Poemetti italiani, vol. VII/Memorie dell'abate Pier Domenico Soresi

Vincenzo Marenco

Memorie dell'abate Pier Domenico Soresi ../ IncludiIntestazione 8 febbraio 2022 75% Da definire

Poemetti italiani, vol. VII
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MEMORIE


DELL’ABATE


PIER-DOMENICO SORESI



D’onesta famiglia del Mondovì verso il quinto lustro dello scadente secolo Pier-Domenico Soresi trasse i natali.

Applicò agli studj dell’umane lettere, e della filosofia con ardore spontaneo, ed ascritto fra gli allievi del Regio Collegio delle Provincie, fu uditore del chiar. Abate Tagliazucchi, di cui egli cantò.

. . . . . . . . . . . che primiero
Luce recò fra noi dell’aureo stile.

Studiò ivi teologia, e venne quindi promosso al Sacerdozio.

Comecchè non sempre giovi argomentare, o misurare dagli impieghi, od onori ottenuti in patria il merito di chicchessia, non vuolsi però passare in silenzio il conto, che di lui fecesi nel destinarlo alla Catedra d’umane lettere, e rettorica in Vercelli.

Chiamato all’instituzione letteraria di nobile allievo in una delle più ragguardevoli famiglie [p. 233 modifica]di questa città, non seppe ricusarsi all’illustre, ed orrevole invito, siccome ad altro fattogli poscia da cospicuo personaggio d’Alessandria, ove passò a prestare l’opera sua allo stesso fine.

La fama, che prende in cura il nome dei grand’uomini, portò quello del Soresi a Milano, dove, invitato pel medesimo oggetto, presso i Duchi Serbelloni per iniziarli nella bella letteratura; attese egli stesso allo studio del dritto civile, e canonico, in cui si addottorò, sempre più conciliandosi l’amistà, e la considerazione de’ più celebri letterati di quell’inclita città, alcuni de’ quali tuttora viventi occupano i più distinti seggi dell’italiana letteratura, grande amico del Conte Imbonati, uomo ragguardevole in fatto di lettere, fu aggregato all’Accademia degl’Innominati, che nella di lui casa radunavasi. Contrasse eziandio stretta amicizia col cel. Pompeo Neri Presidente della Giunta del censimento di Milano, e fu in quest’Ufficio dal medesimo impiegato.

Crescendo di giorno in giorno la di lui rinomanza gli vennero da Torino molti affari, ed incumbenze per servizio del suo Re affidate in Milano, in cui tanto destramente, e con profondo consiglio si maneggiò, che meritossi dalla Reale munificenza un annuo onorifico assegna[p. 234 modifica]

Progettò quindi uno stabilimento di commercio a vantaggio de’ due stati, che venne, siccome utilissimo, approvato, ed a due suoi fratelli in compagnia di altri negozianti Milanesi appoggiato.

Fra i nostri concittadini amò con particolare predilezione il rinomato conte Durandi di Villa, ed il Canonico Gian-Francesco Guenzi, ed allorchè venne meno questo insigne nostro Professore d’eloquenza il Soresi diè publico, e lodevole saggio della sua amicizia per lui con una raccolta di rime da esso promossa, e stampata in Milano dall’Agnelli nel 1753., alla quale concorsero li più rinomati scrittori di que’ giorni. Fra questi basterà l’accennare l’Abate Parini, il Conte Verri, l’Abate Passeroni, il Canonico Guttierez, il P. Vai.

Molte altre raccolte contengono prove del poetico talento, che aveva dalla natura sortito. Fu pure autore d’alcune novelle leggiadramente dettate, e di parecchi saggi in prosa, fra cui meritano distinta menzione una dissertazione stampata in Milano sull’educazione del minuto popolo non meno, che il saggio ivi pure da lui publicato sulla necessità, e facilità d’ammaestrar le fanciulle. Quanti mali sì privati, che publici dalla trascurata educazione del volgo, e [p. 235 modifica]dall’ignoranza del sesso possano derivare non è problema, che punto abbisogni di dimostrazione.

Publicò una compita grammatica italiana tenuta in molto pregio, e generalmente preferta a quella però celebrata del Corticelli. Tradusse dall’Inglese un trattato sopra le api, nè dee parer poca gloria l’arricchire la materna lingua di straniere produzioni, quando ottime siano, quali sono gli scritti dal Vilman. Scriveva pulitamente la lingua Francese, che possedeva a perfezione, e tanto conosceva la Tedesca, quanto gli bastasse per gustare il bello di questa letteratura.

Fu terso egualmente, che facile scrittore, prova evidente, che nulla meno egli dovesse alla natura, che all’arte, ed egualmente che lo stile, ebbe purgati i suoi pensieri di filosofica luce a tempo sparsi, e rivestiti: prova ne facciano le seguenti strofe dalla prelodata raccolta in morte del Guenzi ricavate.


     Giovani onesti, e a le bell’arti amici,
Perduto avete lui, ch’agili penne
V’adattò al dorso, e a volo alto vi spinse;
Lui, che i fonti v’aprio de la perenne
Acqua, ch’agl’intelletti più felici
Crebbe vigor, ma sete non estinse:

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Lui, che il crine vi cinse
Di lauro, e ad or ad or sciogliea con voi
In gravi note armonioso canto;
E godea lieto intanto
De’ vostri onori, e non de gli onor suoi,
Ahimè, chi sia, che tanto vegli, e sudi,
E con tal frutto per li vostri studi?
     I bei tesori, onde fea ricco altrui,
Ai Beotici rivi ei già non bebbe;
Che mai volumi non macchiò di fole,
E sempre i sogni Achivi a sdegno egli ebbe;
Ma com’erano santi i pensier sui,
Avea pur sante e imagini, e parole:
L’avea sopra del sole
Spirto divin levato, u’ gli alti sensi
Impararo i Profeti, e la bell’arte,
Ch’anima le lor carte:
Là vide quel, che a buon scrittor conviensi,
E quanto il nome nostro disonori
Trattar satire inique, e pazzi amori.
     E da che i vaghi studi han tra noi fama,
Altri non pose mai meta più bella
Ai franchi voli del suo caldo ingegno.
Chè a la santa dottrina ei fece ancella
Seguir l’umana, e per natia sua brama
L’opra, e ’l pensier volse a celeste segno.
Popoli, a voi ne vegno,

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(Perch’al mio, vero dir fede s’accresca)
A voi, cui dentro a l’alma ancor rimbomba
La sua sacrata tromba.
Miseri! io veggio pur quanto v’incresca
Non più i consigli udir, ch’ei così spesso
Dava ad altrui, ma pria dava a se stesso.
     Di suo cor donno, il giusto, e saggio questa
Vita mortal nè abborre, nè disia;
Ben l’odia il vile, e troppo l’ama il reo.
Ma sì com’uom, ch’entra a compir sua via,
Tranquillamente in nave a scioglier presta,
Tale il mio Guenzi il gran passaggio feo,
Nè a lui morte poteo,
Quando armata lo assalse a mezzo il corso.
Il lieto viso far turbato, e tristo;
Nè opporle egli fu visto
Esterno ardir con cor pien di rimorso:
Altrui dolse il gran colpo, e angoscia, e duolo
Ingombrò il loco, ond’ei prendea suo volo.

Il suo conversare fu ameno, e piacevole del pari, che castigato anche fra mezzo agli estemporanei versi, che in amichevoli adunanze gli stillavano dal labbro dolcissimi; in somma quale si conveniva a persona avvezza a frequentare le più colte società, e distinti personaggi per ingegno, scienza, e cariche segnalati. [p. 238 modifica]

Negli ultimi suoi anni passò a Parigi per affari di commercio relativi allo stabilimento da esso fissato in capo de’ suoi fratelli in Milano, e là finì di vivere l’anno 1778., il sessantesimo settimo dell’età sua, con rincrescimento di tutti i buoni, cosicchè non dubitiamo punto, che questo nostro concittadino debba tener luogo fra i più colti professori di lettere, che abbiano illustrato» il Piemonte.

C. V. M.