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SCENA V

Berenice e Niso.

Berenice. Tu, cui dovunque aggrada,

l’etá, l’amor d’Augusto
danno facile ingresso,
Niso, m’aita.
Niso. In che giovar ti posso?
Berenice. Fu poc’anzi ne’ ceppi
tratto un mio fido. A lui
fa ch’io parlar possa un momento e sola.
Niso. Lieve uffizio m’imponi: a’cenni tuoi
ci vuol Cesare servi.
Berenice. Nuoce ogni indugio.
Niso. Ad ubbidirti or vado, (parte)

SCENA VI

Berenice.

Lunge, inutili pianti!

Tolto è il maggior de’ mali. A me si rende
ciò che piangea. La cara vita è salva.
Vive l’amato sposo e in onta ancora
del suo maggior periglio
sento l’alma tranquilla e asciutto il ciglio.
Sta piangendo la tortorella
sin che è vedova e sin che è sola;
ma se trova il suo diletto,
entro al nido e nel boschetto,
dolce canta e si consola.