Poi centra voglia dir pena convene
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IV
Si lagna delle pene in cui si trova per servire madonna.
Poi contra voglia dir pena convene
a me, quasi dolendo
per soverchia montanza in cui sormonta,
ne la qual falso diletto mi tene,
5u’ mi mise vogliendo
l’anima un disio col cor congionta
di quella, in cui piacer era coverto,
quando parea più vero,
ch’amor cognosco di falso colore,
IO del qual m’ha priso, poi fumi proferto:
immaginando! clero
da lei, di conoscenza fui ’n errore,
perch’io l’elessi a mio proprio signore.
Non conoscendo, falsezza stimando
15del piager, ma pur fiso
dell’alma imaginai il suo diletto,
e concedette amore in lei fermando,
d’ogn’intenzion diviso,
fui a sua sigrforia servo soggetto
20d’amore ’n atto, distretto ’n potenza:
di lei sua forma prese.
al SUO voler per lui i’ foi congiunto,
e sommisili arbitro e mia voglienza,
di lei servire accese,
25u’ conoscendo, mai non fallai punto;
or d’allegrezza m’ha tutto digiunto.
Fermato a perfezione a suo volere,
di me non forz’avendo,
in ardente mi mise coral foco;
30ma ciò mi porge, lasso! più dolere,
per difetto sentendo
di conoscenza aver pene non poco;
che poi mi mostrò, lasso, la sembianza
de la sua opinione,
35la quale, aviso, in lei tuttor regnava
di piacer contra, und’ho gran malenanza
in vita e confusione;
che ’l meo servir gradisse lei pensava,
or mortalmente conosco fallava.
40Fallando in conoscenza, in signoria
di morte sono ognora,
né morir posso e ’n morte ognora vivo.
E porge tal cagione in me si ria
pena, che fòr misora
4.5 grav’è. Sembro aver vita si pensivo,
per ch’io non parto già d’intenzione,
che, se mi fusse danno
la morte, in vita solo un’or’regnasse,
ma, tormentando, di vita ho cagione,
50e più mi monta affanno
che s’a morte lo spirto mi mancasse,
e qual più pregiudicio mi portasse.
La principal del meo dolor cagione
aggio costretto a dire
55ne la fine per più dolor mostrare,
e dico più mi dà confusione
d’ogni greve languire
la reprension che potè in lei montare,
considerando l’altèra valenza
60di natura discesa
e lo suo gentil core inganno tegna,
unde, in alcuna guisa, di fallenza
di vertù sia ripresa;
perché maggior di ciò pena in me regna,
65considerando in lei cosa non degna.
Se ’n alcuna mainerà già potesse
da la follia presente dipartire.
isforzereimi a valere alquanto,
però ch’assai più manto
70fall’è, cernendo, in mal perseverare,
che non già fora stare
nel mal, non conoscendo. Ma non posso;
che voler non s’è mosso;
und’e’, di ragion om, fatto son fera,
75seguitando carrèra
dal piager falso, e’ ha in me pene messe.