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due preghi a te ne porgo: il far che Pirro,

memore di sua fede, ami il mio figlio,
e che il mio figlio qual suo re l’onori.
Ei non pensa a vendette, a Priamo, a Troia.
Saggio sia piú che forte,
ed a’ suoi genitori
abbia egual la virtú, miglior la sorte.
Lascio un amico in te,
un difensor nel re lascio al mio figlio;
candida intatta fé reco al mio sposo.
Finisco di soffrir...
questo non è morir; per me è riposo.

SCENA IV

Eleno e Pirro.

Eleno. Oh generosa, oh misera regina !

Pirro. Eleno, a’ miei contenti
volea opporsi fortuna. Il fiero Oreste,
da Ermione spinto, esser dovea nel tempio
l’omicida di Pirro.
Me ignaro, e ben tei dissi,
ordir non si potean trame in mio danno.
Son disposti i ripari. A lui l’ardire
verrá meno o la forza. Avrei su entrambi
ragion; ma in quella il sesso
rispetto, in questo il padre. Assai d’Ermione
mi vendica il suo sprezzo; assai d’Oreste
il disonor dell’assassinio enorme.
Non si funesti il di delle mie nozze
con l’altrui sangue. Andiamo.
Eleno. Ah, non fur mai nozze piú infauste, o sire!
Pirro. Temi per Astianatte? Ulisse è padre
e sa chi è Pirro. Andiamo.
Eleno. Né mai sparse fur l’are
di sangue piú innocente.