Poemetti e poesie varie (Carlo Gastone Della Torre)/Poesie varie/VI. Per l'anno secolare d'Arcadia

VI. Per l'anno secolare d'Arcadia

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Poesie varie - V. Per la coronazione in Campidoglio di Corilla Olimpica
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VI

PER L’ANNO SECOLARE D’ARCADIA.

     Chi è colui che la rugosa fronte
spiega in facil sorriso, e i verdi seggi
a Febo sacri sul parrasio monte
par che vagheggi?

     5Un vecchio egli è, ma di vecchiezza verde,
cui venti lustri non han domo o stanco:
l’irrequieto piè vigor non perde,
se il crine è bianco.

Qual di sitonia neve intatta falda,
10la barba irta discende a mezzo il petto:
apollineo furor gli anima e scalda
il divo aspetto.

     Volangli intorno le stagioni e l’ore
dalle rosate dita in varie forme:
15guarda in sembianza di gentil pastore
lanose torme.

     Né sol tessendo su l’arena inculta
va tenui note di silvestri carmi,
ma spesso colla tromba epica esulta
20fra ’l sangue e l’armi.

     Or da candide prose ei merca lode,
e di fiori giuncando ogni sentiero
fra le sei vette d’Academo ei gode
cercare il vero.

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     25Lieto piú che non suol trepida il rivo,
frascheggia grave il consapevol bosco;
il secolar d’Arcadia anno giulivo
ben riconosco.

     — Salve, o buon veglio regnator de’ lustri,
30che fatta di lor man curva catena
a te danzano intorno e d’orme illustri
segnan l’arena.

     Salve, e col dito vincitor d’oblio
d’antica maestá solenne impronta
35stampa in Arcadia; e frema il livor rio
che invan l’adonta.

     Su lei di gloria eternitade adduci,
onde mutar co’ pastoral disagi
amino i re scettrati e i magni duci
40tende e palagi.

     Ben è piú dolce all’ombra piú conserta
fistoleggiar coll’umil gregge a canto,
che premer terra di stragi coperta,
barbaro vanto.

     45Ben piú sicuro è rusticane ignote
abitar case, che regal cittade
dove tartarea Erinni agita e scote
fiaccole e spade,

     dove licenza popolar s’ammanta
50di libertade ed ogni dritto è muto,
dove il pugnal, non la virtú, si vanta
del ferreo Bruto. —

     Sulla fronte del veglio a queste note
nube di doglia il bel seren coverse,
55e di furtive stille ambe le gote
alquanto asperse.

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     Ma, qual fra rotti nembi iride al sole,
rifolgorò l’antico riso, e fabro
fu di queste pennigere parole
60il facil labro:

     — Arcadia bella oltra il centesim’anno
vive, e vivrá di Roma eterna al paro,
finché l’onde del Tebro al mar n’andranno
e il sol fia chiaro.

     65Invano contro lei Discordia e bieca
Invidia i dardi a dura cote affina:
vindice fra’ suoi lauri erra la sveca
regal Cristina;

     erra lo stuolo de’ miglior poeti,
70onde fu domo il tumido Secento
e fûr di riso l’Achillini e il Preti
lungo argomento.

     Raro è quei che per molta aura febea
s’alza da valli paludose ed ime
75e a toccar giunge de la rupe ascrea
l’ultime cime.

     Giova però che il vasto aer leggiero
tentino molti con diverse penne:
felice quei che il dedalèo sentiero
80sicuro tenne!

     Nuova il dirceo Cimante ora diffuse
gloria sul custodito arcade gregge:
il supremo favor l’itale muse
conforta e regge.

     85Commetti, Arcadia, in sì beato giorno,
alla memoria dell’etá piú tarde
lui che di lunghe opre, d’onore adorno
lampeggia ed arde;

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     lui che di Piero su l’invitta nave
90siede e di cento mostri il fiato impuro
e l’inegual de’ fiotti urto non pave,
in Dio sicuro.

     Mira, Arcadia, per lui quanti giá resi
campi a l’Italia suburbana or sono;
95Appio, Cetego, Augusto e Decio intesi
mira al gran dono.

     Breve giá fatta la palude e manca,
non piú le valli di Pometia ingiunca;
sovr’esse il bruno mietitor giá stanca
100la falce adunca.

     Opra di re, marmoreo, immenso, altero
albergo è schiuso, ove temer non sanno
l’altre reliquie del superbo impero
ingiuria o danno.

     105L’aure di nuovo di sua vasta mole
giganteggiando il tebeo sasso ingombra,
cui fe’ Manilio ogni sentier del sole
segnar coll’ombra.

     Ecco... Ma giá degli anni il roseo freno
110chiede il secol seguace. Io parto. Ho visto
redivivi spirar di Pio nel seno
Leone e Sisto.