Poemetti e poesie varie (Carlo Gastone Della Torre)/Poesie varie/IV. A Sua Altezza Reale il duca di Sudermania

IV. A Sua Altezza Reale il duca di Sudermania

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IV

A SUA ALTEZZA REALE IL DUCA DI SUDERMANIA

per la sua solenne acclamazione in Arcadia

sotto i nomi di «Areifilo Maratonio» .

     Musa, le spiagge artoe,
che fa rugose ed aspre eterno gelo,
invita oggi a calcar lo sveco eroe,
il beato lasciando ausonio cielo.
Ma dovunque tu posi il piè gentile
o volgi il guardo che animar mi suole,
veste il nudo terren manto d’aprile,
e di luce miglior folgora il sole.

     Mentr’io cosí favello
giá del Codano sen tocco le sponde;
odo il rombar de’ venti, odo il flagello
de’ remi agitator sulle pigre onde.
Di velivoli abeti ecco le ingombra
il non pieghevol Mosco, orror del Trace:
ma, benché stampi il mar di minor ombra,
non è lo sveco di timor capace.

     Sulle guerriere navi
erra Vittoria con incerte penne:
cadon al fulminar de’ bronzi cavi
l’aeree d’aquilon vittrici antenne.
Sembra che stuol di furie atro e fremente
insiem gareggi con orribil guerra
per togliere a Nettun l’aspro tridente,
ond’ei modera il mar, scuote la terra.

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     25Sdegnasi il glauco nume,
e l’aggiogate pistrici percote;
sbuffan dall’ampie nari equoree spume;
gorgoglia il mar sotto le curve rote.
Le finlandiche rupi echeggian alto,
30cozzano i venti, s’accavalla il fiotto:
l’uno e l’altro naviglio al doppio assalto
cede, e sen va pel mar disperso e rotto.

     Il dí tre volte muore,
e cinque volte ritentar la sorte
35del dubbio marte le tonanti prore,
cui sta presente inevitabil morte.
Fra i venti e il fuoco la virtú non langue
del fero Carlo; ed alla patria avaro
ed al fratel non è del regio sangue,
40e ne tinge pugnando il flutto amaro.

     Pur fra mediche fasce
avvolger nega le ferite membra,
ed, obliando le crudeli ambasce,
o vincere o morir solo rimembra.
45Cessa, intrepido eroe; dal crin sudato
togli l’orror del minaccioso elmetto:
schiude un nuovo di cose ordine il fato:
ne freme invan la nequitosa Aletto.

     Alfin, dove avvolgendo
50l’onde in se stesso vorticose e torbe,
l’iperboreo oceán portento orrendo!
s’avvalla e i legni in vorago atra assorbe,
svelle dal crine i ceruli colubri
la furia, e degli unghion fattasi force
55lacera i panni d’uman sangue rubri,
e piomba in mar, che qual palèo la torce.

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     De’ ben cresciuti allori
vieni a l’ombra, o signor; che Febo anch’ello,
domi coll ’arco i gigantei furori,
60al vergine mischiossi ascreo drappello.
Bench’ei del dí carreggi il fervid’astro
e Piroo tema di sua sferza ed Eto,
trattar fu vago il tessalo vincastro
e i flessipedi buoi pascer d’Admeto.

     65Imita il dio. Ve’ come
Arcadia dotta con gentil pensiero
in greci modi t’armonizza il nome,
e in esso adombra il tuo valor guerriero.
Caro, qual tu, vien detto al dio dell’armi
70il minor d’Agamennone germano,
che irato afferra ne’ meonii carmi
l’elmo setoso al rapitor troiano.

     Col nuovo gregge andrai
di Maratona a spaziar sul lito,
75e ne’ silenzi de la notte udrai
squillo di trombe e di destrier nitrito:
ch’ivi pugnano ancor l’ombre sdegnose
de’ persi arcieri e degli astati achei:
un cippo a’ spenti eroi la patria pose,
80l’aligera Vittoria alzò trofei.

     Dal muro, ove fra mille
Milziade fu pinto animatore
e duce alla gran pugna, escian faville
che a Temistocle ognora ardeano il core.
85Ardan te pur, se col fratello invitto
mediti l’alta impresa, onde alfin sia
nelle Gallie sicuro il regal dritto,
e spenta dell’error la frenesia.

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     Ma oimè! chi l’empia mano
90armò contro Anassandro, e il regio fianco
di fero colpo, ahi! non percosse invano,
e quasi i giorni suoi fe’ venir manco?
Tu, che il vigor peonio hai ben d’ogn’erba
e d’ogni fonte in medic’uso esperto,
95Febo, a’ trionfi un tanto eroe, deh! serba.
Tuona a sinistra il ciel; l’augurio è certo.