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100 | pensieri | (18) |
é lo stesso che dire una bestia ragionevole, ec. ec. E i romantici, non che facciano la poesia ragionevole, vanno in cerca di mille superstizioni e delle piú pazze cose che si possano mai pensare; il Breme poi dice che l’immaginazione anche al presente ha la sua piena forza e desidera di essere invasa rapita, ec. e anche sedotta (qui vi voleva) purché non da cose al tutto arbitrarie né lontane da quel vero ec. In queste parole, e specialmente in quell’ anche e in quell’ al tutto, mi par di scorgere chiarissimamente l’angustia del metafisico, che vedendo la linea del suo ragionamento torcersi e piegare cerca di rimediarci colle parole. Ma, poiché finalmente affermate che la nostra immaginazione ha bisogno d’esser sedotta (e in seguito poi lo conferma il Breme senza nessuna dubitazione in parecchi altri luoghi), il vostro ragionamento va tutto a terra; perché, quando uno di noi si mette a leggere una poesia, sapendo di dover esser sedotto e desiderando di esserlo, tanto crede al piú falso quanto al meno falso, tanto crede al Milton quanto a Omero, tanto agli spettri del Bürger quanto all’inferno dell’Odissea e dell’Eneide: e quel dire che le finzioni non debbono essere al tutto arbitrarie è una miseria, quasi che la immaginativa dei moderni potesse essere ingannata di tanto solo e non piú, e l’intelletto nostro nel mezzo della lettura e dell’inganno della fantasia non comprendesse egualmente la falsità delle invenzioni del Klopstock e di quelle di Omero e di Virgilio. Il tutto sta se l’immaginazione nostra possa e debba esser sedotta dalla poesia o no; se sí, tutti i vostri ragionamenti seguenti sono attaccati collo sputo, e il poeta deve pensare a sedurre come crede meglio, e s’egli non sa sedurre, la colpa è sua, e non del genere che ha scelto. Un’altra svista del Breme, e probabilmente di tutti i suoi settari, è dove, parlando della mitologia greca, dice che la natura è vita, che la fantasia umana e la poesia si compiace in immaginare che tutto viva, cioè