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che desta i miei timori e li discolpa:

il vederti d’altrui. L’empio tiranno,
ciò che per me sperai, chiede il tuo affetto,
e vuole a si gran prezzo
dar fama alla mia morte e al suo diletto.
Berenice. Mio re, se cosi il fato
sol può farti infelice, ei s’arma in vano,
tu in van paventi. Quanto
crescono i mali tuoi, cresce il mio amore.
Son per te Berenice,
benché servo tu sia. benché depresso;
non amai la tua sorte, amai te stesso.
Vologeso. Ma chi può del tiranno
tòrti agl’insulti?
Berenice. Un fermo cor. Rinforza,
assicura i tuoi voti.
Sarò qual fui, qual piú mi brami, o caro,
e mai dall’amor tuo, dalla tua sorte
non potrá dilungarmi altri che morte.

SCENA VII

Lucio Vero con guardie, Niso e i suddetti.

Lucio Vero. Ma Cesare il potrá. Sia Vologeso

chiuso in cieca prigion. Niso, tu guida
nelle regie mie stanze
ben custodita Berenice.
Niso. Intesi.
Berenice. Se a morir ci condanni, almen permetti
che uniti...
Lucio Vero. Ho risoluto, e cosi voglio.
Vedrem, se ha piú possanza
un vincitor monarca o un vinto orgoglio, (parte)