Parere sull'ufficio degl'Ispettori degli studii
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PARERE
sull’ufficio
DEGL’ISPETTORI DEGLI STUDI
NB. Queste opinioni anderebbero esposte con più dignità; ma perderebbero forse il nerbo e la schiettezza con cui furono scritte nel momento dell’osservazione de’fatti su’quali sono fondate.
I. Quali pur sieno gli uffici attribuiti dal governo agl’ispettori degli studi, certo è che non appare quale utilità abbiano sino ad or procacciata, nè a quali danni ed abusi abbiano fino ad or provveduto. Tre sono gli obblighi degl’ispettori: I. Rispondere alle consulte del ministro: JI. Mantenere in vigore le leggi ei metodi degli studi: III. Sorvegliare la disciplina delle università, de’ licei e de’collegi.
II. Quanto al primo dovere il ministro consulta gl’ispettori, o per le leggi di massima, o per quei decreti d’occasione e d’applicazione emananti dalle leggi. Queste leggi generali sono già stabilite; e per quelle che si vorrehbero aggiugnere, essendo dipendenti dalla consulta del consiglio di stato, e dalla sanzione sovrana che può scriverle motu proprio, i lumi degl’ispettori sono quasi superflui, e la loro cooperazione riescirà sempre di pochissima utilità. Non così ne’decreti particolari che sono per così dir giornalieri, e che se hanno bisogno dell’approvazione del principe, sono ad ogni modo motivati dalla direzione generale, e maturati in tutto e per tutto dal ministro. De creto particolare ha per idea relativa cognizione particolare e profonda de’tempi, de’ luoghi, e delle persone; cognizione che nè Sully, nè Niccolò Machiavelli, quando pur fossero nostri ministri, potrebbero avere senza la fede e l’aiuto di molti occhi e di molte lingue. Il ministro per esempio crederà utilissimo e necessario di stabilire un testo per la cattedra di fisica: ma tocca agl’ispettori di esaminare e fare esaminare dagli scienziati quel testo, e di proporlo in via di consiglio al ministro che lo ha domandato. Così spetta agl’ispettori di esaminare la fama letteraria e civile degli aspiranti alle cattedre. Or son sei giorni che si mandò alla facoltà medica un testo stampato molt’anni addietro, e quindi pieno di difetti che le scoperte recentissime nella scienza emendarono. Il professore Carminati in pieno conci storo dichiarò che egli per onore della scienza e del principe non avrebbe letto quel vecchio testo se non se per confutarlo pubblicamente. È vero che il torto può anch’essere o nella invidia, o nelle opinioni del professore: ma gl’ispettori hanno essi fatto quanto dovevano per provare false le accuse? E senza queste prove di fatto, come potranno obbligare un professore a seguire un testo anzichè screditarlo? Se usano della pubblica autorità, e se consigliano il ministro ad usarne, non renderebbero forse ridicolo il governo in caso che il testo fosse veramente cattivo? Quindi la tacita connivenza su l’inesecuzione de’ decreti che non si sono discussi e decisi con lumi bastanti; quindi l’insubordinazione palese, quindi il tacito disprezzo per gl’ispettori e la direzione, disprezzo che insensibilmente si riflette sul governo. Ciò che si è detto su l’esame dei testi, si applichi ad ogni altra cosa che richieda un decreto, e più sulla scelta delle persone. Si è mandato ier l’altro un professore che cominciò a fare stocchi con gli usurai, e collette; cose che non si fanno per istantanee passioni, ma per abitudini antiche. A che dunque non esaminare la vita civile del professore. . .? S’è mandato con iscandalo sulla cattedra, e non si può levargliela senza scandalo: così si giunge a non poter soffrire nè i mali, nè i rimedi. Di questi disordini non incolpo nè ispettori, nè direttori, nè ministri, nè principi; ma i disordini esistono, e provano che il ministro dovendo consultar gl’ispettori, questi devono avere ingegno, coraggio, e volontà da non dare cattivi consigli. Devono non solo conoscere i libri e gli uomini, ma ben anche servirsene.
III. Tutti i decreti su gli studi, sui modi e su le persone si devono mantenere; nè ciò si può senza gl’ispettori, poichè l’esecuzione della legge non è commessa che alla fede di chi obbedisce, ed alla forza di chi la impone. Ma il governo non può riposare sulla fede degli uomini, se non in quanto si concilia co’ loro interessi. Se questi sono discordi della legge, trovano vie da eluderle si sottilmente, che fa d’uopo d’una sorveglianza perpetua, nè la forza si può applicare dal governo senza piena certezza della trasgressione. A sì fatta certezza nè il direttore, nè il ministro residenti perpetuamente nella capitale potranno mai giungere; e la pompa e il fracasso delle loro visite nelle provincie abbagliano gli occhi più accorti; sospendono gli abusi, ma non li troncano. Vi sono i reggenti, ma si può pertinacemente asserire che ogni reggente o fa nascere nuovi abusi, o con la sua connivenza fa perpetuare gli antichi. I professori sono di due classi; l’una di pochi celebri e preponderanti, e per lo più con maggiori emolumenti si d’onorario si di guadagno da’loro libri e dalla lor professione; l’altra de’molti di poca fama, e per lo più combattenti con la miseria del loro stipendio. Nella reggenza del professore preponderante vi sarà o la tirannide, o l’indolenza: i tiranni vorranno farsi temere, e si faranno cacciare dalla scolaresca fuori dell’aula fra le baionette e i bastoni, scandali pessimi a tollerarsi, e pessimi a punirsi ne’ giovani: gl’indolenti riposeranno nella loro fama, e non vorranno ne’ pochi mesi della loro reggenza avventurare la loro pace. Quando poi toccherà ad un professore povero di celebrità e di danaro, sarà obbligato a fare l’altrui capriccio, per non essere nell’anno seguente perseguitato ed oppresso. Inoltre sono più facili a nascere e á stabilirsi quegli abusi e que’vizi che non si possono punire per mezzo di tribunali. L’autorità di un ministro può essere o sorpresa o placata; e l’unico rimedio sta nel prevenirli con la sorveglianza. E da che ora si tratta che i regolamenti ed i metodi sieno mantenuti, chi sorveglierà meglio degl’ispettori? Devono dunque risiedere or uno, or l’altrò, ora per molti, ora per pochi giorni nelle università e ne’ licei, assistere alle lezioni, visitare le Biblioteche; e la loro presenza accompagnata dall’idea del loro carattere pubblico e della loro influenza nella direzione, divezzerà a poco a poco gli uomini dagli abusi, ed i reggenti saranno e meno arbitrari e men conniventi.