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Pirro. Non intendo. Che parli?

Andromaca m’inganna? O vuol tradirmi?
Eleno. No, signor. Fino a morte
l’avrai fida e consorte.
Ma. .. il dirò pur, ché dirlo
deggio, onde tua virtú le sia in soccorso...
ma la sua morte vedovo e dolente
ti lascerá all’altar. Sará a sé stessa
vittima e sacerdote. Altro consiglio
non vuole, e le due estreme
voci per lei saranno Ettore e il figlio.
Pirro. Oh fulmine che abbatte ogni mia spene!
Oh a me ingrata, oh a te iniqua
Andromaca! e fia ver? Tòrle di mano
saprò quel ferro e del morir la via.
Eleno. Una non basta; tutte
non puoi; ché a chi vuol morte,
tutto impedir si può, fuor che la morte.
Pirro. Che farò?
Eleno. T’apre il cielo
con che oscurar le tue, con che d’Achille
le glorie andate. È tempo, o re, d’un grande
atto che illustri tua memoria e vita.
Mille rischi d’intorno
stanno al tuo amor. Cader d’ Ulisse il ferro
può su Astianatte, il tuo
sopra il figlio d’Ulisse. Oreste è armato
dal comando d’ Ermione.
Ermione dopo lui la Grecia tutta
metterá in armi. Vinto o vincitore,
il tuo Epiro arderá di civil guerra.
Tanto avverrá, s’anche il tuo amor fia lieto.
Ma Andromaca non vuole. A me vederla
par nel suo sangue involta, in braccio a Pirro
cader. Qual per te allor pena e rimorso !
Ne taccio il piú: ciò che far dèi pur taccio.