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Ezechia. Presidio d’Israel, duci e soldati,

non parlo a voi; parlo al cor vostro. Io il cerco
non nel vostro sembiante, or si turbato,
ma nelle andate vostre opere si conte.
Richiamatelo a voi, né vi spaventi
saper che il re di Assiria a’ nostri danni
feroce tragga innumerabil gente.
Piú delle sue son numerose e forti
l’armi vostre, o giudei. Stan quelle in pugno
d’uomini, che di carne han braccio e polso,
ma con braccio immortale onnipotente
degli eserciti il Dio tratta le nostre;
e seco son, quali Eliseo li vide,
carri e cavai d’inestinguibil foco,
e gli sterminatori angeli, armati
di accese spade e d’infrangibil aste
appese intorno all’armeria celeste.
Dio pugnerá per noi. Suo popol siamo.
Qui la santa sua legge e qui si onora
l’ineffabil suo nome. Egli in quel tempio
stabilito ha il suo trono, ed è suo impegno
ch’eterno sia del buon Davidde il regno.
Perder quant’ho poss’io,
sudditi, regno e vita;
ma la mia speme in Dio,
no, mai non perderò.
Tra piaghe e tra ritorte,
di lei farò mio scudo.
Che piú? sin dopo morto
ancora spererò.
Rabsace. Poiché il vostro Ezechia timido e schivo
di porre in vista quel terror, che fitto
gli hanno altamente in core
del gran Sennacherib le forze e il nome,
A. Zeno, Drammi scelti. 17