Poesie (Campanella, 1938)/Scelta di alcune poesie di Settimontano Squilla/3. La fede naturale del vero sapiente

3. La fede naturale del vero sapiente

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3. La fede naturale del vero sapiente
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Fede naturale del vero sapiente

Io credo in Dio, Possanza, Senno, Amore 1,
un, vita, veritá, bontate, immenso,
primo ente, re degli enti e creatore.
Non è parte, né tutto, inciso o estenso,
5ma piú somiglia al tutto 2: ond’ogni cosa
partecipò virtute, amore e senso.
Né pria, né poi, né fuor, l’alma pensosa
(ché ’n vigor, tempo e luogo Egli è infinito)
può andar, se in qualche fin falso non posa 3.
10Da lui, per lui e ’n lui vien stabilito
lo smisurato spazio e gli enti sui 4;
al cui far del niente si è servito.
Ché l’unitá e l’essenza vien da lui;
ma il numero, e che questo non sia quello,
15da quel, che pria non fummo, restò in nui 5.
Lo abborrito niente fa il duello,
il mal, le colpe, le pene e le morti.
Poi ci ravviva il divino suggello,

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participabil d’infinite sorti,
20necessitate, fato ed armonia,
Dio influendo, che su’ idea trasporti 6.
Quando ogni cosa fatta ogn’altra sia,
cesserá tal divario, incominciato
quando di nulla unquanche nulla uscia 7;
25di voglia e senno eterno destinato,
che in meglio o in peggio non pòn far mutanza,
sendo esso sempre morte a qualche stato 8.
Prepose il minor bene a quel ch’avanza,
e la seconda legge alla primera,
30chi die’ al peccato origine ed usanza 9.
Poter peccare è impotenza vera.
Peccato atto non è: vien dal niente;
mancanza o abuso è di bontá sincera 10.
Vero potere eminenza è dell’ente:
35atto è diffusion d’esser, che farsi
fuor della prima essenza non consente 11.
Necessitá amorosa sol trovarsi
nel voler credo: ma di violenta
l’azioni e passion non distrigarsi 12.
40La pena a’ figli da’ padri si avventa,
la colpa no, se da voglia taccagna
imitata non è, poiché argomenta;
ma dalla prole a’ padri torna e stagna,
chi bene generar non fan disegno
45e trascurâro educazion sí magna.
Ma colpa e pena alla patria ed al regno,
che di tempo e di luogo non provvede
e di persone, che fan germe degno 13.
Perché dell’altrui pene ognuno è erede,
50non lo condanna ignoranza o impotenza,
ma voglia mal oprante in quel che crede 14
Dall’ingannati torna la sentenza
agl’ingannanti, che’l Padre occultâro
e la fanciulla ancor nostra semenza 15.

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55Bisogno e voluntá, non senso raro
mirando, spesso rispose il pio Padre
lá dove e come i figli l’invocâro 16.
Talché, barbare genti [ed idoladre]
se operaste giustizia naturale,
60non siete esenti dalle sante squadre 17.
Vivo, e non morto, un padre universale,
non parzial, né fatto esser Dio mai,
a chi s’annunzia piú scusa non vale 18.
Al che aspettato e’ venne in tanti guai,
65commosso dagli nostri errori e danni,
come per tutte istorie ritrovai 19,
contra sofisti, ipocriti e tiranni 20,
di tre dive eminenze falsatori,
a troncar la radice degli inganni.
70Voi falsi sempre sol, commentatori,
additaste per tata alli bambini
voi stessi e le serpenti e statue e tori 21.
Poi contra i sensi propri a’ peregrini
non bastò dir che la saetta vola,
75ma che sia uccello, e Dio gli enti divini.
Perdé la Bibbia la mosaica scuola
al tempo d’Esdra.    .   .   .   .   .   .   .
   .   .   .   .   .   .   . 22.
I propri farisei Cinghi sortìo,
80Amida i bongi di Chami e Fatoche,
l’altro emisfero in empietá finío.
Utili a tutti, chiare leggi e poche 23,
per l’arte abbandonâro la Natura:
perché nel primo seggio le rivoche,
85delle scienze ognun vuol ch’abbia cura 24,
non le condanna con le false sètte,
ch’abborriscon la luce e la misura.
Ammira il sol, le stelle e cose elette
per statue di Dio vive e cortigiani:
90adora un solo Dio, ch’un sempre stette 25.

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Scuola alza e regno a Dio da questi vani:
servir a Dio, in comunitá vivendo,
è proprio libertá di spirti umani 26.
La santa Chiesa, il Primo Senno avendo
95per maestro, e ’l libro, che Dio scrisse, quando
compose il mondo, i suoi concetti aprendo 27,
sette sigilli or or disigillando,
chiamerá tutto l’universo insieme
al tempio vivo dove va rotando 28.
100Né a Dio, né al tutto, male al mondo preme;
ma sí alle parti, donde egli è diverso;
ma ride al tutto la parte che geme 29.
Ogni cosa è immortale in qualche verso;
sol l’alme vanno d’uno in altro mondo,
105secondo i merti, piú opaco o piú terso 30,
finito in questo ognuna il proprio tondo,
u’ gli spiriti sciolti han le lor vie
che portan del fatai ordine il pondo,
ed il giudicio aspettan del gran die 31.

Propone in questo canto quel ch’egli crede, per metafisico sillogismo, di Dio e delle sue opere nella natura ed arte; e a dichiararlo ci bisogna tutta la sua metafisica.

1. Predicati essenziali di Dio, noti in metafisica.

2. Simiglianza e dissimiglianza sua col tutto.

3. Infinitá di tempo, di luogo e di vigore in Dio.

4. Come gli enti sono nello spazio, base dell’essere, cosí questa in Dio.

5. Perché le cose non sono infinite, ma mancano da Dio, participano il non essere e la divisione; donde nasce il numero e la contrarietá, e da questa i peccati e le pene naturali, e poi morali; perché l’anima cede al contrasto contra la legge.

6. Morendo le cose, rinascon altre secondo l’idea, che con li istrumenti universali di Dio, fato, armonia e necessitá, si imprime sempre in ogni materia; talché ci è trasmutazione e non morte.

7. Si finirá il mondo e sue trasmutazioni, quando ogni cosa sará fatta ogni cosa; e cominciò, quando di nulla cosa ancora era stata fatta nulla cosa. Vedi la Metafisica. [p. 13 modifica]

8. La volontá e sapienza divina non può mutarsi: perché ogni mutamento è qualche morte della cosa che si muta, o in meglio o in peggio.

9. Che cosa originò il peccato.

10. Poter peccare è impotenza, e il peccato è difetto, non effetto, e abuso del bene.

11. Il potere è primalitá in metafisica, e l’atto è diffusion dell’essere: che pur fuor di Dio, né senza Dio non può farsi, come si fa il peccato.

12. Necessitá spontanea è nel volere: ma nell’oprare si truova anche violenta, e più nel patire. Sol la volontá dunque è libera: perché da Dio solo è mossa con soavitá.

13. Il padre deve portar la colpa e la pena del figlio peccante per suo difetto, che mal lo generò, o mal l’allevò: ma il figlio, non la colpa, ma la pena solo dal padre trae. E la patria, che ha piú senno, è obbligata ad ambedue mali, che non provvede alla generazione, educazione, secondo scrisse l’autore nel libro detto La cittá del sole e negli Aforismi politici.

14. Nullo è condannato per non potere fare o per non sapere la vera fede, ma solo per non osservare quello che fa, o vede esser vero doversi osservare.

15. Gli eresiarchi ingannatori patiranno la pena dell’ingannati; ma questi son salvi, se non possono da sé arrivar al vero, né son persuasi da chi lo sa ragionevolmente, e son pronti alla veritá persuasa.

16. Dio rispose nelli oracoli a chi l’invocò con buon zelo, ignorando che quelli eran de’ demòni, e spesso a chi lo sapea; ma peroché vide esser necessario cosí al governo di qualche imperio o persona. Così pur dice san Tommaso, 2, 2, questione 140.

17. A chi osserva la legge di natura, ignorando quella della grazia, non si nega il paradiso.

18. A chi s’annunzia il vero Dio con ragione, non resta piú scusa d’ignoranza, né di non pigliar i sacramenti.

19. Venne Dio ad incarnarsi ed insegnarci la veritá, come fu il desiderio di tutti gli uomini; e questo si truova in Platone e Cicerone, nonché ne’ profeti e sibille.

20. Sofisti contra la sapienza, ipocriti contra la bontá, tiranni contra la potenza, principi metafisicali, s’armâro; e le falsificâro, fingendosi di quelle ornati.

21. Li commentatori fecero le eresie; ed alli uomini, che cercavano qual è il padre Dio, altri dissero che Dio era il serpente, [p. 14 modifica]altri la statua, altri il vitello, altri se stesso, e gli fecero idolatrare; e poi fecero gli dèi metaforici dèi veri.

22. Qui manca, ed era scritto come si fece l’adulterazione della Bibbia e del Vangelo per li eresiarchi con sofismi; e poi soggionge che ogni legge d’altri legislatori arrivò ad aver farisei, saducei...

23. Condizioni delle vere leggi, e come si guastano, mentre la natura all’arte pospongono.

24. Contra la legge di Macone, che abborrisce le scienze naturali, perché la sua falsitá non si scuopra.

25. La natural legge ammira il cielo e stelle come divine, ma un solo Dio vero conosce.

26. Fa scuola a Dio, e non alli uomini; ama il vivere in comunitá, e questa esser la vera libertá, secondo la Cittá del sole.

27. La scuola della Natura ha il Primo Senno per maestro e per libro il mondo, dove Dio scrisse vivamente i suoi concetti.

28. Aspetta la revelazione della veritá, qual sia la vera legge, quando si fará universal concilio, ed una fede ed un pastore.

29. Il male non è essenziale, perch’a Dio ed al mondo non è, ma solo alli particolari. Il caldo è male al freddo, non al mondo, a cui pur serve la morte continua delle parti, come a l’animale quella del cibo.

30. Tutte le cose sono immortali in idea ed universalitá e per successione. L’anime non muoiono, ma cambiano paese, od al cielo ovvero all’inferno.

31. Tocca agli angeli guidar l’anime, e son parti eminenti del fato divino; e l’anime aspettan il giudizio universale, come argumenta Atenagora, per ragion di providenza e di giustizia.