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donne di Sion, que’sacchi a terra! In gala

rivestitevi ornai. Ricca la messe,
pingue fia la vendemmia. E tu ripiglia
core, o buon re. Ciò che sperar potesti
da’ frodolenti amici,
vasi d’iniquitá, giá lo vedesti.
Maledetto colui che in uom confida,
né mira in alto, onde qua giú si spande
spirto di vita e di vigore. Appena
gli occhi lá drizzerai, che il grande Iddio
dirá: — Pianse e langui sinora oppressa
la mia terra fedel; d’urli dolenti
il Libano assordi; fatto un diserto
è il fertile Sirón; Basa e il Carmelo
son depredati. Or sorgerá. Superbi
incendi concepiste,
né produrrete altro che paglie. Il vostro
furor vien giá qual fuoco a divorarvi;
giá di un tanto apparato
la gran mole rovina e si dissolve,
e di lei non riman che fumo e polve.
Empio re, perversa gente,
guai per te! Tu ingiustamente
ne depredi e ne deridi.
Dove, dove andranno alfine
a cader le tue rapine,
i tuoi scherni ove a finir?
Ah! saran quai bruchi in fossa,
le tue spoglie e le tue ossa;
e vedrai quanto possente
sia la man del nostro Dio
a soccorrer e a punir.
Abia. Sotto il buon re sempre è felice il regno.
Tolgasi dall’argento