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sta nella reggia sua chiuso e sepolto,

sia, Giudei, vostro peso il far ch’ei sappia
quanto gl’ intima il signor nostro e suo.
Eliacim. Siamo, o Rabsace, a tue parole intenti.
Rabsace. Direte ad Ezechia, (parla il potente
re di Assiria, di Egitto e di Samaria,
e che il saria dell’abitato mondo
se, come ei n’ha il poter, idea n’avesse,)
direte ad Ezechia: — Qual è cotesta
baldanzosa fiducia onde alzi il capo,
e contumace al tuo signor ti rendi?
L’hai forse dall’Egitto? Egli è qual pezzo
di rotta e fragil canna, a cui se stendi
in appoggio la mano,
non la trarrai che traforati e tinta
del sangue tuo. L’hai forse
da quel tuo Dio? Ma forse
non è quel Dio, cui Tare e i lochi eccelsi
abbattesti sacrilego, sforzando
Solima e Giuda a sacrifizi e a culto
dinanzi a quel mal incensato altare? —
Giudei, miglior prendete
consiglio e via !
Sobna. Rabsace,
piacciati espor tuoi sensi
in assiria favella a noi ben nota.
Vedi lá che da’ muri
gran popolo ne ascolta. Al basso vulgo
piace esplorar pur troppo i regi arcani.
Rabsace. De’ comandi sovrani
a te forse, o al tuo re vengo messaggio?
Vengo al popol giudeo. Si disinganni
cotesta rozza miserabil turba
e di quello in cui crede,
e di quello a cui serve. Ah, la meschina
sará per voi ridotta