica] tre divisioni, e va superba di seguire un generale che tenne sempre i posti del pericolo e dell’onore. Una lieve eminenza di suolo coperta di vigne celava a Desaix parte della linea nimica: impaziente, slanciasi a scoprirla. L’intrepida nona leggiera lo siegue a gran passi: investono impetuosamente il nimico; la zuffa si fa sanguinosa; molti prodi cadono, e Desaix tra essi. La sua suprema agonia fu un sospiro alla gloria, per la quale si dolse di non essere abbastanza vissuto.

Il dolore di Bonaparte fu il primo tributo d’onore pagato alla sua memoria. La sua divisione (sottentrandovi il generale Boudet), conservandosi alla vendetta del suo generale, investe il nemico sí fieramente che, ad onta dell’acre sua risolutezza, non può sostenere le nostre baionette: rovesciasi sulla colonna de’ granatieri che lo seguitava e ch’era già arrivata a Calcina Grossa, ove attaccava i nostri perlustratori.

Gli austriaci, sorpresi, s’arrestano scompigliati: allora si manifestarono in tutto il loro splendore la profondità e la sapienza degli ordini precedentemente eseguiti.

Il nimico, che alla nostra sinistra avea trapassata la fattoria di Vontolina e che credevasi in procinto di tagliare la ritirata, si vede invece raggirata la sua sinistra. Le divisioni, che da Castel Ceriolo si prolungano a San Giuliano, battono le sue linee di fianco; i suoi battaglioni odono la moschetteria d’ogni lato in un punto, dinanzi, dal fianco sinistro e dalle spalle. Non sí tosto la divisione Desaix caccia e mette in ritirata gli austriaci, e questi principiano il loro movimento, intendono il tumulto del nostro fuoco, che a loro sembra scagliato da’ ponti della Bormida e dal villaggio di Marengo.

Incontanente Bonaparte comanda alla cavalleria, ch’egli avea serbata in riserva dietro la diritta della divisione Desaix, di trapassare di galoppo per gl’intervalli e di caricare impetuosamente quella formidabile colonna di granatieri, già sfasciata dalla divisione Desaix.

Evoluzione ardita, eseguita in punto con risolutezza e con maestria. II generale Kellermann parte di galoppo fuori delle vigne, spiegasi sul fianco sinistro della colonna nimica e, con [p. 226 modifica] un quarto di conversione a sinistra, avventa sovr’essa la metà della sua brigata, mantenendo l’altra metà in battaglia, per contenere il corpo di cavalleria nimica che aveva a fronte, e velargli l’ardito colpo che gli stava lanciando.

In questa, i granatieri e cacciatori consolari rovesciano sopra la diritta tutto quello che aveano incontro: il generale Watrin assalta con nuova audacia; il generale Carra Saint-Cyr spicca da Castel Ceriolo de’ bersaglieri lungo il rio e i pantani sino a Marengo.

Il generale di cavalleria Rivaud con un movimento risoluto azzuffava già i suoi posti avanzati con quei del generale Elnitz: cosí il grosso della cavalleria nimica, travagliato all’estremità dalla nostra sinistra, lasciava senza sostegno la fanteria nella pianura.

L’esercito francese supera in cinquanta minuti l’ampio spazio ch’egli avea difeso per quattro ore.

La cavalleria austriaca, incalzata dal generale Rivaud, moschettata dalle siepi di Castel Ceriolo, accorre in aiuto della sua fanteria; il nemico si rammassa; e, pervenuto a Marengo, sta nel proponimento di conservarsi il villaggio.

La divisione del generale Boudet, che anela alla gloria di riguadagnare Marengo, corre all’ultimo assalto, eseguito col vigore che segnalò i primi.

Il corpo del generale Victor, che tornava in luoghi ove avea sí gagliardamente combattuto, la sostiene: il nimico, veggendosi forzato a rinunziare la vittoria, vuol provare che n’era degno e manifesta in quest’ultimo combattimento quanto mai d’energia l’onore può infondere; ma la vittoria tutta quanta si lancia nelle schiere francesi. Gli austriaci, stanchi e indeboliti, rientrano insieme coi nostri in Marengo, e lo abbandonano per ritornare su’ loro ponti di là dalla Bormida.

A tramontana di Marengo il generale Lannes si azzuffava con un corpo di riserva, né incontrava minor resistenza, sebbene con minori vantaggi, e ne riportò alcuni cannoni. Un corpo della riserva della cavalleria nimica stava per urtare la diritta della divisione Boudet; ma il generale Bessières, [p. 227 modifica] comandante i granatieri e cacciatori consolari a cavallo, coglie quest’occasione di gloria, ed, aspirando a dare alla milizia eletta l’onore dell’ultima carica, previene questo corpo nimico, si avventa, lo fa piegare e lo caccia sbrancato sul rio; cosí è ecceduto il fianco alla fanteria, determinata la ritirata generale, e sparso il tumulto e il terrore in tutte le schiere nimiche.

Il giovane Beauharnais, facendo spiccare alla testa dei cacciatori la foga dell’età sua congiunta all’esperienza di un provetto guerriero, si manifestò fino d’allora degno delle sorti che l’attendevano.

Già la notte copria la pianura, e favoriva le reliquie dell’esercito austriaco a ripassare i ponti; e i francesi, in mezzo ai loro trofei sanguinosi, posavano al sereno sulla posizione ch’essi occupavano prima della battaglia.

L’autore séguita il suo racconto fino alla pace segnata dopo la giornata di Hohenlinden. A noi giova di arrestarci alla vittoria di Marengo,

     per quam . . .
     crevere vires, famaque et imperi
     porrecta maiestas;

epigrafe tratta da Orazio, e che l’illustre storico pose di fronte al suo libro.

La lettura di quest’opera riuscirà forse immatura a’ novizi della milizia; ma i guerrieri provetti non la mediteranno senza sommo profitto. Non v’è particolarità sul numero e il genere delle armi, su le stagioni e le ore, su la natura del terreno che non sia scrupolosamente notata. Le tavole in rame insegnano piú di qualunque libro di teorie militari, le quali, come tutte le teorie, ove siano destitute d’esempi vivi e presenti, non giovano se non a far gli uomini buoni à parole e tardissimi a’ fatti: i disegni furono levati geometricamente dagl’ingegneri geografi, sotto la direzione del generale Sanson, ispettore del Genio. Ad una carta generale, ove sono topograficamente accennate tutte le marce, gl’incontri e [p. 228 modifica] combattimenti dell’esercito di riserva per lo spazio di trentatré giorni, veggonsi aggiunte cinque altre tavole. Nella prima è levata, con ogni accidente di paese ed ogni minima piega di terreno, una superficie quadrata di dodici miglia: questa è la pianura dí Alessandria; e si dimostrano tutti i movimenti fatti dagli eserciti nel principio della battaglia, dalle ore otto alle dieci della mattina. La tavola seconda rappresenta lo stesso terreno, ma diversi movimenti; vale a dire le vicende della battaglia dalle ore dieci al mezzodí. La terza è pure dello stesso terreno, dinotando i progressi dell’esercito francese e le evoluzioni degli austriaci da mezzodi sino al cadere del sole. La quarta offre in prospettiva tutto il paese e la battaglia nel momento della vittoria. Finalmente l’ultima tavola rappresenta lo stato e le posizioni dei due eserciti nel giorno susseguente alla battaglia.