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U. Marchesini, I Danti «del Cento». — G. Padovan, Il Codice Lolliniano di Belluno: uno dei cento.F. Carta ed E. Monaci, Di un aneddoto dantesco.



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L’attenzione di coloro, che studiano sul testo della Divina Commedia, si è da qualche tempo specialmente rivolta ai Danti copiati da un Francesco di ser Nardo da Barberino in Val di Pesa, che par doversi identificare con quel tale, di cui Vincenzo Borghini racconta aver fatto cento copie del Poema, e, col guadagno ritrattone, maritato non sappiam quante figliuole. Primo a rintracciare, dopo semplici accenni dati dallo Scarabelli e dai compilatori del Catalogo dell’esposizione dantesca fatta in Firenze nel 1865, quasi tutta la famiglia di questi Danti, fu il Täuber. Sono bei codici membranacei in foglio, scritti presso la metà del sec. XIV, a due colonne, di buona lettera, con fregi e miniature, per lo piú figurate, nelle pagine e lettere iniziali di ciascuna cantica, e con lettere colorate e rabescate al principio dei canti, a’ quali sono premessi argomenti in rosso, ora volgari ora latini. Ma la considerazione del Täuber si rivolse e si fermò piú sulle qualità esteriori di questi mss., che sulla loro lezione; e sí che le questioni, per ciò che si riferisce al testo, si presentavano in gran numero. Esemplavano essi un solo originale o piú? E, dandosi il primo caso, l’una copia valeva l’altra, o erano fra loro notevoli differenze? o almeno, fra l’esemplare Trivulziano del 1337 [p. 28 modifica](Bat. 257) e il Laurenziano del ’47 (Bat. 2), quali varietà si trovavano? e dal confronto di due codici scritti alla distanza di dieci anni dal principal divulgatore della Commedia nel sec. XIV, che era dato dedurre per rispetto alla corruzione, cui andò soggetto il testo del Poema per opera degli amanuensi? E se, nel secondo caso, appariva pluralità di fonti, in quanti gruppi potevano ordinarsi siffatti Danti? e qual gruppo era dato, sì per esame della sua lezione, sì per confronti con mss. di famiglie diverse, giudicar piú vicino all’autografo dantesco?

Su questo importante argomento tornò a scrivere, poco dopo il Täuber, il prof. U. Marchesini.[1] Egli comincia dallo studiare la questione, troppo sicuramente risoluta dallo studioso svizzero, dell’identificazione di Francesco di ser Nardo con quel dei Cento. Il Borghini, a cui dobbiamo la piú precisa notizia sulla copiatura dei cento Danti per opera d’un solo amanuense, designa uno di essi in un codice del secolo XV, che era posseduto da Agnolo suo fratello (Bat. 106). Un Carlo Aldobrandi invece aveva lasciato scritto, quasi un secolo innanzi, esser «del Cento» un suo ms. (Bat. 18) che è della mano di Francesco di ser Nardo, cioè, com’abbiamo accennato e tutti ormai sanno, di un copista della prima metà del secolo XIV, che oltre alla Divina Commedia trascrisse molt’altre scritture volgari, e, cosa finora non notata, anche la Vita nuova e la raccolta importante di rime contenuta nel codice Chigiano L, VIII, 305. Il Marchesini non sa risolversi [p. 29 modifica]«se sia da prestar fede piuttosto alla nota di quell’ignoto Domenico Aldobrandi, o a ciò che dalle indicazioni del Borghini risulterebbe». Pure, rimanendo della mano di Francesco di ser Nardo una cinquantina[2] di codici, egli inclina ad ammettere, e a me par quasi sicura, l’identificazione di questo copista con quel de’ Cento; molto piú che il Borghini poté esser tratto in inganno da certe somiglianze esteriori, come l’identità delle rubriche e delle iniziali delle cantiche e dei canti colorate e rabescate; o intese dire che il Dante di suo fratello Agnolo era dei Cento per la lezione (ed è infatti); lezione ch’egli dové in qualche modo conoscere, se affermò che quei Danti erano «ragionevoli, non però ottimi». Questa è ad ogni modo questione di poco momento, e soltanto di nomi; l’importante era riconoscere quali dei mss. rimastici appartenevano veramente a Francesco di ser Nardo: che il Täuber, avendo dovuto fare il riscontro dei codici sparsi nelle varie biblioteche senza aiuto di facsimili, confessava da sé stesso d’aver potuto qualche volta errare. Il Marchesini riprese dunque opportunamente in esame il riscontro fatto dallo studioso svizzero dei codici fiorentini, e trovò da proporre correzioni e aggiunte, e assai da dubitare, dando per tal modo prova di molta diligenza e perizia non co[p. 30 modifica]mune di antichi manoscritti. Ma in siffatto esame poteva giovargli assai aver veduto il Trivulziano del 1337, che, come il Laurenziano del 1347, porta il nome del copista; poiché da ciò avrebbe avuto ragione, per qualche ms. di non muover dubbî. In tanti anni, del resto, quanti avrà durato a scriver i suoi Danti Francesco di ser Nardo, la scrittura, come gli ornamenti e le rubriche, avrà qualche po’ variato; e bisognerà tener questo ben presente prima di scartare dal novero dei Barberiniani alcun ms.; come d’altra parte non sarà da trascurar l’esame del codice sotto il rispetto della fonetica e della grammatica, per assicurarsi che il copista sia almeno toscano, e non cadere nell’errore del Täuber, che mette fra i probabili Barberiniani anche il Bat. 492, che è pieno di forme dialettali venete[3].

Passando dalla parte esterna dei mss. all’interna, il Marchesini nota che il «tipo della lezione nei codici dei Nostro è il medesimo, e presso a poco il testo volgato». Ciò aveva detto anche il Täuber; ma mentre questi intendeva, col Witte, della volgata dei codici, quegli intende, come risulta dal contesto, della volgata delle stampe. Le quali due volgate essendo, a giudizio del Witte, «differentissime» fra loro, sarebbe a cercare quale dei due studiosi, il Täuber o il Marchesini, si sia apposto meglio. Ma il vero è che nessuno sa in che consistano queste volgate, e che, come è difficile che ne esista una per i mss. (e il perché lo vedremo or ora), per le stampe poi, o non ne abbiamo o ne abbiamo avute varie nei diversi tempi: nel cinquecento l’Aldina, dopo il 1595 la prima della [p. 31 modifica]Crusca, dopo il 1837 la seconda della Crusca. A questo testo tralatizio, che è, come ognun sa, fondamentalmente il testo del codice Vaticano dal Boccaccio mandato in dono al Petrarca, modificato d’assai nella prima e nella seconda edizione degli Accademici, il Witte oppose quello dei suoi quattro mss.; e questo potrei mostrare esser piú vicino alla lezione dei Danti del Cento (almeno del gruppo che il Marchesini chiama Strozziano), che non ognuna delle tre volgate, se la cosa mettesse conto. Dirò piuttosto qual ragione mi fa dubitare dell’esistenza d’una vera volgata nei testi a penna. Essa è solo concepibile, data una lezione comune dei mss. Barberiniani e la discendenza da questi della maggior parte dei codici; ma confrontando per intero i Danti di Francesco di ser Nardo, due codici del tutto uguali non si trovano, e non dico fra codici scritti a distanza di dieci anni, come il Trivulz. 1080Fonte/commento: Pagina:Per il testo della Divina Commedia Barbi, 1891.djvu/57 e il Laurenz. XC sup. 125, ma neppure fra quelli che, per maggior somiglianza di scrittura e d’ornamenti, appariscono nati a poca distanza di tempo. Era Francesco di ser Nardo un copista o ignorante, tanto da non capire sovente quello che scriveva, o molto trascurato; onde gli avveniva spesso di scambiar parole simili per forma o per suono[4], e (sapendo grossolanamente o poco piú il senso di ciò che doveva trascrivere) di sostituire alle parole dell’originale voci sinonime o frasi che tornassero a dir presso a poco [p. 32 modifica]la stessa cosa[5]; e ciò specialmente laddove il copista poteva ricordarsi di espressioni consimili ricorrenti in altra parte del Poema[6], o gli cadevan sotto la penna vocaboli usati da Dante promiscuamente per indicare la stessa persona o cosa[7]. Con ciò non intendo escludere, anzi giustifico fino a un certo punto, la possibilità della discendenza da una fonte comune di tutti i codici del Nardi; dico bensí che, qual ne sia la ragione, il testo varia nei diversi esemplari, da non potersi ammettere senz’altro prove che presuntive la esistenza di una volgata piú o meno estesa nei manoscritti. La questione della discendenza dei Danti Barberiniani da una o piú fonti è ben diversa; né il Marchesini ha fatto speciali ricerche in proposito. Utile elemento per la soluzione del problema potrebbe essere il confronto della lezione di que’ Danti con quella dell’Ottimo Commento e del codice Landiano di Piacenza, poiché in questi due antichissimi testi si riscontrano lezioni errate che compaiono pure nei Barberiniani, e specialmente nel gruppo che il Marche[p. 33 modifica]sini chiama Strozziano[8]; ed è notevole che in alcuni luoghi dove tutti o parte dei Barberiniani hanno un errore grossolano di lezione, nel codice piacentino apparisca una correzione su raschiatura, che fa supporre originariamente avesse egli pure quell’errore.[9] Ad ogni modo è certo che per ammettere o negare sicuramente la discendenza di tutti i codici di Francesco di ser Nardo da un solo esemplare, bisogna far prima spogli, non parziali, ma generali, di tutti quei [p. 34 modifica]codici, e anche di altri derivati dai Cento, che possano rappresentarci qualcuno dei tanti perduti: e non basta; occorre pur conoscere la lezione dei mss. appartenenti ad altre famiglie, segnatamente dei piú antichi, e del Commento Laneo anzi tutto, che ci riporta a ben pochi anni dopo la morte di Dante. Senza questo lavoro non si può misurare il valore delle varianti; né giudicar quindi se diano indizio di padre diverso, o siano da attribuire all’arbitrio del copista; se siano caratteristiche di un gruppo o comuni a piú gruppi; e tanto meno, determinare la relazione tra varî gruppi.[10] [p. 35 modifica]

Piú modesti limiti pose a’ suoi studî il Marchesini. Avendo, insieme con due suoi valenti condiscepoli, diretto il lavoro proposto dal prof. Bartoli ai suoi alunni, di spogliare i codici fiorentini del Poema dantesco in 150 punti circa, scelti da tutte e tre le cantiche, egli ha giudicato della lezione dei Cento dal materiale cosí raccolto. E ha cercato trarne quei migliori resultati che ha potuto; ed è arrivato a stabilire un [p. 36 modifica]gruppo di mss. che, come abbiamo detto, denomina Strozziano, nel quale ha anche distinto due sottogruppi, costituito l’uno dei mss. Laurenziani-Strozziani 149 e 152 e Riccardiano 1048, l’altro dei Laurenziani XL, 14, Laurenziani-Strozziani 150, 151, 153 e Laurenziano Acquisti 86. E i suol resultati nel complesso credo, anche per quello che resulta dalle mie ricerche, siano da accogliere; pur la prova ch’ei dà [p. 37 modifica]dell’esistenza del gruppo riesce poco sicura, poiché si fonda non sulla concordanza in varianti od errori che non si rinvengono affatto in altri gruppi o vi si trovano tutto al piú sporadicamente, ma sulla concordanza in lezioni, che per esser genuine, sono comuni a quasi tutti i codici della Commedia, o che, pur essendo secondarie, hanno larghissima base nei mss.[11] Certo, il concordare in 150 passi circa qualche cosa [p. 38 modifica]vuol dire; e specialmente nel nostro caso, dove anche l’esame dei codici nella loro parte esteriore ci porta a presumere una grande affinità di lezione fra essi: ma per codici di mani diverse, e scritti in tempi diversi, sarebbe prudente dall’accordo di un centinaio e mezzo di varianti cosí comuni dedurre l’identità o quasi degli altri quattordicimila versi della Commedia? Del resto, anche nel nostro caso io dubito molto che possa ascriversi al gruppo Strozziano il codice Laurenziano XL, 16. Se la ragione di tutti o di parte almeno dei gruppi che potranno farsi di questi Danti del Cento (dato che l’amanuense trascrivesse «da copie fatte da lui stesso, e perciò leggermente, ma successivamente, modificate») sarà da trovare in un maggior accordo che sia per essere fra codici scritti in tempi piú vicini, ben so che non si potranno stabilir confini molto precisi tra l’un gruppo e l’altro. E so pure che dei codici del Cento che, secondo me, non appartengono al gruppo Strozziano, il Laurenziano XL, 16 è quello che piú gli s’avvicina; ma da un esame piú largo dei mss. Barberiniani apparirà dover [p. 39 modifica]esso venir congiunto, piuttosto che cogli Strozziani, coi seguenti codici: Estense VIII, F, 20; Marciano Zanetti LI; Laurenziani XL, 12 e XL, 15 e fors’anche Magliabechiani II, I, 30; II, I, 32, e Conventi C, III, 1262. Ma per riuscire a stabilire gruppi sicuri e determinare di ciascuno le varianti caratteristiche, altra via era da tenere: esaminare prima la parte esterna dei mss., per notare le maggiori o minori somiglianze nella scrittura, negli ornamenti, nelle rubriche; poi spogliare per intero i codici di Francesco di ser Nardo, ed escluder le varianti individuali o proprie di un solo ms., e quelle generali o comuni ad altri codici di mano diversa né discesi da quelli di Francesco di ser Nardo; o almeno spogliare per intero tre o quattro codici, che da notamenti del copista o dalle rubriche o da altri indizi esteriori fossero apparsi scritti in tempi diversi, e nei luoghi dove si fossero trovate varianti notevoli allargare lo spoglio a tutti i codici Barberiniani e ad altri di famiglie diverse, per poi far la stessa cerna delle varianti individuali e generali. Non è qui il luogo di mostrare quali aggruppamenti vengano cosí a disegnarsi, e quali possano tenersi lezioni caratteristiche di ciascuno: dirò soltanto che ve ne sono di molto notevoli, specialmente pel fatto che errori grossolani si ripetono in tutti o in parte dei codici di Francesco di ser Nardo:

Inf.
XI, 108: prender sua figlia (l. vita).
XVII, 6 vicin al fiume de passeggianti marmi (l. fin de passeggiati).
Purg.
II, 107 innamoroso all’amoroso (l. memoria e uso).
V, 74 che mi fur fatti in su qual io sedea (l. ond’usci il sangue).
XI, 98 la gloria di colui (l. della lingua).
XIII, 3 lo nome (l. monte).
XIX, 34 e 35 Io uolsi li occhi ai buon maestro e mentre Voci come se dicesse (l. e ’l buon maestro: almen tre Voci t’ho messe).
XXII, 105 calemitrie (l. che ha le nutrici).
XXIII, 84 tema per tema (l. tempo per tempo).
XXXII, 102 torma (l. Roma).
Par.
I, 66 le luci eterne (l. fissi o fisse).
X, 112 nella nea mente (l. nell’alta).
XIV, 49 condition crescer (l. vision).
XXIV, 64 fede è speranza (l. sustanzia)

Queste e simili varianti, la cui importanza per fissar le famiglie dei testi a penna è manifesta, non possono venir fuori da uno spoglio di codici fatto su un ristretto numero di luoghi scelti a priori.

L’essersi limitato a uno spoglio parziale, e il non averlo esteso a tutti i codici di Francesco di ser Nardo, ha impedito al Marchesini di accorgersi di un’altra cosa molto importante; della relazione dei Danti Barberiniani colla famiglia Vaticana. Il Moore ricercò già di questa famiglia, e con buon metodo, le varianti caratteristiche; ma alcune di esse, come di là in parte ancor (Purg. XIII, 144Fonte/commento: Pagina:Per il testo della Divina Commedia Barbi, 1891.djvu/57), et e prima appetibile l’effetto Che sono in voi (XVIII 57 e 58), piú dolente (XXVI 7), fiume che aspetta (XXVIII, 123), per fame (Par.Fonte/commento: Pagina:Per il testo della Divina Commedia Barbi, 1891.djvu/57 XXX, 141), torma (Purg.Fonte/commento: Pagina:Per il testo della Divina Commedia Barbi, 1891.djvu/57 XXXII, 102), sono comuni ai Danti dei da Barberino, fatta eccezione per il Trivulziano 1080Fonte/commento: Pagina:Per il testo della Divina Commedia Barbi, 1891.djvu/57, Quest’altre cred’io che (Inf. XIII, 25), m’aggiunse (XVII, 96), lo fiume (Purg. XVI, 142), e l’altro patricida, (XX, 104), insieme assommi (XXI, 112), quel dunqua (XXIII, 36), gustare (XXV, 51), la donna mia a me (XXIX, 14), solo il [p. 41 modifica]lume (XXIX, 71), le rote (XXX, 111), suo piacer (Par. V, 88), spiro (XXIII, 103), di quella schiera (XXV, 14), ciascuna cosa (XXVI, 93), la ti dico (XXVI, 96), li occhi sfavillaro ([[Divina Commedia/Paradiso/Canto XXVIII|XXVIIIFonte/commento: Pagina:Per il testo della Divina Commedia Barbi, 1891.djvu/57]], 90), la materia (XXXIII, 57), tutti conflati (XXXIII, 89) si trovano pure in uno o piú dei mss. Barberiniani, che fin qui ho potuto esaminare. Che piú? Il Laurenziano XL, 15, che a me sembra sicuramente del Cento, è posto dal Moore nella famiglia Vaticana; maggiori diritti d’appartenervi possono vantare il Marciano Zanetti L, e il Laurenziano XL, 35 che però non sono sicuramente della mano di Francesco di ser Nardo; e tutti e tre, tolto che per l’Inferno, concordano assai bene coi rappresentanti piú normali del gruppo. Ha dunque la famiglia Vaticana avuto origine da uno dei gruppi de’ Danti del Cento? Par molto probabile; tanto piú che molti dei codici che la costituiscono, sono piú recenti dei Nardiani: tuttavia la cosa va ancora studiata.

Dei Danti del Cento non fiorentini, il Marchesini non ne studia che due; un frammento trovato nell’Archivio notarile di Sarzana, e il Lolliniano di Belluno.

Il frammento sarzanese (Purg. XXV, 40-XXVII, 78; Par. II, 7-III, 21) fu dato per intero alle stampe dal sig. Roberto Paoletti, seguito da sei fotografie che ritraggono l’originale.[12] Ma invece di farne la trascri[p. 42 modifica]zione diplomatica, egli «ha creduto bene di separare le proclitiche e le enclitiche, di scriver le parole come si usa scriverle oggidí, indicando in nota come sono scritte nella pergamena»; il che porta spreco di carta e di tempo, tanto per l’editore quanto per lo studioso, e nessun vantaggio correspettivo, che, frammentario e senza titoli speciali di correttezza, quel testo non può servire se non come materiale per la ricostituzione critica della lezione genuina del Poema; e per ciò tanto è piú adoprabile, con quanta maggior fedeltà è dato. Anche inopportuna è la dottrina filologica, non sempre buona, con cui si è voluto nelle note giustificare ogni varietà grammaticale fonetica del manoscritto di fronte all’uso moderno; meglio sarebbe stato che fosse piú perfetta la trascrizione. Poiché per quanto può dedursi dalle fotografie, piuttosto mal riuscite, nel c. XXV al v. 78 deve leggersi della vite, invece che dalla vite; al v. 88, la certo scrive, e non la circoscrive; al v. 10 del c. XXVII sarà probabilmente da intendere in su le mani commesse mi presi, come leggono altri codici della stessa famiglia, e non in su le man commesse mi protesi; e in Par. II, 16 rivolti ha il ms. invece di rivolto. Pur dobbiamo esser grati al signor Paoletti della sua utile fatica, non parendomi, come il Marchesini aflerma, che questi frammenti «ricongiungendosi, anche rispetto al testo, ad una numerosa famiglia, e alla famiglia che meglio rappresenta la volgata» vengano «perciò a perdere ogni importanza»; poiché, date le varietà, cui abbiamo accennato, fra un codice e l’altro di Francesco di ser Nardo, non solo i Danti della sua mano, ma anche i loro discendenti saranno utili per riconoscere o ricostruire criticamente il capostipite di tutti quanti, o dei singoli gruppi. Al gruppo Strozziano accedono, come ben [p. 43 modifica]nota il Marchesini, questi frammenti di Sarzana[13], tenendosi piú vicini, parmi potere aggiungere, al codice Braidense AN. XV. 1/2, che dovrà pure essere ascritto a questo gruppo, e al Lolliniano di Belluno, dacché essi tre soltanto, per gli spogli che ho fatti finora, concordano nell’errata lezione vidi orizzonte nato d’un aspetto (Purg. XXVII, 71).

L’altro ms. del Cento non fiorentino, di cui il Marchesini dà conto, è il Lolliniano di BellunoFonte/commento: Pagina:Per il testo della Divina Commedia Barbi, 1891.djvu/57; ma qui ebbe disgraziatamente una guida poco sicura nell’illustrazione fatta di quel codice dal prof A. Fiammazzo,[14] che pure, valente com’è, ha reso utili servigi alla critica del testo della Commedia. Spogliando però il Lolliniano, nonostante avesse coscienza che questi studi minuti sui mss. «tendono unicamente a stabilire la loro genealogia» e a tal uopo «tutto giova», gli avvenne di tralasciare non poche varianti, che tenendo, come faceva, a riscontro il testo del Camerini, dovevano pure apparirgli. Avendo quindi il Marchesini, quando lo spoglio del Fiammazzo taceva, adottato per i suoi riscontri la lezione del testo stampato, che serví per la collazione, si trovò ad avere innanzi molte lezioni discordanti da quelle che recavano gli altri esemplari della famiglia Barberiniana. Ma una recente pubblicazione di Guglielmo Padovan[15] ci ha fatti accorti dell’errore; poiché dove [p. 44 modifica]il Marchesini suppose che il Lolliniano concordasse col testo di riscontro, il codice offre invece la lezione dei gruppo Strozziano, o piú precisamente del sottogruppo costituito dai Laurenziani-Strozziani 149 e 152 e dal Riccardiano 1048. Il Padovan non dà una nuova illustrazione e un nuovo spoglio generale del codice; ma riassume le cose dette dal Fiammazzo e dal Marchesini, e, correggendo quest’ultimo del suo involontario errore, presenta i 143 passi scelti dal Bartoli come si leggono veramente nel Lolliniano. Sarebbe però utile un nuovo spoglio compiuto, poiché non furono omesse le varianti soltanto nei diciassette punti che nella tavola del Marchesini sono distinti in carattere grasso, ma in parecchi altri[16]; e dovrebbe farsi, tenendo a riscontro il testo del Witte, che è quello adottato dal Mussafia per i codici di Vienna e di Stoccarda, e dal Moore per quelli di Oxford.

La necessità di piú precise e piú larghe indagini su questi Danti del Cento si fa ormai molto sentire. La loro importanza è grande, e storicamente e per sé stessi. Le prime edizioni del Poema si fecero su Danti di Francesco di ser Nardo o su loro discendenti;[17] il testo dell’Aldina, che è con poche variazioni [p. 45 modifica]quello del codice Vaticano del Boccaccio, pare, come abbiam detto, esser derivato pur da quei Danti; e il testo critico, quando si farà, credo avrà assai fondamento su di essi, che purgati degli errori e delle lezioni facilmente riconoscibili come secondarie, offrono, specialmente le copie piú antiche, una lezione la quale a paragone delle stampe moderne appar molto primitiva, tanto da parere al Täuber possibile che Francesco di ser Nardo avesse derivato le sue prime copie dall’autografo di Dante. Un argomento in conferma di questa supposizione dello studioso svizzero credè aver trovato nel codice Braidense AN, XV, 171/2 il cav. Francesco Carta, e ne diede, per mezzo del prof. Monaci, comunicazione all’Accademia dei [p. 46 modifica]Lincei.[18] Nel fregio inferiore della prima pagina, quel codice porta uno stemma partito d’oro e di nero con fascia trasversale d’argento, che da alcuni biografi di Dante è indicato come arme antica degli Alighieri; e siccome gli stemmi sono in generale nei mss. segno di proprietà, il Carta volle richiamar sopra il codice Braidense l’attenzione degli studiosi, come a ms. che poteva essere appartenuto a uno degli Alighieri, e quindi aver buon fondamento di testo. Non si limitò però (come doveva) a questo richiamo; ma riconosciuta l’identità di scrittura col Trivulziano 1080Fonte/commento: Pagina:Per il testo della Divina Commedia Barbi, 1891.djvu/57 e col Laurenziano XC sup. 125, gli parve esser «ragionevole conchiudere che il codice Braidense fu scritto da Francesco di ser Nardo o tra il 1337 ed il 1347, o verosimilmente parecchi anni prima del 1337» e deducendo quindi dall’esistenza dell’arme che esso fosse sicuramente ordinato da uno della famiglia Alighieri, giudicò avere in ciò un «buon argomento per credere che il testo sia diretta copia dell’ignoto originale autografo della Divina Commedia». Dopo il chiasso fatto appena divulgata la notizia di questa comunicazione ai Lincei, e dopo quanto è stato scritto nella Rivista critica dal prof. Luigi Gentile (a. VII, n. 4), spenderò sulla questione poche parole. Noterò che lo stemma suindicato oltre che nel codice Braidense e nel Riccardiano 1010, si trova nel Laurenziano-Strozziano 151 e fors’anche nel Laurenziano XL, [p. 47 modifica]14,[19] il che viene a confermare che l’arme fosse veramente degli Alighieri, o che almeno il copista la ritenesse tale; e nello stesso tempo a mostrare che vi venisse posta solo per ornamento, come per lo stesso fine sembra posta nel codice Vaticano del Boccaccio l’arme che il Borghini attribuisce agli antichi Alighieri e par piuttosto dei Frangipani.[20] Del resto la prova vera di quanto il Carta correva ad affermare, doveva risultare dall’esame del testo di questo e degli altri codici di Francesco di ser Nardo. Invece un siffatto esame ci porta ad opinione ben diversa; che per quanto ignorante o trascurato si possa immaginare quell’amanuense, non è possibile che in una sola volta introducesse tante lezioni evidentemente secondarie e tanti errori quanti compaiono nel codice Braidense; e il confronto di questo cogli altri suoi fratelli mostra difatti che a questo stato di corruzione si pervenne a poco a poco e quasi insensibilmente;[21] oltre [p. 48 modifica]a ciò l’origine di certe varianti non si spiega se non ammettendo una serie d’alterazioni dovuta a successive trascrizioni del Poema.[22] Cosí il ms. Braidense viene a trovar posto tra le copie piú recenti del Nardi, come del resto anche dall’esame esterno del [p. 49 modifica]codice apparisce piú probabile; e agli studiosi di Dante rimane pur troppo ancora il peso di fissare le relazioni dei Danti del Cento coll’autografo dantesco per mezzo di raffronti larghi e minuti di tutti i mss. della Commedia.

A proposito de’ quali ulteriori studi sul testo del Poema mi sia lecito d’aggiungere qui che queste mie ultime indagini sui mss. danteschi m’hanno confermata la necessità ch’io cercai dimostrare nel precedente articolo, e sulla quale ho anche insistito nel corso di questo: a voler giungere a risultati sicuri, tanto nel fissare colla maggior precisione desiderabile le famiglie dei testi a penna, quanto nello stabilire le relazioni tra esse famiglie, gli spogli devono essere non parziali, ma generali. Con che non intendo disconoscere l’utilità di uno spoglio anche ristretto di luoghi opportunamente scelti, in quanto potrà offrire qualche lume a proceder con piú ordine nello studio ulteriore e compiuto dei mss.; e ben ha fatto la Società dantesca italiana a proporre quel suo Canone di 400 passi,[23] tanto piú che [p. 50 modifica]scelta appar fatta a posteriori quanto era possibile, giovandosi di molto materiale edito e inedito, e si è inoltre raccomandato di far precedere a ciascuno spoglio la descrizione compiuta del codice e la trascrizione delle rubriche. Che tal lavoro però basti a risolvere il problema del testo critico, non credo sia passato per la mente di nessuno: servirà a stabilir gruppi piú o meno larghi, piú o meno sicuri; e nient’altro. Se poi si credesse far avanzare il lavoro con nuovi canoni parziali per ciascun gruppo, sarebbe un proceder davvero poco avveduto, non potendosi fondare alcun sicuro ragionamento sopra varianti le quali s’ignora se esistano o no fuori del gruppo, e quale estensione v’abbiano. E dato anche che si riuscisse a qualche piú preciso aggruppamento, con qual canone o serie di canoni sarà poi possibile il riconoscimento o la ricostituzione critica del capostipite dei sottogruppi, dei gruppi, e delle famiglie, o anche semplicemente il riconoscimento del piú autorevole rappresentante di ciascuno di tali raggruppamenti? Ma su questa ed altre questioni concernenti il testo del Poema, non mancherà, spero, né tempo né occasione di tornare a discorrere con piú larghezza: intanto fo voti che l’invito della Società dantesca trovi favore fra gli studiosi; poiché se il lavoro verrà fatto con quella sollecitudine ed esattezza che è desiderabile, sarà davvero, come promettono gli illustri uomini che han proposto il Canone, «buon avviamento a quell’edizione critica della Divina Commedia che l’Italia deve da piú secoli al suo Poeta».

Note

  1. I Danti «del Cento». Firenze, Landi, 1890 (Estratto dal n. 2-3 del Bullettino della Società dantesca italiana), — Ancora dei Danti «del Cento». Ivi, 1890 (Estratto dal n. 4 dello stesso Bullettino).
  2. Tra certi, probabili e dubbî, il Täuber ne annovera 53, anzi 54, possiam dire, tenendo conto che nel Laurenziano XC sup. 125 son frammenti di due manoscritti diversi, ambedue di Francesco di ser Nardo. Per alcuni è sicuramente corso in errore; ma alla sua lista, si possono oggi aggiungere il Riccardiano 1010, il Lolliniano del Seminario di BellunoFonte/commento: Pagina:Per il testo della Divina Commedia Barbi, 1891.djvu/57, i frammenti scoperti nell’Archivio notarile di Sarzana, e i frammenti di due codici che si conservano a Bologna nell’Archivio di Stato.
  3. Cfr. Moore, Contributions to the textual criticism of the Divina Commedia, Cambridge, 1889, pp. 515 seg.
  4. Occhi e orecchi, parer e piacer, lega e niega, aere e ale, luce e voce, ramarca e ramenta, frate e padre, lunga e larga, piange e frange, mondo e monte, tema e tempo, sfogo e fungo, dolente e rovente, novità e vanità, torma e roma, organi e ordini, secondo risponde e seco corrisponde, ecc. ecc.
  5. Parlar a dir, in parte ad in loco, domanda a ma parla, dal ciel a dell’alto, foco a caldo, sí ripieno a tanto pieno, di Dio a divin, eran quivi i dolenti ad eran l’ombre dolenti, veder a mirar, era a parea, mi disse a parlommi, occhi a viso, cagion a virtú, ecc. ecc.
  6. Ad esempio: Inf. I, 47 bramosa fame (cfr. Inf. I, 98); Inf. III, 41 profondo abisso (cfr. Inf. XI, 5); Par. XXIII, 68 antica prora (cfr. Inf. VIII, 29). E piú notevole è che il Laurenziano XL, 14 sostituisca nella terza cantica al v. 123 del c. XXIX ad ogni promission si converrebbe, il v. 96 del c. XI meglio in gloria del ciel si canterebbe.
  7. Maestro, duca, poeta; cinghio e cerchio; scorta e guida, ecc.
  8. Nel rapido esame che potei fare del Landiano qualche tempo fa, notai i seguenti errori che pur si rinvengono nei mss. Nardiani: Inf. XI, 106 da queste cose se tu; XVII, 74 la faccia e di fuor; XXXII, 128 cosi soura li denti — Purg. IV, 54 perche suole; VII, 26 a ueder; XI, 36 delle stellate; XIII, 144 di la in parte ancor; XVIII, 57 e 58 et e prima appetibile l’effetto che sono in uoi; XVIII, 106 favore acuto; XIX, 140 mio pregar disagia; XXVI, 7 piú dolente; XXVII, 135 che quella terra; XXIX, 50 candelabri accesePar. IX, 78 faceuan la cuculla.
  9. Noto in corsivo le lettere in rasura del codice Landiano e gli errori dei mss. Barberiniani: i puntolini stanno a indicare che le lettere sostituite non hanno riempito tutto il posto che occupavano quelle raschiate — Inf. IX, 45 feroci erine (Barb., trine); XII, 103 io.. vidi (Barb., quiui vidi); XVI, 26 che n contraro (Barb., che n tra loro) — Purg. XVII, 40 frange (Barb., piange); XVIII, 70 poniam (Barb., ponean); XXI, 61 suo uoler (Barb., soluer si); XXII, 58 che clio.. teco (Barb., che li creo teco); XXII, 105 le mitrice [la prima sillaba mi non è corretta, potendosi anche legger nu, trascurando il segno che è sull’i] (Barb., le mitrie); XXV, 88 circūscrive (Barb., certo scrive); XXVII, 16 tutto mi protesi (Barb., commesse mi presi) — Par. XXII, 152 li eterni (Barb., lei et li); VI, 25 bellisar (Barb., bellisan); XXIX, 4 che l cienit (Barb., che li tiene); XXXI, 24 obstante (Barb, dauante); XXXI, 142 ardenti (Barb., actenti).
  10. Vo’ qui notare quelle varietà di lezione che piú mi son parse notevoli fra due codici di Francesco di ser Nardo; il Trivulziano 1080Fonte/commento: Pagina:Per il testo della Divina Commedia Barbi, 1891.djvu/57 e il Braidense AN. XY. 17 1|2, il qual ultimo appartiene sicuramente al gruppo Strozziano — Inf. I, 47 Tr. bramosa fame, Br. rabbiosa fame; II, 56 Tr. cominciommi a parlar, Br. e cominciommi a dir; III, 41 Tr. profondo abisso, Br. profondo inferno; IV, 24 Tr. cerchio, Br. cinghio; IV, 142 Tr. Et uidi l geometra, Br. Euclide geometra; V, 28 Tr. io vengno in parte, Br. io venni in loco; V, 41 schiera larga, Br. schiera lungaFonte/commento: Pagina:Per il testo della Divina Commedia Barbi, 1891.djvu/57; V, 73 poeta, Br. maestro; VII, 125 Tr. ynno lor gorgogla, Br. inno gorgollian; VIII, 90 Tr. sicuro, Br. ardito; VIII, 101 Tr. andar, Br. l passar; IX, 64 Tr. sucide, Br. torbide; X, 136 Tr. spicciar, Br. spiacer; XIII, 35 Tr. dir, Br. gridar; XV, 39 Tr. caldo, Br. foco; XVII, 2 Tr. monti, Br. muri; XVIII, 116 Tr. feccia, Br. merda; XXI, 113 Tr. dugento un, Br. dugento; XXIV, 104 Tr. polver, Br. cener; XXV, 105 Tr. trafitto, Br. feruto; XXXII, 35 Tr. eran quivi i dolenti, Br. eran l ombre dolenti; — Purg. I, 27 Tr. veder, Br. mirar; II, 10 Tr. erauam, Br. andavam; II, 54 Tr. gente, Br. colui; II, 93 Tr. come e tanta ora, Br. come era tanta terra; III, 50Fonte/commento: Pagina:Per il testo della Divina Commedia Barbi, 1891.djvu/57 Tr. piu rotta rovina, Br. piu rimota via; VI, 15 Tr. fuggendo, Br. correndo; VII, 103 Tr. nasuto, Br. nasetto; VIII, 121 Tr. certo diss io, Br, o diss io lui; X, 79 Tr. era calcato Br., parea calcato; XII, 4 Tr. loro, Br. lui; XII, 94 Tr. invito, Br. annuncio; XIII, 34 Tr. lire, Br. uoci; XIII, 35 Tr. cominciai, Br. domandai; XIII, 43 Tr. li occhi, Br. il viso; XIII, 154 Tr. perderanno, Br. metteranno; XIV, 60 Tr. spaventa, Br. sgomenta; XIX, 53 Tr. scorta, Br. guida; XIX, 102 Tr. tien la cima, Br. fu sua cima; XIX, 125 Tr. gïunto, Br. alto; XXI, 126 Tr. forza, Br. forte; XXII, 96 Tr. de l andare, Br. del salir; XXII, 97Fonte/commento: Pagina:Per il testo della Divina Commedia Barbi, 1891.djvu/57 Tr. amico, Br. antico; XXIII, 106 Tr. sventurate, Br. svergognate; XXIV, 33 Tr. si vide, Br. si senti; XXIV, 99 Tr. buon, Br. gran; XXVII, 65 Tr. talliaua, Br. tollieua; XXVIII, 68 Tr. tractando, Br. traendo; XXVIII, 123 Tr. acquista, Br. aspetta; XXX, 73 Tr. ben son ben son, Br. ben sem ben sem; XXXI, 132 Tr. danzando, Br. cantando; XXXIII, 33 Tr. facci, Br. parli; XXXIII, 46 Tr. e sappi, Br. e forsePar. I, 92 Tr. proprio, Br. primo; II, 2 Tr. avanzar, Br. ascoltar; II, 124 Tr. omai, Br. a me; III, 15 Tr. tosto, Br. forte; III, 55 Tr. spera, Br. sorte; III, 121 Tr. mi disse, Br. parlommi; IV, 81 Tr. rifuggir, Br. ritornare; IV, 132 Tr. pinge noi, Br. pinge l ver; V, 34 Tr. maggior, Br. primo; V, 95 Tr. lume, Br. segno; V, 113 Tr. saver, Br. d udir; V, 115 Tr. ben creato, Br. bene nato; V, 120 Tr. piacer, Br. voler; VI, 23 Tr. di mostrarmi, Br. d inspirarmi; VII, 103 Tr. l orme, Br. le uie; VIII, 64 Tr. testa, Br. fronte; IX, 4 Tr. volger, Br. muouer; IX, 19 Tr. voler, Br. disio; X, 42 Tr vista, Br. lume; X, 59 Tr. core, Br. amore; XI, 19 Tr. lume, Br. raggio; XI, 82 Tr. ferace, Br. uerace; XI, 86 Tr. sposa e con la sua, Br. donna e con quella; XI, 116 Tr. partir, Br. mouer; XII, 40 Tr. sempre, Br. lassu; XIV, 27 Tr. sanctà, Br. eterna; XIV, 49 Tr. vision, Br. condition; XVI, 10 Tr. dal voi, Br. da l uom; XVI, 30 Tr. rispondere, Br. risplendere; XVI, 141 Tr. altrui rei conforti, Br. altrui conforti; XVI, 144 Tr. lo primo giorno, Br. la prima volta; XVII, 9 Tr. bene della interna, Br. lieue della ectema; XVII, 39 Tr. segnata, Br. dipinta; XVII, 56 Tr. caramente, Br. pienamente; XVIII, 6 Tr. cosa, Br. torto; XVIII, 75 Tr. lunga, Br. altra; XIX, 49 Tr. millior, Br. minor; XIX, 71 Tr. Nilo, Br. Indo; XX, 81 Tr. soffrio, Br. patio; XXI, 5 Tr. mi disse allor, Br. mi comincio; XXI, 11Fonte/commento: Pagina:Per il testo della Divina Commedia Barbi, 1891.djvu/57 Tr. vedere, Br. podereFonte/commento: Pagina:Per il testo della Divina Commedia Barbi, 1891.djvu/57; XXII, 22 Tr. ritornai, Br. dirizzai; XXII, 54 Tr. pensier, Br. ardor; XXII, 61 Tr. caldo, Br. alto; XXIII, 68 Tr. ontica, Br. ardita; XXIII, 123 Tr. alito, Br. animo; XXIII, 125 Tr. cima, Br. fiamma; XXIV, 12 Tr. volte, Br. forte; XXIV, 19 Tr. careçça, Br. belleçça; XXIV, 64 Tr. substantia, Br. sperança; XXV, 3 Tr. piu, Br. molti; XXVI, 1 Tr. viso, Br. lume; XXVI, 87 Tr. uirtu, Br. cagion; XXVIII, 50 Tr. rote, Br. cose; XXIX, 47 Tr. creati, Br. electi; XXIX, 125 Tr. si correrebbe, Br. si conuerebbe; XXIX, 125 Tr. altri assai che sono ancor piú porci, Br. altri ancor che son peggio che porci; XXX, 39 Tr. pura, Br. uera; XXX, 43 Tr. letitia, Br. militia; XXX, 76 Tr. i fiori, Br. il fiume; XXX, 132 Tr. piu, Br. ormai; XXXI, 20 Tr. moltitudine, Br. pllenitudine; XXXI, 54 Tr. fermato fiso, Br. fermato il uiso; XXXI, 142 Tr. contenti, Br. actenti; XXXII, 89 Tr. piouer portata da le menti, Br. seco portata nelle menti; XXXIII, 27 Tr. tosto, Br. alto XXXIII, 98 Tr. statua fixa, Br. miraua fissa. — Dal numero e dalla natura di queste varianti alcuno potrebbe credersi autorizzato ad ammettere senz’altro una pluralità di fonti pei codici di Francesco di ser Nardo. Ma non mancano tra i due mss. anche notevoli concordanze in lezioni secondarie o in errori grossolani: Inf. I, 28 chom io posato un poco: II, 81 ch aprirmi; IV, 141 tulio e alino; XI, 37 odii homicidi; XVII, 74 la faccia; XXX, 51 da l altro che l uom. — Purg. IV, 54 perche suol; VII, 26 a veder; XI, 36 delle stellate; XIFonte/commento: Pagina:Per il testo della Divina Commedia Barbi, 1891.djvu/57, 129 quagiu; XIX, 140 pregar; XX, 67 per uicenda; XX, 141 e io il compresi; XXI, 25 ma per colei; XXXI, 84 uincer che l altre qui. — Par. XIX, 100Fonte/commento: Pagina:Per il testo della Divina Commedia Barbi, 1891.djvu/57 poi seguitaro; XXIX, 100 Et mentre. Oltre a ciò, pel confronto di altri codici e del Cento e di famiglie diverse si vede che molte di quelle varianti sono entrate, a poco a poco, nei Barberiniani per arbitrio del copista. Che se ne conclude? Sin che per lo spoglio generale dei codici non saremo in grado di stabilire la quantità precisa delle concordanze e delle discordanze, e per pazienti raffronti su tutti i mss. non ci sarà dato di fissare quando una variante sia entrato nella tradizione manoscritta, o almeno quale estensione v’abbia, non potremo stabilire sicuramente né le famiglie dei testi, né le loro reciproche relazioni rispetto all’autografo.
  11. Per es. vidi e conobbi (Inf. III, 59) è stata trovata dal Moore in 237 codici su 240; parte della fede (Inf. IV, 36) e lezione, secondo il Täuber, di 397 su 400 mss.; succedette (Inf. V, 59) è tanto comune nei testi, che sugger dette si trova appena; piú dalla carne e men da’ pensier è stata notata dal Moore in circa 200 mss., mentre la variante men.... piú in soli 4. Lo stesso, o presso a poco, ho ragioni per credere debba avvenire in: Inf. VI, 31 (facce lorde, var. foci o fauci); VII, 15 (fiera, var. bestia); XIV, 3 (fioco, var. roco); XIV, 87 (negato, var. serrato); XV, 121 (rivolse, var. parti); XXX, 31 (tremando, var. tirando); Purg. X, 120 (si picchia, var. si nicchia); XVII, 112 (dividendo, var. procedendo); XXIII, 49 (contendere, var. attendere, intendere); XVII, 66 (basso, var. lasso); Par. VIII, 62 (Catona, var. Crotona); IX, 10 (fatture empie, var. fatue ed empie); XI, 111 (meritò, var. acquistò); XVI, 94 (porta, var. poppa).
  12. Frammento di un codice della Divina Commedia scritto sulla fine della prima metà del secolo XIV che si conserva nell’Archivio notarile di Sarzana pubblicato per cura di Roberto Paoletti e seguito da sei fotografie ecc. Sarzana, Tellarini, 1890.
  13. Le varietà che il Marchesini nota tra i Frammenti e lo Strozziano 150, insignificanti per sé stesse, scemano, facendo il confronto con altri rappresentanti del gruppo.
  14. Codici Veneti della Divina Commedia. Il Lolliniano di Belluno illustrato da Antonio Fiammazzo. Udine, Doretti, 1889.
  15. Il codice Lolliniano di Belluno, uno «dei cento». Belluno, tip. dell’Artigiano, 1891 (Estratto dal giornale L’Alpigiano).
  16. Gentili comunicazioni fattemi dal prof. Padovan per questi miei studî mi danno modo d’indicare alcune altre omissioni: Inf. XVII, 6 vicin al fiume; Purg. XVIII, 83 cortese più che nulla mantovana; XIII, 44 ma nella faccia sua; XXIV, 36 di me veder contezza; XXXI, 123 or con altri or con altri reggimenti; XXXII, 102 di quella torma onde Cristo; Par. IX, 19 al mio disio tosto; XIV, 122 per l aere una melode; XVII, 56 piu pienamente et questo.
  17. Ecco una serie di errori comuni a tutti o a piú codici di Francesco di ser Nardo coll’indicazione delle stampe, in cui pur si riscontrano: Inf. XI, 108 prender sua figlia (Fol. Jes. Nap. Vend.); XVII, 6 uicinal fiume de passeggianti marmi (Fol. Nap. Vend.) - o - al fin de passeggianti (Mant.); XXIX, 65 la sinistra (Fol. Nap. Vend.) — Purg. II, 5 fuor delle bilance (Fol. Vend.); XVIII, 83 cortese piu che nulla mantovana (Jes. Vend.); XIX, 34 liocchi al buon maestro e mentre (Fol. Jes. Nap. Vend.) - o - al buon uirgilio e mentre (Mant., come il codice Marciano Zanetti L); XXII, 105 c a le mitrie nostre (Fol. Mant. Jes Nap.); XXIII, 44 nella faccia sua (Fol. Nap. Vend.); XXIII, 84 tema per tema si ristora (Fol. Jes Nap.); XXIII, 97 dolce padre (Fol. Jes. Nap. Vend.); XXIV, 36Fonte/commento: Pagina:Per il testo della Divina Commedia Barbi, 1891.djvu/57 di me ueder contezza (Fol. Nap.); XXVII, 71 orizzonte nato (Fol. Jes. Nap.) XXVIII, 34 coi pie e con gli occhi ristretti passai (Jes. Vend.) - o - coi pie ristretti e con gli occhi passai (Fol. Mant. Nap.); XXXI, 143 trattando a render (Fol. Nap. Vend.); XXXII, 102 quella torma (Fol. Nap. Vend.) — Par. I, 78 rota che ti (Fol. Nap.); XIV, 49 la condition crescer (Fol. Jes. Nap. Vend); XIV, 122 per l aere (Jes. Vend.); XXIV, 64 fede e speranza (Fol. Nap. Vend.); XXX, 111 ne fioretti adimo (Fol. Mant. Jes Nap.); XXXI, 80 per aver salute (Fol. Nap.); ecc.
  18. Di un aneddoto dantesco: lettera del cav. F. Carta con una nota di Ernesto Monaci. Roma, tip. della R. Accademia dei Lincei, 1891. (Estratto dai Rendiconti dell’Accademia, voi. VII, 1° sem., fasc. 10).
  19. Nel Laurenziano XL, 14 si distingue oggi solo la fascia bianca trasversale; il resto è cancellato: nello Strozziano 151Fonte/commento: Pagina:Per il testo della Divina Commedia Barbi, 1891.djvu/57 si conosce bene il mastice dell’oro e la fascia bianca; l’altra metà dello stemma è abrasa. — Questi quattro Danti che recano lo stemma, appartengono tutti al medesimo gruppo, allo Strozziano: varietà di lezione però non mancano tra loro.
  20. Cfr. G. L. Passerini, Di una supposta copia dell’originale della «Commedia» e dell’arme antica di casa Alighieri. Venezia, Olschky, 1891 (Estratto dall’Alighieri, a. III fasc. 1°), a pag. 6.
  21. Agli errori riferiti nella nota 1 della pag. 34 e nella nota 2 della pag. 44 possono esser aggiunti i seguenti: Inf. III, 7 dinançi annoi; V, 101 mi prese costui; VII, 6 ci terra; VII, 67 maestro mio dissio lui; X, 89 omesso disse; XI, 84 pero men dio; XI, 99Fonte/commento: Pagina:Per il testo della Divina Commedia Barbi, 1891.djvu/57 suo corpo; XI, 106 queste cose; XII, 41 tremo si forte che i p.; XII, 103 quiui uidi; XIII, 85 ricominciai; XVI, 26 sichentraloro il c.; XIX, 59 non ueder cio; XXI, 106 disse ame; XXIV, 48 ma sotto: XXVII, 4 a noiPurg. I, 86 omesso di la; I, 88 dal mar fo dimora; II, 35 tali con lecterne p.; II, 107 innamoroso alamoroso canto; III, 9Fonte/commento: Pagina:Per il testo della Divina Commedia Barbi, 1891.djvu/57 come me p.; III, 30 ragion; VIII, 76 assai dilei uisicomprende; VIII, 129 dellabonta; XI, 98 la gloria di colui; XII, 5 contali; XIII, 3 lo nome; XIII, 5 dintorno al fosso; XIII, 146 omesso rispose; XIV, 120 romagna; XVII, 17 moueati; XVII, 19 dicolei, XVII, 40 sipiange il sono; XVIII, 57-58 et e prima appetibile leffecto chesono inuoi; XVIII, 70 pone no; XVIII, 90 alenostre; XIX 99 quot ego sum; XX, 114 tuctolmondo; XXI, 6 e conducemi; XXI, 36 gradire; XXI, 105 manon uuol tutto; XXII, 35 tucta dame; XXIII, 36 e quel dunqua non s.; XXIII, 89 ma alla c.; XXIV, 57 stilo ilnouo chiodo; XXV, 88 lacerto scriue; XXVI, 7 dalente; XXVI, 69 inse inurba; XXVII, 16 mani commesse mipresi; XXVII, 88 pocho pareua li del di difori; XXVIII, 140 letha del brolo; XXIX, 45 delmeçço laterra ancor; XXX, 66 di la dal rio; XXXI, 135 che per virtu. — Par. I, 35 diretroFonte/commento: Pagina:Per il testo della Divina Commedia Barbi, 1891.djvu/57 dasse forse; II, 117 distracte; II, 121 questi ordini; ecc. ecc. Che tutti questi errori non sono entrati nel testo del Poema in una volta sola (e ciò che dico pel Braidense, vale anche per gli altri codici stemmati, che hanno preseo a poco gli stessi errori), si potrebbe dimostrare sicuramente; ma qui con posso dilungarmi quanto per ciò sarebbe necessario.
  22. La lezione dell’autografo dantesco era certamente in Purg. XVIII, 83 Pietola piú che villa mantovana: alcuni codici di Francesco di ser Nardo, come l’Estense VIII F 20, i Laurenziani XL, 12 e XL, 15, e il Marciano Zanetti L leggono pietosa piú che nulla mantovana. Solo da un esemplare che avesse qesta corrotta lezione può esser derivata la variante che il Braidense ha comune con molti suoi fratelli, cortese piú che nulla mantovana — Al v. 34 del c. XXVIII della stessa cantica l’autografo doveva leggere coi piè ristetti e con li occhi passai; la lezione del Braidense coi pie e con li occhi ristretti passai suppone necessariamente che testi intermedii recassero coi pie ristrecti e con li occhi passai; e ciò avviene infatti nei codici Laurenziano XL, 16 e Marciano Zanetti LI. Cosí dall’originale per quello che Clio teco li tasta (Purg. XXII, 58) appare essersi giunto a per quel che li creo teco li tasta dopo almeno un primo cambiamento di Clio in crio (Laurenz. XL, 35); e da e urania (Purg. XXIX, 41) a e ora me dopo equivoci successivi come euranie, eurame (Trivulziano 1080Fonte/commento: Pagina:Per il testo della Divina Commedia Barbi, 1891.djvu/57, Laurenziano XL, 12 e XL, 15).
  23. A. Bartoli, A. D’Ancona, I. Del Lungo, Per l’edizione critica della «Divina Commedia» (Nel Bullettino della Società dantesca italiana n. 5-6, settembre 1891, pp. 25-38).