l’aspirazione, anzi un segno di aspirazione esso stesso, e insomma fratello carnale dell’antico H greco. Antichissimamente pertanto la parola ὕλη pronunziavasi hulh con due aspirazioni, l’una in capo e l’altra da pié (voglio dire insomma che l’η di ὕλη non era da principio lettera mobile e puro carattere di desinenza, ma radicale, il che si deduce dal v che i latini hanno per lettera radicale in questa parola, cioè in silva). Ovvero pronunziavasi hilh, giacché non si può bene accertare qual fosse l’antichissima pronunzia dell’υ greco; se u simile al francese, come lo pronunziavano i greci ai buoni tempi, ovvero i, come lo pronunziano i greci moderni, come si pronunzia in moltissime voci latine o figlie o sorelle di voci greche, e come pronunziano i tedeschi il loro ü. Certo è che gli antichi latini pronunziarono e scrissero le parole che in greco si scrivevano per Y, ora per I ora per u, e quindi correttamente talvolta anche per o, come da sumnus somnus ec. Vedi Pontedera, loc. cit. nella pagina precedente. Per y non mai, carattere greco, il quale graecorum caussa nominum adscivimus, dice Prisciano (lib. I, p. 543, ap. Putsch.); ed è carattere non antico, come dice Cicerone, e pronunziavasi alla greca, come una u francese, secondo che apparisce da Marziano Capella (Vedi Forcellini, l’Encyclopédie e Cellario, Orthograph., p. 6, fine-7, principio). Quindi, nel nostro caso, gli antichi marmi e manoscritti e gli eruditi rigettano la scrittura di sylva sylvestris ec. per silva; scrittura (1278) corrotta e piú moderna, introdottasi presso gli scrittori latinobarbari, come si può vedere nel Ducange. Il che per altro serve anch’esso a mostrare la derivazione o cognazione del latino silva col greco ὕλη, non essendoci altra ragione perché l’uso di tempi ignorantissimi e che non pensavano o sapevano nulla d’etimologie né di greco dovesse introdurre questa lettera greca y in una parola che gli antichi latini scrivevano per