Asti

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Novara e territorio novarese Piemonte occidentale

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4. Asti (1029-prima metà del secolo XII)

Intanto però, nel prendere in considerazione i dati offerti dalla documentazione astigiana bisogna fare un salto cronologico all’indietro. Alla fine degli anni venti dell’XI secolo – si noti la sincronia con le attestazioni novaresi su cui ci si è soffermati nel paragrafo precedente – appartengono due isolate menzioni di moneta pavese. La prima come pena in un importante livello concesso dal vescovo Alrico ai coniugi Abellonio «filius quondam Elinei» e Amaltruda «filia quondam Ierolimi» consistente in una curtis incastellata situata «in locas et fundas Sancte Marie qui dicitur Lequi que est super fluvio Tannagrum»1. La seconda come uno dei censi previsti in un accordo stipulato nello stesso anno 1029 in cui era stato concesso il livello: quest’ultimo, [p. 26 modifica]redatto in forma di concessione unilaterale, vide da una parte il vescovo Alrico e l’avvocato della chiesa astese Gezo e dall’altra i rappresentanti degli uomini di Montaldo che detenevano terre dell’episcopio astese in Montaldo e nel suo territorio. L’accordo prevedeva che gli uomini di Montaldo avrebbero seguito le consuetudini alle quali si uniformavano gli «omines abitatores in loco Sancte Martine», pagando canoni in natura al vescovo, mentre alla canonica cattedrale di Asti avrebbero dovuto pagare due denari di conio pavese a titolo di amiscere e, per finire, ciascuno dei concessionari sarebbe stato gravato di una albergaria invernale2.

Oltre all’idea del prestigio di cui la moneta pavese doveva allora godere nell’Astigiano, lo stesso prestigio che ne favoriva, come si è visto, la circolazione nel Novarese fra il secondo e il quinto decennio dello stesso secolo, è probabile che queste testimonianze riflettano anche la pressione che fenomeni di disallineamento tra le specie monetarie circolanti esercitavano sugli operatori economici e sui responsabili della mediazione documentaria, quali i notai. In ogni caso, tra la superstite documentazione astigiana degli anni successivi non si rinvengono documenti analoghi: non si hanno carte che documentino tipologie contrattuali analoghe a quelle appena viste – carte di livello, brevi di concessione fondiaria – né emergono altre menzioni di moneta etichettata. Non mancano, beninteso, menzioni generiche di somme di denari d’argento, soprattutto come prezzo di vendite, ma occorre attendere il periodo successivo alla celebre pacificazione della Garsia tra i canonici della cattedrale di Santa Maria e il giovane comune cittadino (maggio 1111)3, che interrompe un quasi decennale silenzio documentario, per incontrare una ulteriore traccia di circolazione di una specifica moneta, o meglio di una moneta con una denominazione specifica: nel luglio 1123 Guido «Astensis causidicus» documentò in un «breve recordacionis» una vendita dei consoli astesi alla chiesa cattedrale di Santa Maria di una terra sita in città al prezzo di dieci lire «denariorum bonorum Papiensium medie monete»4. Lo stesso tipo di moneta è ricordato in un documento del tutto simile redatto dallo stesso Guido nel mese successivo5.

Per gli anni che seguono si ha qualche altra traccia di questa “mezza moneta”: in una vendita del 1129 di una terra in Rivarupta, nel territorio di immediata proiezione esterna della città di Asti, per un prezzo fissato in otto lire e quattordici soldi «medie monete», senza il ricordo della provenienza [p. 27 modifica]pavese6; in una ulteriore vendita del 1134 di un arativo in Quarto al prezzo di quattro lire di denari «mediane monete Papie»7; e infine nell’agosto 1138, a pochi anni dalla coniazione della moneta astigiana, in una «cartulam vendicionis nomine pignoris» fatta da un Pagano a Ricardo Prestafurno di un arativo in Campagna che costituiva, come espressamente si dice, il pegno per una somma di dieci soldi «de albis mediane monete» imprestata per un anno a un tasso mensile dell’1,45% («Lucrum est per mense denarios tres et unum dimidium»)8.

La messe di informazioni su questa mezza moneta (che è insieme, come subito si vedrà, una moneta di mezzo, mediana) non è molta, ma la corretta interpretazione del suo ruolo è assai importante per il contributo che può dare alla comprensione delle dinamiche monetarie nell’area regionale che qui si studia. La sua circolazione ad Asti nel quindicennio in cui è attestata va naturalmente vista nel contesto delle conoscenze consolidate sul corso del denaro pavese tra la fine del XI e i primi decenni del secolo successivo, caratterizzato, come si è già visto nell’introduzione, da un processo di erosione del valore unitario del denaro scandito in due diverse fasi: l’emissione della «nova moneta brunitorum» posta da Caffaro nel 1102, in realtà da anticipare di un paio d’anni, e la successiva emissione dell’«alia moneta minorum brunitorum» nel 11159 La «media moneta Papie» delle fonti astigiane è una moneta che va distinta sia dalla moneta pavese battuta sino alla fine dell’XI secolo, dal valore all’incirca doppio, sia dallo scadente denaro coniato nel 1115, che sembra avesse circa un terzo del valore del denaro pavese della fine del secolo precedente10: era insomma, come si è già accennato, insieme una mezza moneta e una moneta di mezzo. Ne deriva la semplice constatazione che, proprio come nel Novarese non è mai menzionato in modo diretto il danaro “nuovo” di Milano opposto al “vecchio” documentato a partire dal 112211, così ad Asti mai è documentata in modo diretto la moneta battuta a Pavia a partire dal 1115. A questa è legata un’osservazione più importante: la circolazione della moneta media ad Asti costituisce una reazione alla tendenza al deprezzamento della moneta basata su quel meccanismo di recupero che Pierre Toubert individuò sulla scia di alcune osservazioni di Philip Grierson12: [p. 28 modifica]in un contesto di circolazione simultanea di specie monetarie concorrenti, si opta per una moneta di valore intrinseco più elevato a spese di una moneta deprezzata. Prima di procedere va ancora aggiunta una nota relativa a un contrasto caratteristico tra le fonti, che si vedrà ripresentarsi più avanti: mentre Caffaro definisce la nuova moneta pavese coniata al principio del XII secolo come moneta bruna («nova moneta brunitorum») il documento astigiano dell’agosto 1138 sopra citato si riferisce alla stessa moneta come a «denarios albos mediane monete», «albos» probabilmente rispetto ai «minores brunitos» della coniazione del 1115.

Quella del 1138 appena citata è l’ultima testimonianza della moneta mediana. Per gli anni successivi non si sono conservate carte notarili utili: occorre attendere sino al 1143 – due anni dopo il celebre diploma con cui l’imperatore Corrado III aveva autorizzato i cittadini astigiani a battere moneta13 – per vedere i canonici della cattedrale di Santa Maria acquistare un bene fondiario per una somma di denaro espressa in moneta astigiana14. Moneta che, a giudicare dalle scarse fonti di cui si dispone, sembrerebbe aver conquistato il mercato monetario locale subito e in modo esclusivo: a partire dalla vendita del 1143 non è documentata altra moneta sia in città sia nel contado, dove dal quinto decennio del secolo le comunità e i signori rurali che il comune di Asti andava coordinando intorno a sé si videro imporre censi e tasse in moneta d’Asti15.

Note

  1. BSSS 28, pp. 316 sg., doc. 161 (19 agosto 1029, s. l.): il livello comprendeva tutti i diritti pubblici e privati connessi con la corte e inoltre le decime uscenti da corte, castello e cappelle comprese nel distretto del castello; il censo annuale da pagare al vescovo venne fissato in soli dodici denari mentre la pena che avrebbe dovuto pagare la parte che avesse contravvenuto ai temini del contratto venne fissata nella enorme somma di duemila lire di buoni denari d’argento di conio pavese.
  2. BSSS 28, pp. 318 sg., doc. 162 (settembre-dicembre 1029, s. l.): il documento è mutilo della parte iniziale; il regesto dell’editore, Ferdinando Gabotto, è errato. Il perfezionamento dell’accordo comportò la restituzione al vescovo Adelrico e all’avvocato Gezo del pegno che essi aveva no consegnato alla controparte «in sipulchri».
  3. Cfr. G.G. Fissore, Autonomia notarile e organizzazione cancelleresca nel comune di Asti, Spoleto 1977 (Biblioteca di studi medioevali, 9), pp. 25-30.
  4. BSSS 37, pp. 8 sg., doc. 6 (23 luglio 1123, «in suburbio civitatis Aste»)
  5. BSSS 37, pp. 9 sg., doc. 7 (29 agosto 1123, «in suburbio civitatis Aste»): i consoli vendettero alla stessa chiesa una estensione di bosco posta «in foresto Noni» per trentotto lire di buoni denari pavesi «medie monete».
  6. BSSS 37, pp. 11 sg., doc. 9.
  7. BSSS 37, p. 13, doc. 11.
  8. BSSS 37, p. 14, doc. 12 (9 agosto 1138, «Aste»). Formule conclusive: «Terminus est usque in uno anno, tali modo si soluerit termino vel infra capsetur hec cartula. Si non soluerit abeat robus. Pena res in duplum et solidos XX».
  9. Cfr. sopra, note 9-10 e testo corrispondente.
  10. . Si veda Capobianchi, Il denaro pavese e il suo corso cit., pp. 27-29, 33 cui era ben nota – anche sulla scorta di C. Brambilla, Le monete di Pavia, Pavia 1883, p. 231 − la particolare nomenclatura astigiana.
  11. Si veda sopra il testo compreso tra le note 73-79.
  12. Toubert, Les structures du Latium médieval cit., p. 557; Ph. Grierson, La moneta veneziana nell’economia mediterranea del Trecento e Quattrocento, in La civiltà veneziana del Quattrocento, Venezia 1957, pp. 77-97 poi in Ph. Grierson, Later medieval numismatics (11th-16th centuries), London 1979, n. XII.
  13. Die Urkunden Konrads III. und seines Sohnes Heinrich, bearbeitet von F. Hausmann, Wien Köln-Graz 1969 (Monumenta Germaniae Historica, Diplomata regum et imperatorum Germaniae, IX), pp. 104-106, docc. 59 e 60. Cfr. Haverkamp, Herrschaftsformen der Frühstaufer cit., pp. 564 sg.
  14. BSSS 37, pp. 14 sg., doc. 13. Sulla moneta astigiana alcune interessanti annotazioni, con indicazione della bibliografia pregressa, in Matzke, La monetazione in Monferrato cit., pp. 45–47.
  15. Codex Astensis, II, pp. 123–125, doc. 57; pp. 175 sg., doc. 129; pp. 120 sg., doc. 54; Codex Astensis, III, pp. 834 sg., doc. 755. BSSS 26, p. 26, doc. 177; BSSS 37, pp. 15 sg., doc. 14. Per ulteriori informazioni Haverkamp, Herrschaftsformen der Frühstaufer cit., nota 32 a p. 565, p. 578.